L’informe da Sant’Agostino a oggi. Gavin Kenyon a Firenze

Museo Marino Marini, Firenze – fino al 10 giugno 2015. Classe 1980, Gavin Kenyon è un astro nascente della scultura americana. La sua è una riflessione tenace sul tema dell’informe, senza però troncare il dialogo con la tradizione. E la prova al museo toscano è senz’altro degna di nota.

L’INFORME DAL 400 AL 2015
La mia fantasia creava forme sozze, orribili, in confusione completa, ma forme, ad ogni modo, sicché chiamavo informe non quello che era privo di forma, ma quello che ne aveva una tale da ripugnare. Ciò che io immaginavo era informe non per la mancanza di qualsiasi forma, ma solo in confronto con le cose rivestite di una forma più bella”. Nel suo particolare dialogo con Dio, ancor prima di Bataille e Warburg, Sant’Agostino teorizzava il concetto di informe con una semplicità quasi disarmante.
Dal 400 al 2015, con il medesimo candore compositivo, Gavin Kenyon (Binghamton, 1980; vive a New York) ci mostra invece come poterlo esperire, attraverso tredici opere concepite appositamente per il Museo Marino Marini: falli, dita, morbide figure biomorfe stilizzate, salsicce, le sue forme-informi possono essere tutte queste cose, ma anche nessuna. Emergono dalla pressione del cemento umido in sacchi di stoffa, vinile, pelliccia sintetica cuciti assieme, così che la scultura finale, una volta indurita, ne trattenga i frammenti, figurandosi come l’impronta del guscio che le ha custodite, libera e imponderabile in quanto figlia di una materia molle. A dimostrazione che la forma non è nelle cose, ma rappresenta il risultato della veste artificiale che siamo soliti attribuire alla realtà, ritagliandola appunto in definizioni, limiti, atti a consentirci di poter poi effettivamente comunicare tra noi.

Gavin Kenyon - Lift your head, give me the best side of your face - veduta della mostra presso il Museo Marino Marini, Firenze 2015 - photo Dario Lasagni

Gavin Kenyon – Lift your head, give me the best side of your face – veduta della mostra presso il Museo Marino Marini, Firenze 2015 – photo Dario Lasagni

CONTRO LE “BELLE” ARTI
Il lavoro di Kenyon è rivolto dunque a un orizzonte estetico accademico, tutto incentrato su norme tese a preservare e tramandare non soltanto un sistema rigido di forme, ma una versione idealizzata della forma stessa, ossia la bella forma. Il punto consiste allora nel ripensare questo obsoleto modo di concepire l’arte, partendo dal presupposto che esiste un processo di ri-generazione delle cose, in ragione del quale una miriade di altre possibilità viene eliminata.
All’interno di questo progetto, l’informe assume dunque il valore di epistemologico strumento conoscitivo: non nega la forma, non la trascende, né è la materia intesa solo come sua antitesi, ma serve innanzitutto a declassare, ossia a spingere il bello-ottuso verso il basso, rivelando tutte quelle altre opzioni grottesche che la sua creazione ha messo a morte, e che sopravvivono in veste di perturbanti e seduttive minacce.

UNA NUOVA TRADIZIONE
La prospettiva che Kenyon propone non è quindi aliena alla tradizione, ma la attraversa come il suo scarto. Giacché se la scultura del passato ci è pervenuta grazie alla capacità di sopravvivere nei secoli, la percezione di essa oggi non può che ripiegarsi tra un’originaria dimensione di durevolezza e una più fuggevole di effimera e immaginifica metamorfosi. Affinché il tempo possa farsi autore che plasma, e materia stessa da modellare.

Sarah Venturini

Firenze // fino al 10 giugno 2015
Gavin Kenyon – Lift your head, give the best side of your face
a cura di Alberto Salvadori
MUSEO MARINO MARINI
Piazza San Pancrazio
055 219432
[email protected]
www.museomarinomarini.it

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/43971/gavin-kenyon-lift-your-head-give-me-the-best-side-of-your-face/

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati