Yelena Baturina, il design e le donne. Intervista con la donna più ricca di Russia
Dopo aver scalato i vertici nel suo Paese con l’edilizia e la finanza, Yelena Baturina ha deciso di cambiar passo e sostenere i creativi di tutto il mondo. I suoi strumenti? Una fondazione, Be Open, e un ruolo da ambasciatrice per il programma Women for Expo. Perché, ci ha detto la donna più ricca di Russia, abbiamo bisogno di ripensarci attraverso la bellezza.
Yelena Baturina, il mondo degli affari e quello della creatività e del design sembrano piuttosto distanti tra loro. Come ci racconta la sua parabola?
La mia carriera è molto lunga: se iniziassi a raccontarla, temo non resterebbe spazio per affrontare altri argomenti. In ogni caso, è vero che mi sono sempre occupata di business, ma muovendomi nell’ambito dell’edilizia, che è molto vicino a quello dell’architettura. Il passaggio dal business a una fondazione che aiutasse i giovani designer, quindi, è stato molto organico.
Sotto quali auspici è nata la fondazione Be Open e quali sono le attività che sta portando avanti?
La nostra idea era di realizzare una piattaforma che aiutasse i creativi a comunicare tra loro, e dove i giovani talenti potessero nutrirsi e ricevere aiuto per realizzare i loro progetti. In generale, cerchiamo di creare un’atmosfera, un terreno che sia propizio alla nascita e allo sviluppo di idee nuove. Le attività della fondazione sono molteplici, si va dalle mostre alle conferenze, a concorsi come lo Young Talent Award, lanciato nel 2012.
I vincitori del premio ricevono un sostegno economico che permette loro di dedicarsi all’attività creativa senza preoccupazioni per almeno un anno. Come selezionate i giovani talenti da finanziare?
Il premio fa parte del nostro programma Inside the Academy, che intende facilitare il passaggio dagli studi all’avvio di una carriera. Questo momento di passaggio è molto importante. Anche i nostri trofei sono stati progettati intorno al tema dell’uovo, simbolo del talento in procinto di schiudersi.
I criteri fondamentali sono il potenziale di crescita e la passione che riusciamo a scorgere nell’atto creativo, indipendentemente dalla carriera e dall’esperienza pregressa. Di questo, però, si occupa una giuria formata da professionisti esperti; io cerco per quanto possibile di non intromettermi, di lasciare carta bianca.
La mostra The Garden of Wonders. A Journey through Scents all’Orto Botanico di Milano era incentrata sull’artigianato e sulla storia dei grandi marchi di profumo. Che relazione hanno questi temi con il design e con i designer famosi ai quali avete fatto appello?
Ci interessava mostrare la metamorfosi nel tempo di un’attività artigianale come la profumeria, per questo abbiamo riunito progettisti da tutto il mondo e periodi diversi dell’esistenza dei marchi produttori di profumo. Ci è sembrato interessante tentare una sintesi fra tecniche artigianali antichissime e la visione di designer moderni, per vedere come questi ultimi potessero, con la loro interpretazione, insufflare nuova vita a brand scomparsi. Trattandosi di un compito ambizioso, ci siamo rivolti a designer “seri”.
In questi giorni si trova a Milano per Expo, in qualità di ambasciatrice per il programma Women for Expo. Quali sono, secondo lei, le opportunità che un evento del genere mette a disposizione?
Come qualsiasi evento globale, mi aspetto che Expo sollevi i problemi che preoccupano tutto il mondo. Che si discuta delle soluzioni per risolvere la crisi in cui ci troviamo, che siano proposte soluzioni per far diventare il cibo più sano, che si parli di come nutrire la gente e dare a tutti la possibilità di guadagnarsi da vivere per esistere, per trovare un proprio posto nel mondo e nella società, anche grazie alle attività artigianali.
In Italia, e non solo, c’è chi sostiene che i maxi-eventi rappresentino un dispendio troppo oneroso di risorse, che dovrebbero essere concentrate su progetti più piccoli e mirati. Da imprenditrice di successo, che cosa pensa di queste critiche?
Sono talmente lontana dall’organizzazione che per me è difficile giudicare Expo in termini di efficacia e di rapporto costi/benefici. Credo, però, che l’utilità di una piattaforma per parlare dei problemi del mondo a livello globale sia fuori discussione, e che l’argomento scelto, “nutrire il pianeta”, sia molto attuale.
Sempre a proposito del suo ruolo di ambasciatrice, quanto è importante lavorare sulla gender equality?
Sto promuovendo il dialogo su come aiutare le donne a trovare un equilibrio tra la famiglia e l’attività sociale: a livello internazionale ci sono dei problemi di armonizzazione, perché i diversi Paesi hanno punti di vista anche molto distanti tra loro su questo argomento. Noi elaboriamo proposte concrete in sinergia con le istituzioni governative, alle quali comunque spetta il ruolo principale. Penso che più si parla di questi argomenti, più aumentano le chance di raggiungere i nostri scopi.
Nel suo Paese, quali cambiamenti auspica?
Io non mi stanco di ripetere ai funzionari governativi che devono rispettare le donne. Può sembrare poca cosa, ma è già un punto di partenza.
Si dice che la bellezza salverà il mondo. Che ruolo ha il design in tutto questo? Crede che il design possa salvare il mondo?
Credo che il design abbia un ruolo fondamentale. Se la bellezza salverà il mondo, il design ci aiuterà a scegliere in quale direzione andare, e se la bellezza è lo scopo, il design è senz’altro il modo giusto per raggiungere questo obiettivo.
Giulia Marani
http://beopenfuture.com/thegardenofwonders/
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