La rinascita dell’Accademia di Roma. Intervista con Tiziana D’Acchille
Siamo andati a intervistare Tiziana D’Acchille, che dal 2013 è direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Eh sì, perché finalmente sta diventando una scuola che si fa notare, in città e nel Paese. Ma i problemi da risolvere sono ancora parecchi…
Tiziana D’Acchille ce la ricordiamo tutti come direttrice della Galleria Comunale di Ciampino, una bella esperienza dei primi Anni Zero. Ci aggiorni sulla parte restante della tua carriera?
Fortunatamente è rimasta nel pubblico una traccia positiva di quell’avventura, purtroppo interrotta dalle prime, molto miopi, avvisaglie di quei tagli alle spese per la cultura che poi sarebbero diventati la regola. Credo che il Comune di Ciampino non abbia preso una decisione definitiva sul futuro della galleria comunale, ancora oggi chiusa.
Che è successo dopo quello stop?
Ho preferito ritornare allo studio della storia dell’arte e dedicare gran parte del mio tempo ad alcune ricerche rimaste in sospeso, come quella sulla simbologia dell’ornamento, che ha avuto un esito particolarmente felice con la mostra Il Vello d’oro ai Mercati di Traiano. Ho pensato inoltre di poter dare un contributo utile alla storica istituzione dove lavoro ormai da trent’anni, l’Accademia di Belle Arti di Roma. La mostra Romaccademia del 2010 ha ricordato come in questo luogo abbiano insegnato alcuni dei protagonisti dell’arte italiana del Novecento. I colleghi mi hanno poi dato una grande prova di fiducia eleggendomi alla direzione alla fine del 2013. Da allora tutte le mie energie sono dedicate alla gestione dell’Accademia.
Insomma, la sensazione è che da qualche anno l’Accademia di Belle Arti di Roma si stia dando una svecchiata. State davvero facendo cambiamenti notevoli? Li elenchiamo?
Sono davvero felice che già in così breve tempo si percepisca dall’esterno una sensazione positiva di cambiamento. Credo che l’Accademia, e non solo quella di Roma, debba riconquistare, anche se con fatica, quel ruolo di centralità che ha sempre avuto nel panorama internazionale. Sembra un’affermazione utopistica e lontana dalla realtà del sistema dell’arte, ma ritrovare la consapevolezza dell’importanza del ruolo della formazione nel percorso di un artista oggi è il primo passo per restituire fiducia ai tanti bravissimi studenti che diplomiamo ogni anno.
Comunque, dall’inizio della mia direzione ho potenziato le relazioni internazionali, siglando accordi di cooperazione e scambio con alcune istituzioni straniere come la Goldsmith University di Londra, solo per citarne una. Ho ristabilito rapporti con le principali realtà museali della città, realizzando con i docenti laboratori didattici per il Maxxi, per il Macro, per i Musei Capitolini, per i Musei Vaticani, per Palazzo Braschi, per il Museo dei Mercati di Traiano, per non parlare delle numerose gallerie private, dei teatri come il Teatro dell’Opera e degli atelier, che ospitano i nostri studenti per svolgere tirocini formativi. Abbiamo siglato progetti di collaborazione con il Palaexpo e con la Sovrintendenza Capitolina. Infine, per quanto riguarda quello che oggi è definita “l’offerta formativa”, ossia i nuovi corsi di diploma accademico che si possono frequentare, siamo passati da quattro a trenta. Nell’agosto del 2014 il Ministro ha infatti autorizzato l’Accademia di Roma a rilasciare ufficialmente diplomi accademici che erano stati avviati solo sperimentalmente fino al 2013.
Anche sul fronte delle mostre si nota un’attività costante.
Sì, quest’anno siamo stati tra gli enti promotori della mostra 100 Scialoja al Macro: Toti Scialoja è stato uno dei professori più amati dagli studenti, oltre che direttore, dell’Accademia di Roma. A maggio 2015 si è svolto il convegno internazionale L’altro seicento, sul pensiero libertino a Roma, come evento satellite della mostra Il Barocco a Roma.
Abbiamo inoltre avviato una serie di incontri a cadenza settimanale con artisti e protagonisti del mondo della cultura (Massimo Recalcati, Hidetoshi Nagasawa, David LaChapelle, solo per citarne alcuni). Tralascio di nominare tutte le iniziative minori come incontri, seminari e mostre di studenti, che comunque rappresentano l’ordinaria amministrazione per la nostra istituzione.
Questo è quello fatto sino ad oggi. Adesso qualche anticipazione sui progetti che ci aspettano per la stagione 2016 e le successive.
Per il 2016 tutti i progetti di collaborazione e scambio con le sedi museali romane continueranno. Il nostro rapporto con la Sovrintendenza Capitolina e con il Macro si è rivelato particolarmente felice e fruttuoso. A marzo è in programma a Palazzo Poli una mostra antologica da noi ideata e prodotta, dedicata a Jean Pierre Velly, un artista di rara raffinatezza che ci dà l’occasione per riportare l’attenzione sulle tecniche incisorie, che sono oggi esclusivo appannaggio della didattica accademica. È una mostra che dialoga idealmente con quella, più ampia, di Balthus alle Scuderie del Quirinale, essendo stato Velly l’ultimo Prix de Rome all’Accademia di Francia sotto la direzione di Balthus e uno dei suoi più affezionati sodali.
A maggio una mostra dei migliori studenti al Macro di Testaccio e a ottobre il premio YEAA – Young European Artists Academic Award, una coproduzione Accademia di Belle Arti di Roma-Palaexpo-Quadriennale romana; un premio che vede una selezione dei migliori giovani artisti europei segnalati da altrettante Accademie d’Arte. In programma anche il conferimento del diploma accademico honoris causa a William Kentridge e Peter Greenaway.
Vorremmo poi istituire dottorati di ricerca non solo per le arti visive, ma anche per le arti multimediali e tecnologiche, per la didattica curatoriale, oltre a corsi specialistici in lingua inglese per gli studenti degli altri Paesi europei.
Uno degli obiettivi del tuo programma col quale hai vinto il bando di direttore dell’Accademia era “dare visibilità all’istituzione”. Cosa ti fa dire che ci sei riuscita?
Credo che il lavoro di restituire visibilità all’istituzione sia appena iniziato, ed è un lavoro, come si può immaginare, lungo e delicato. Nutro una grande fiducia nelle capacità degli studenti e nella tenacia dei nostri docenti. La parte più difficile è il dialogo con la politica e con chi governa le nostre istituzioni. La visibilità non può non andare di pari passo con un riconoscimento dall’alto dell’immenso valore di questa storica istituzione. L’errore più grande commesso da chi ci ha governati finora è stato quello di depauperare progressivamente le Accademie di risorse, abbandonandole alle lotte tra piccoli potentati di matrice sindacale che non hanno favorito il loro allineamento al rango degli istituti universitari europei.
È davvero singolare che l’Italia, che ha inventato il modello accademico nel mondo, sia il Paese che più ha mortificato queste istituzioni a livello economico. Quando il riconoscimento, o la “visibilità”, sarà un’esigenza sentita anche dall’alto, credo che gran parte del lavoro, anche del mio lavoro, sarà fatto.
Torniamo al discorso sulle mostre. L’Accademia è tornata protagonista di questa attività? Al Mattatoio siete riusciti anche a impaginare uno spaccato dei ragazzi attualmente iscritti ai corsi, con un risultato niente male…
Credo che l’Accademia, oltre che luogo di formazione dei giovani artisti, debba ritrovare il suo ruolo di promotore di iniziative culturali, non solo di natura didattica ma anche e soprattutto di ricerca nel campo delle arti visive, della storia dell’arte, del cinema, della moda, del design. Le mostre e i convegni ideati dagli storici e critici dell’arte che insegnano in Accademia hanno il pregio di nascere dall’esigenza di una ricerca pura, e sono svincolati dalle logiche del profitto o delle realtà accademiche autoreferenziali. È per questo che meritano di essere riconsiderate all’interno di una rinnovata politica della gestione museale comunale e statale.
La mostra dei giovani artisti, ideata e realizzata dagli studenti in veste non solo di espositori ma anche come curatori, è stata un esempio di come uno studente ancora in corso sia in grado di cimentarsi con una sede espositiva impegnativa.
Quanto conta, in tutto questo, l’aspetto manageriale? Qual è il mix percentuale fra task manageriali e impegno scientifico-artistico oggi per un direttore di accademia?
Questo è un punto cruciale. Avevo citato prima il rapporto con il Ministero dell’Università. Bisogna assolutamente dotare le Accademie di risorse umane in grado di reggere l’impatto con progetti internazionali di alto livello. Non è pensabile oggi che un direttore di Accademia debba riservare percentualmente tutte le proprie energie alla gestione dell’istituzione, che spesso non si esaurisce con i compiti dirigenziali.
Spesso il direttore rischia di essere assorbito completamente da mansioni di natura burocratica, che tolgono spazio al tempo per la progettualità scientifica e per la costruzione di relazioni necessarie alla crescita dell’istituzione, soprattutto a livello internazionale. Il tempo residuo per lo studio e la ricerca, poi, è pressoché nullo.
Avete anche oggettivi problemi di spazio. Come vi state muovendo? Come procede il cantiere che vedrà parte delle vostre attività a Testaccio negli spazi dell’ex Mattatoio?
Fortunatamente il Comune di Roma ha provveduto a sbloccare la situazione di stallo che aveva paralizzato la consegna dei locali nella sede del Campo Boario, addirittura dal 2003. Il progetto è stato realizzato e i lavori inizieranno a breve. Speriamo di poter contribuire a riqualificare un’area oggi purtroppo molto compromessa: la presenza di un’istituzione formativa dedicata alle arti, all’innovazione creativa, può costituire un catalizzatore di energie positive, quanto mai necessarie per far uscire la città da una stagnazione che inevitabilmente conduce al degrado.
Come va la dinamica delle iscrizioni? Siete in crescita?
In due anni gli iscritti sono cresciuti percentualmente del 25%. Da 1.900 iscritti nel 2013 siamo passati a più di 2.400 nel 2015. È un dato ottimo da un lato, ma preoccupante dall’altro. Il reperimento di spazi per la didattica è diventato un fattore di priorità assoluta. Il prossimo anno sarà fondamentale riallacciare un rapporto di collaborazione fattiva con il Liceo Ripetta per l’utilizzo pomeridiano delle aule, nell’attesa della consegna dei nuovi locali di Campo Boario.
Da dove provengono soprattutto gli studenti?
Gli studenti sono italiani per il 60% e per il resto sono stranieri. Principalmente cinesi, ma anche iraniani, coreani, molti russi e dell’Est Europa.
Con gli studenti cinesi avete avuto anche qualche problema. Ce li racconti?
La Cina è un Paese dove la notorietà dell’arte italiana e delle Accademie è a livelli di mito. Le Accademie di Roma, Firenze e Venezia sono luoghi di studio molto ambiti per uno studente cinese. Purtroppo questa domanda così pressante è stata intercettata da alcune agenzie private in Cina che hanno avviato un vero e proprio commercio delle ammissioni di studenti.
Spesso gli studenti, dopo aver frequentato corsi di lingua costosissimi nel loro Paese, giungevano in Accademia convinti di aver “comprato” l’ammissione. È stato piuttosto complicato riportare tutto nei binari della legalità. Abbiamo inoltre previsto un corso obbligatorio di lingua italiana per tutti gli stranieri che, a partire da quest’anno, si iscrivono all’Accademia di Roma.
Come vi muovete a livello di corpo docente? Quale autonomia ha il direttore? Che margini di manovra ci sono nello scegliere personalità significative?
Allo stato attuale non è data alcuna possibilità al direttore di nominare un artista di chiara fama per svolgere un corso in Accademia (peraltro le accademie private legalmente riconosciute non hanno alcuna restrizione, il che costituisce un’assurda disparità). Sarebbe invece uno strumento prezioso che restituirebbe alle Accademie quella vitalità che in passato hanno avuto. Fino agli Anni Cinquanta la nomina per chiara fama era proposta al Ministro dai direttori, così come l’assunzione di giovani assistenti era su proposta diretta dei docenti.
Inutile dire che tra i più grandi artisti del Novecento Italiano sono giunti in Accademia con una nomina per chiara fama o su segnalazione, come nel caso degli assistenti, dei colleghi più anziani. Oggi non è più possibile.
Quali sono i rapporti con le altre istituzioni culturali della città e come sono cresciuti negli ultimi anni?
Oltre alle già citate collaborazioni, alcune università straniere che hanno sede a Roma come la Temple University o, da poco tempo, la Cornell University, hanno avviato con noi rapporti di proficuo scambio (workshop, mostre di studenti, visiting professor ecc.) che negli ultimi due anni sono cresciuti notevolmente. Sono inoltre in essere progetti culturali e didattici con molte delle Accademie e degli istituti di cultura che hanno sede a Roma.
Ci sono invece delle significative esperienze internazionali (di grandi accademie straniere o di piccoli casi di successo) a cui guardate?
In questo momento guardiamo soprattutto alla forza di ripresa che hanno dimostrato alcune Accademie, anche piccole, dell’Europa dell’Est. Tallinn, Varsavia, Cluj Napoca sono esempi virtuosi che dimostrano come la sinergia tra professionalità dei docenti e potenziamento dei fondi pubblici possa essere un modello vincente.
In cosa consistono i gap che ancora separano l’Accademia di Roma da accademie pubbliche considerate diffusamente più importanti, ad esempio Brera? Che passi bisogna fare per arrivare a quel livello?
Francamente oggi non sento alcun gap tra l’Accademia di Brera e quella di Roma, se non per un maggior numero di docenti e studenti che Brera può vantare. C’è da dire che l’Accademia di Brera ha svolto negli Anni Novanta un ruolo di capofila nel dialogo con le istituzioni e che ha avviato per prima una serie di progetti didattici, ma oggi è solo una questione di numeri.
Sicuramente per modificare la percezione del grande pubblico sarà necessario promuovere progetti di ampio respiro culturale, proprio come stiamo facendo adesso. Occorre solo ancora un po’ di tempo.
Tralasciando per un attimo la sola Accademia di Roma e concentrandoci in generale sulle accademie italiane, qual è il quadro normativo e di governance? Una riforma vera e propria non è stata ancora ultimata. Con che conseguenze?
Attendiamo da diversi anni il completamento di una legge di riforma varata nel 1999 e mai completamente attuata. Mancano i regolamenti generali e le norme per il reclutamento dei docenti dove, tra l’altro, potrebbero essere inseriti quei provvedimenti riguardanti le chiamate per chiara fama. Il Ministro Giannini ha promesso una soluzione in tempi brevi.
Alcuni aspetti delicati della governance, come il ruolo e le funzioni del presidente del consiglio di amministrazione, che è un elemento esterno all’Accademia chiamato a procurare sponsor e a promuovere i progetti approvati dai docenti, devono essere chiariti e definiti. Speriamo che sia “la volta buona”…
Massimiliano Tonelli
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