Hermann Nitsch a Palermo, ancora polemica. Scontro fra titani: Achille Bonito Oliva VS Vittorio Sgarbi. Ma quanto costerà la mostra al Comune?
ABO DIFENDE IL PADRE DELL’AZIONISMO VIENNESE. “UN ARTISTA SUBLIME” Hermann Nitsch? Uno dei più grandi artisti viventi. Parola di Achillle Bonito Oliva, che intervistato da Repubblica in merito alle accese polemiche palermitane, ha accostato il maestro austriaco nientemeno che a Caravaggio: “Anche lui dipingeva le creature che incontrava la notte, anche la sua era un’arte […]
ABO DIFENDE IL PADRE DELL’AZIONISMO VIENNESE. “UN ARTISTA SUBLIME”
Hermann Nitsch? Uno dei più grandi artisti viventi. Parola di Achillle Bonito Oliva, che intervistato da Repubblica in merito alle accese polemiche palermitane, ha accostato il maestro austriaco nientemeno che a Caravaggio: “Anche lui dipingeva le creature che incontrava la notte, anche la sua era un’arte sublime che si ispirava alla realtà“. È con questa passione che ABO prende le difese di Nitsch, alla vigilia della sua retrospettiva, organizzata dal Comune di Palermo e presa di mira da animalisti, vegani o semplici intolleranti ai linguaggi troppo crudi. La petizione on line, che chiede la sospensione della mostra, è giunta a 30mila firme. Ma il Comune di bloccare il progetto – come già accaduto a Città del Messico – non ne vuole sapere. Chi non lo ama non vada. Lasciando agli altri la possibilità di conoscere, di capire.
A supporto della fazione pro-Nitsch – composta dai nemici della censura e da chiunque abbia un po’ di confidenza con le arti contemporanee – arriva dunque uno dei massimi critici italiani. E il giudizio è netto: “Non c’è nulla di scandaloso nel lavoro di Nitsch. Chi dice questo non lo conosce. La sua arte è un massaggio del muscolo atrofizzato della sensibilità del pubblico. Una sensibilità ormai addomesticata dalla televisione. Mi stupisce che un pubblico attento e sensibile come quello siciliano non lo comprenda”.
SGARBI CONTRO NITSCH: NON CHIAMATELO ARTISTA
A dare man forte alla tesi dei censori, sempre su Repubblica, è invece Vittorio Sgarbi. Che non perde occasione per lanciare i suoi strali contro l’art system: “Si tratta di un’operazione che fa gioco soltanto all’artista per fare salire le sue quotazioni e a quei pochi che lo sostengono e non si sa perché”. E ancora, sempre più tranchant: “Magari ci fosse qualcosa di scandaloso nei lavori di Nitsch, almeno ci sarebbe uno spunto di dibattito, qui a mio avviso si tratta di un’avanguardia anemica e asfittica. Non è neppure una provocazione fine a se stessa. Ma la cosa più grave è che c’è il rischio di fare passare il messaggio che questa qui è l’arte contemporanea. Non è così“.
Strano sarebbe stato sentirgli dire qualcosa di diverso. Brillante conoscitore dell’arte dei secoli scorsi, Sgarbi resta notoriamente distante dalle estetiche più eretiche o più nuove.
Su un fatto però, potrebbe aver ragione: “Cose viste e riviste da quarant’anni. Vecchie. Sempre le stesse. Un lavoro superato”. Se un limite c’è, oggi, è in questa coazione a ripetere, imbevuta di suggestioni ormai datate, che hanno segnato un periodo, sovvertito certi codici e aperto strade irrituali, ma che oggi si collocano più tra i libri di storia che fra le urgenze attuali. Una riflessione che nulla c’entra, in ogni caso, con la censura invocata da tanti, con il valore dell’artista stesso e con la mostra palermitana: semplicemente una retrospettiva, dedicata a una figura storicizzata.
LA MOSTRA A PALERMO E I CENSORI UNA TANTUM
Costo dell’operazione? Zero, almeno per il Comune. Che è stato supportato interamente da Elenk’Art, realtà privata legata ad aziende e collezionisti siciliani. Tutto bene? Per i censori senz’altro, quelli convinti che un’amministrazione non debba investire su artisti contemporanei di caratura internazionale, qualora risultino sgraditi a questo o a quello.
Ma dov’erano, costoro, quando le istituzioni finanziavano eventi scadenti, dilettanteschi, di basso profilo? Quando ospitavano pittori della domenica in sedi istituzionali, finanziavano artigianato sacro, esponevano sculture pubbliche dozzinali? Chi armava ed arma battaglie, quando la mediocrità si spaccia per cultura? Nessuno, mai. Perché il “mediocre” è inclusivo, inoffensivo, è di tutti e per tutti. Perché funzionano il pittoresco, il decorativo, l’invisibile, l’innocuo, il banale. Qualunque cosa purché non ponga questioni, non generi stupore, non spinga a mutare prospettiva, anche solo per il tempo di una inaugurazione. Roba che scivoli in sordina, con qualche plauso di contorno. E se il Comune paga, in tal caso, fa il suo dovere: accontentare la piccola platea locale, senza disturbare. Dimenticandosi che l’arte – anche la più tradizionale – è sempre rischio, mai rassicurazione.
– Helga Marsala
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