Afghanistan, la crociata della street art contro la corruzione. Gli occhi del popolo spalancati sulla verità: murales di denuncia e di speranza

“La corruzione non può essere nascosta a Dio o al popolo”. È questo lo slogan seminato fra i muri di Kabul da una crew di street artist afgani. La loro sfida: combattere la corruzione violenta che attanaglia il Paese, agendo sul piano della comunicazione, dell’immaginazione, della sensibilità collettiva. Essendo virali, spettacolari, incisivi e popolari. La […]

“La corruzione non può essere nascosta a Dio o al popolo”. È questo lo slogan seminato fra i muri di Kabul da una crew di street artist afgani. La loro sfida: combattere la corruzione violenta che attanaglia il Paese, agendo sul piano della comunicazione, dell’immaginazione, della sensibilità collettiva. Essendo virali, spettacolari, incisivi e popolari. La street art, come arma per pungolare le coscienze: nulla di concretamente e direttamene utile, tra le macerie di una repubblica giovane, che vive nel ricordo della guerra, della morsa talebana e dell’invasione statunitense; e che oggi fa i conti con una forte instabilità politica, con l’offensiva delle frange estremiste, con la povertà dilagante e con una corruttela radicata in ogni angolo della vita pubblica.
Eppure, come sempre accade, l’arte “militante” restituisce la misura di un umore diffuso, di una temperatura. E si fa spia di agitazioni sotterranee e di cambiamenti potenziali, provando a spingere verso un direzione nuova.

Street art a Kabul - ph. ©Omik Kerching, ourmaninkabul.net

Street art a Kabul – ph. ©Omik Kerching, ourmaninkabul.net

Quella frase, scagliata come una piccola granata contro il malcostume di una società disgregata, ha il sapore della contestazione e del coraggio. Con la benedizione, addirittura, del  Presidente afgano Ashraf Ghani, ben consapevole dell’emergenza diffusa. L’Afghanistan, secondo la classifica annuale di Transparency International, che analizza 175 paesi del mondo in base al grado di percezione della corruzione nazionale, si trova al 172° posto. Un disastro conclamato.
Ad accompagnare quello slogan – scritto sui tanti muri grigi anti-esplosione eretti in giro per la città e adesso anche su una parete del palazzo presidenziale – sono immagini di occhi. Quelli di “tutti gli afgani che ne hanno avuto abbastanza della corruzione“, ha spiegato Maryam, 35 anni, uno degli artisti coinvolti nel progetto. Occhi dipinti, prepotentemente umani, spalancati nel buio delle coscienze di politici, funzionari, notabili, amministratori, signori della guerra. Un sottobosco oscuro, che non sfugge allo sguardo del popolo e al giudizio di Dio. E alla passione perturbante dell’arte.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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