Là dove diventa sincronizzato,
il movimento si rapprende.
Rem Koolhaas, Junkspace (2001)
Scorie, residui, scarti.
“Se si smette di guardare il paesaggio come l’oggetto di un’attività umana subito si scopre (sarà una dimenticanza del cartografo, una negligenza del politico?) una quantità di spazi indecisi, privi di funzione sui quali è difficile posare un nome. Quest’insieme non appartiene né al territorio dell’ombra né a quello della luce. Si situa ai margini. Dove i boschi si sfrangiano, lungo le strade e i fiumi, nei recessi dimenticati delle coltivazioni, là dove le macchine non passano. Copre superfici di dimensioni modeste, disperse, come gli angoli perduti di un campo; vaste e unitarie, come le torbiere, le lande e certe aree abbandonate in seguito a una dismissione recente. Tra questi frammenti di paesaggio, nessuna somiglianza di forma. Un solo punto in comune: tutti costituiscono un territorio di rifugio per la diversità. Ovunque, altrove, questa è scacciata” (Gilles Clément, Manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet 2005, p. 10).
Collage vivente: crescita organica, costante.
Mutazioni indifferenziate specifiche disseminate sparpagliate frammentate aggiustate sbagliate ritorte frantumate. Un codice eroso, fasullo, rinnegato. Alimentato da cancellazioni continue, rimozioni arbitrarie. Un monumento di carne – esposto e poi sottratto allo sguardo collettivo. Esclusione dello sguardo collettivo. Erosione dello spazio collettivo. Sguardo pubblico – spazio pubblico.
Ogni, qualunque progetto interessante viene costruito al di fuori della logica e della retorica istituzionale. L’istituzione oggi – forse sempre – corrode. Scavare l’autenticità sotto strati e strati di simulazioni differite: “Bene, potresti studiare gli apriscatole degli altri e tentare di migliorare il progetto. Oppure potresti creare una virtualità gigante ad alta potenza con dentro un mucchio di scatolame virtuale. Poi fai delle simulazioni di apriscatole, che fondamentalmente sono dei grumi di sostanze. Sono simulazioni, ma sono anche programmi, e questi programmi scambiano dati e si evolvono. Ogni volta che bucano una scatoletta tu li compensi facendone più copie. È come se creassi un milione di generazioni di un milione di diversi apriscatole possibili, per tutto il giorno ogni giorno, in uno spazio simulato. (…) Alla fine, sviluppi questo superbizzarro super apriscatole che nessun essere umano avrebbe mai potuto inventare. Qualcosa che nessun essere umano poteva neanche immaginare. Perché è cresciuto come un fungo in una fisica tutta alternativa. Ma tu hai tutte le specifiche della sua forma e le proporzioni, proprio lì nel supercomputer. Perciò, per farne uno nel mondo reale, non fai altro che stamparlo come una fotografia. E funziona! Va! Vedi? Beni di consumo istantanei e molto economici” (Bruce Sterling, Taklamakan [1998], in Un futuro all’antica, Mondadori 2007, pp. 157-158).
Frattaglie. Giunture.
Un conflitto senza schemi, senza fronti, senza ordine. Percorso da continue fratture. Un conflitto senza vere frontiere né scontri – ma che, come una pestilenza, può scoppiare in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento. Un conflitto nemmeno dichiarato: del resto, non c’è alcun bisogno di nominare una guerra per iniziare a combatterla.
Pelli e pellicole finzionali, riproduttive. Come la fotografia mentale di un comportamento sociale. Linee di finzione sovrapposte. La critica culturale può dispiegarsi solo e soltanto dopo un lungo periodo di astinenza, di fame culturale. Forse. La crudeltà è il sintomo definitivo dell’assuefazione al –
Un cervello stocastico: caos e ordine, schemi predeterminati e largo spazio all’improvvisazione: un sistema autorganizzato, non parassitario né autistico. EX_MACHINA. In grado di incorporare le soluzioni liminali, marginali, oscurate ed eclissate dal pensiero comune: “Un territorio dichiarato ‘riserva’ da un punto di vista amministrativo è oggetto di protezione, sorveglianza, sanzioni. Un bordo di strada, un residuo urbano non sono oggetto di alcuna protezione. Luoghi che si cerca di ridurre o di sopprimere. Eppure, tutti costituiscono riserve biologiche” (Gilles Clément, op. cit., p. 25); “I limiti – interfacce, canopee, limitari, margini, bordure – costituiscono, in sé, spessori biologici. La loro ricchezza è spesso superiore a quella degli ambienti che separano” (ivi, p. 46).
Collage vivente: crescita organica. Costante.
Christian Caliandro
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