Pechino? Una città che non appartiene ai suoi abitanti. Grande, grandissima, ma non progettata a misura della gente comune. Pechino non è, e non sarà mai, la tua città. E qui nessun villaggio, nessun distretto, nessun quartiere, saranno mai veramente tuoi. Sono parole di Ai Weiwei, il più celebre artista cinese vivente, pechinese di nascita, esule insieme alla famiglia per i primi 18 anni della sua vita, e oggi stabile nella Capitale, ma sotto stretta sorveglianza delle autorità per via delle sue battaglie a favore della liberà d’espressione.
In questo documentario prodotto dal Guardian e dalla Tate per il ciclo ‘The Artist and Their City’, Ai Weiwei si sofferma sull’anima complessa della metropoli cinese, incastrata tra un surplus di vita autentica, multietnica, popolare, e una disumanità intrinseca che disperde, appiattisce e troppo spesso opprime. Città di muraglie e di solitudini.
Ai Weiwei, nelle splendide immagini del film, si aggira fra i vicoli di Caochangdi, quartiere periferico abitato prevalentemente da artisti ed immigrati, un luogo in cui sorgono facilmente atelier e gallerie, proprio a causa dello scarso controllo edilizio: un frammento di città mai pianificato a dovere, sviluppatosi spontaneamente, secondo logiche autonome e caotiche, da cui derivano problematiche sociali non indifferenti. Ma anche un luogo in cui, nonostante le telecamere piazzate di fronte al suo immenso studio, Ai Weiwei si ritaglia scampoli di umanità e di verità, combattendo la sua grande missione: quella per l’arte e per la libertà d’opinione.
Helga Marsala
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