Dopo i vandalismi subiti da Anish Kapoor a Versailles, la Francia dice sì a una legge che proclama la libertà dell’arte e della sua diffusione. Contro censure e bigottismi
Non poteva che essere il paese della liberté, égalité, fraternité, a portare in Assemblea Nazionale e far approvare una legge che proclama a chiare lettere la libertà della creazione artistica e della sua diffusione. Come riportato dal quotidiano Le Monde, lo scorso lunedì, il governo della maggioranza francese ha messo ai voti la nuova legislazione. […]
Non poteva che essere il paese della liberté, égalité, fraternité, a portare in Assemblea Nazionale e far approvare una legge che proclama a chiare lettere la libertà della creazione artistica e della sua diffusione. Come riportato dal quotidiano Le Monde, lo scorso lunedì, il governo della maggioranza francese ha messo ai voti la nuova legislazione. Che è passata, nonostante l’opposizione di certi conservatori di destra e il loro tentativo di escludere dalla normativa le opere sessualmente esplicite. Un’evoluzione della libertà di espressione, un esempio normativo ammirevole, almeno sulla carta, magari replicabile.
Sulla base della nuova legge, il governo francese è il garante supremo dell’autonomia e dell’indipendenza degli artisti da moralismi e censure, e della diffusione delle opere d’arte. A costo di imporsi su amministratori locali bigotti e ignoranti. Impossibile non pensare a quanto sta accadendo negli ultimi tempi nei giardini della reggia di Versailles, dove la monumentale scultura Dirty Corner di Anish Kapoor – un tubolare d’acciaio lungo 60 metri, che l’artista ha ribattezzato “la vagina della regina” – ha subito ripetuti atti di vandalismo dallo scorso giugno e le critiche dello stesso sindaco della cittadina francese, François de Mézières.
Dopo l’approvazione della legge, il Ministro della Cultura Fleur Pellerin ha affermato: “Dobbiamo assicurarci che l’arte possa continuare a disturbare”. Ma non bisogna dimenticare che “la libertà artistica non significa libertà senza responsabilità”.
– Marta Pettinau
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