Spring Attitude: la primavera elettronica di Roma
La capitale si colora delle luci e dei suoni di Spring Attitude. Il festival, alla sua sesta edizione, diviene un’imperdibile esperienza tra avanguardia musicale e performance audiovisiva. Quattro giorni di musica, trentacinque tra i migliori dj e performer del panorama elettronico mondiale e più di 12mila partecipanti. Anche noi abbiamo partecipato e questo è ciò che abbiamo visto (e sentito).
MUSICA AL MAXXI
L’aria di primavera a Roma profuma di beat. Lo Spring Attitude Festival comincia giovedì 14 maggio nel Maxxi lobby stage alle 20.15. E se il buongiorno si vede dal mattino, la performance Dust di Robert Henke è tra i migliori inizi che si possano augurare. Dei quattro giorni di festival, il giovedì è sicuramente quello che meglio miscela musica, performance e location. Il Maxxi, tempio dell’arte contemporanea, si presta benissimo e Henke – le cui installazioni sono state esposte alla Tate di Londra e al Centre Pompidou di Parigi – ne è il sacerdote per più di un’ora.
Potremmo già tornare a casa soddisfatti, ma alle 21 è il turno di Edwin van der Heide (che abbiamo già intervistato per Artribune) con la sua performance Lsd. Il piazzale del Maxxi si colora di luci sature, l’aria si riempie di suoni, e l’atmosfera si carica di adrenalina che scoppia nei corpi passati ai raggi laser. Ciò che abbiamo visto finora va oltre il concerto. La prima giornata si chiude con un potentissimo dj set di John Talabot, il cui scopo, probabilmente, era quello di demolire una parte del Maxxi. Niente paura: è ancora tutto intero. Meno noto, ma sicuramente meritevole di nota è Yakamoto Kotzuga, giovane promessa italiana (sì, in realtà si chiama Giacomo Mazzucato). Anche il suo live ha lasciato un segno. Lasciamo soddisfatti la location che, tra gli altri, ha visto la performance del Quiet Ensamble in un Maxxi Auditorium letteralmente inaccessibile per il numero di persone presenti, questa forse è l’unica nota stonata: la location non è pensata per tutta quella gente contemporaneamente.
MUSICA AL MACRO TESTACCIO
L’indomani, venerdì 15, il set è quello del Macro di Testaccio, altra sede museale che ha aperto le porte agli organizzatori dello Spring Attitude Festival. Le due line-up si commentano da sole, e dovendo scegliere tra Desperados stage e Plenda stage, decidiamo di piantarci davanti al primo palco. Qui, uno dopo l’altro, si sono esibiti: Ambassadeurs, Shigeto, Romare e Sbtrkt.
Il live di Shigeto è sicuramente tra i più belli dell’intero festival, mentre Romare e Sbtrkt hanno proposto due dj set che, per chi c’era, difficilmente riuscirà a dimenticare.
Tutto ciò accadeva mentre, dall’altra parte, nel Plenda stage, si esibivano due come Populous e Redinho. Ecco, essere ubiqui ci sarebbe davvero piaciuto. Spostarsi da un live all’altro non era semplicissimo, poiché entrambe le location erano piene come uova.
Aaron Jerome, aka Sbtrkt, ha messo insieme un dj set imprevedibile, spaziando per generi musicali (dubstep, soul, afro, house), pescando musica da vent’anni a questa parte. Qualsiasi cosa combini sotto quella maschera, Jerome è stile all’ennesima potenza. Stare fermi, impossibile. Andare via, pure. Il secondo giorno di festival sfianca, trascina, preme, ammucchia. Il target è giovane, con tanta voglia di divertirsi ma soprattutto di ascoltare buona musica: è questa la differenza cruciale tra un festival come lo Spring e un paio di serate in discoteca.
Sicuramente al Macro quello che ha portato la primavera è stato Shigeto: il suo live, profondo ed emotivo, ha spaziato dal jazz all’hip hop, con una bravura tecnica che a quell’età si chiama talento.
MUSICA ALL’EUR
Abbiamo ancora due giorni di festival e il tasso di gradimento – anche ascoltando i commenti all’uscita, “la miglior edizione dello Spring”, “dovrebbe durare una settimana” – è già ottimamente oltre le stime. Sabato a Roma è nuvoloso, pioviggina. La giornata è lunghissima e il primo dj set è alle 14, Fabrice suona per chi ha dormito lì dalla sera prima. Il Desperados stage, sempre al Macro, si tinge del tricolore italiano: La Batteria, Godblesscomputers e Ninos du Brasil (il duo composto da Nico Vascellari e Nicolò Fortuni) sono i padroni del palco. E questo è solo il riscaldamento.
Il pezzo forte è il main stage dello Spazio Novecento all’Eur. Qui iniziano i Portico alle 23. Siamo categorici: è il loro, il live più bello di tutto il festival. Volendo riassumere la performance in una parola, potremmo dire: classe. Mettete su un loro pezzo, ci vediamo al prossimo concerto. Dopo un’ora è il turno di Kelela, probabilmente la rivelazione del festival: voce suadente, fascino e soul iniettati per endovena. C’è tutto nella sua musica: le radici etiopi, la multisonorità di Londra e quel tocco electro che basta per far fluttuare lentamente le mani in aria.
Il main stage inizia a gremirsi velocemente. Sono passate le due di notte, il palco è momentaneamente vuoto, e l’attesa esplode in delirio puro quando alle tre postazioni arrivano i Siriusmodeselektor (Sirius + Modeselekor). Il loro live non lascia scampo: un’esplosione di suoni, una galassia in espansione. La creatività musicale di Sirius e l’eccentrica genialità dei secondi regalano un live infiammante. La primavera è esplosa. E non è finita qui. Alle quattro del mattino, per i più tenaci, Apparat si è esibito in un delizioso dj set, conclusosi – abbiamo saputo l’indomani dagli organizzatori – alle sei del mattino circa. È pur sempre una festa.
GRANDE CHIUSURA DOMENICALE
Domenica è arrivata, è l’ora del dessert. L’ultimo giorno di festival è ancora il Macro protagonista, questa volta con il Red Bull Music Academy. Il closing party è stato affidato alle mani di Clark, fuoriclasse britannico. La sua techno intelligente, dai suoni precisi e dai break assassini, chiude lo Spring Attitude Festival. La ciliegina sulla torta. Termina così questo inizio spumeggiante di primavera: Roma ha ballato e si è divertita da matti.
Paolo Marella
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