Lo Strillone: lo Stato non c’è, gli italiani si trasformino in archeologi su La Repubblica. E poi Etruschi all’Expo, arte sovietica, David LaChapelle
“La salita del Pincio è uno dei biglietti da visita della città. Ma protestare non basta più”. A Roma esplode di nuovo la protesta per il degrado in cui versa la scalinata che congiunge il belvedere a piazza del Popolo: e l’edizione romana de La Repubblica intervista in proposito l’archeologo e presidente del Fondo ambiente […]
“La salita del Pincio è uno dei biglietti da visita della città. Ma protestare non basta più”. A Roma esplode di nuovo la protesta per il degrado in cui versa la scalinata che congiunge il belvedere a piazza del Popolo: e l’edizione romana de La Repubblica intervista in proposito l’archeologo e presidente del Fondo ambiente italiano Andrea Carandini. “L’italiano di solito ha l’idea di uno Stato che deve e può rispondere a qualsiasi richiesta. Paghiamo le tasse e ci aspettiamo che le istituzioni risolvano tutto e subito. La denuncia e la protesta vanno bene, ma al tempo stesso ci si può organizzare, Roma è piena di luoghi affascinanti, ma sono talmente diffusi che senza l’azione dei cittadini e viste le difficoltà attuali delle amministrazioni si rischia di mandare tutto all’aria”.
Etruscans@Expo. Si chiama così la “Camera delle meraviglie” allestita dallo studio di architettura Kuma & associati all’Università degli Studi di Milano, che fino al 31 ottobre riprodurrà una tomba etrusca multimediale. Ne parla il Corriere della Sera: “dotata di touchscreen, olografie tridimensionali e altri sistemi tecnologici. Strumenti didattici consentiranno inoltre di capire la vita degli Etruschi”. Capitolo recensioni: La Stampa va a Palazzo Te di Mantova, dove fino al 4 ottobre la mostra Guardando all’Urss racconta l’influenza dell’arte sovietica nel dopoguerra. “Le 100 opere in esposizione raccontato di agricoltori, minatori e proletari, spesso sotto lo sguardo benevolo e protettivo di Lenin”. Il Fatto Quotidiano è invece a Roma, a Palazzo delle Esposizioni, per raccontare la mostra di David LaChapelle: “americano precocissimo, oggi poco più che cinquantenne, si conferma un colosso di stile e di coerenza, nel ribadire la sua necessità di elaborare a oltranza una composizione alterata, coloratissima, fiammeggiante, sessuale e transessuata, bisunta e gridata, talvolta crudele; all’interno della cornice bloccata e muta dell’immagine fotografica”.
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