Mario Merz sul filo del tempo. A Venezia
Gallerie dell’Accademia, Venezia – fino al 22 novembre 2015. Gli spazi delle Gallerie dell’Accademia, riemersi dal decennale restauro, ospitano la prima mostra d’arte contemporanea. La responsabilità di inaugurare un dialogo tra storia antica e recente spetta a un maestro dello spazio, vissuto oltre il limite dei generi.
MARIO MERZ INAUGURA LE GALLERIE DELL’ACCADEMIA
È il filo di una storia passata e futura quello che si dipana attraverso i rinnovati ambienti delle Gallerie dell’Accademia veneziane. Liberati dalla polvere del tempo e adattati alle esigenze della contemporaneità, gli spazi dell’istituzione lagunare accettano la sfida dell’oggi e accolgono la prima retrospettiva di Mario Merz (Milano, 1925-2003) in un’istituzione pubblica italiana dopo la scomparsa dell’artista e dalla grande rassegna dedicatagli nel 2005 da Castello di Rivoli, GAM e Fondazione Merz.
Organizzata lungo un percorso cronologico curato da Bartolomeo Pietromarchi, la mostra riempie letteralmente le sale dell’Accademia, facendo scivolare in secondo piano il disagio causato da pareti troppo immacolate. Fin dal primo impatto, le installazioni di Merz dialogano inaspettatamente con l’ambiente, aggirando gli sdrucciolevoli rischi della collocazione di opere a fortissima impronta spaziale in luoghi apparentemente neutri.
UNA SOLIDA RETROSPETTIVA
I lavori di Merz, poderosi e solidi come l’igloo in ardesia di Senza titolo (Luoghi senza strada) del 1994, sembrano adattarsi al contesto ospite, che pare reagire allo stesso modo. La Spirale di cera (1970-1981), in prestito dal Kunstmuseum Liechtenstein di Vaduz, per il quale fu realizzata, abbandona ogni ancoraggio al suo luogo d’origine e guadagna una nuova dimensione sul pavimento scuro della sala, resa attuale dalla sua stessa organicità. Riannodando i fili della storia artistica di Merz, le stanze si affollano di neon – come quelli che trafiggono gli oggetti di Impermeabile (1966) in una riconquista dell’uso comune – ma anche di opere su carta, preziose testimoni della base disegnativa su cui si reggeva la progettualità dell’artista. Passo dopo passo, la poetica di Merz raggiunge l’uscita – fisica – dallo spazio chiuso e si appropria del grande cortile delle Gallerie, con gli otto igloo di 74 gradini riappaiono in una crescita di geometria concentrica (1992). Ma sempre in una consonanza spazio-temporale che non smette di stupire.
UN DIALOGO FRA OPERA, SPAZIO E CITTÀ
Nella Città Irreale – questo il titolo della retrospettiva veneziana e di una della prime opere al neon del suo protagonista – tempo, spazio e ambiente parlano la stessa lingua, sfiorandosi e lasciandosi plasmare l’uno dall’altro, pur mantenendo la propria autonomia, e portando così nel presente temi e approcci cari a Merz. Il suo interesse per la dimensione spaziale – architettonica, abitativa, urbana, individuale e condivisa – e per il felice connubio tra natura e tecnologia, tra vitalità e artificio, innerva l’intera esposizione, trovando nel “qui e ora” un ulteriore veicolo di espressione.
Il panorama complessivo è certamente quello di una città irreale che, doppiando la surrealtà del paesaggio urbano lagunare, ne condivide la coerenza, tra organicità in perenne evoluzione e innegabili stratificazioni storiche.
Arianna Testino
Venezia // fino al 22 novembre 2015
Mario Merz – Città irreale
a cura di Bartolomeo Pietromarchi
GALLERIE DELL’ACCADEMIA
Campo della Carità 1050
041 5200345
www.gallerieaccademia.org
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/44314/mario-merz-citta-irreale/
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