Street art in salsa cattolica. Tre storie recenti
Street art e iconografia cristiana. Dal Papa celebrato a New York, al ritratto di San Gennaro a Napoli, passando per l’ennesima censura, ad Avellino. Tre storie recenti, che vedono protagoniste figure religiose, reinventate da muralisti contemporanei
Street art in chiave clericale, fra provocazioni e devozioni. Succede sovente: l’immaginario religioso saccheggiato per tirare su murales ironici, ludici, irriverenti, oppure figli di un citazionismo colto, di una vera sensibilità per il sacro. O ancora illustrazioni di propaganda, celebrativi quanto basta.
Come non pensare al Papa Bergoglio nei panni di supereroe, con la sua valigetta colma di “valores”, firmato da Mauro Pallotta su un muro di Roma? L’episodio divenne subito virale, dal momento che l’account Twitter del Vaticano condivise per primo la foto dello stencil.
E poi, sempre nella Capitale, c’è il Papa Pacelli dipinto da C215 al DAMS (Mea Maxima Culpa), figura ambigua accusata ai tempi di velata tolleranza verso il Nazismo, a Napoli la celebre Madonna con la pistola di Banksy, o ancora le icone d’ispirazione biblica e bizantina con cui Mr. Klevra costruisce il suo personale catalogo visivo, fra lettering e figurazione; oppure le vicende e i simboli religosi, spesso ripescati e riveduti da Ozmo: due esempi su tutti, la Madonna e il bambino coi volti capovolti, dipinti ad Ancona nel 2008, e l’austera Santa Rosalia di Campo Felice di Roccella (Palermo), dello stesso anno.
Di recente, nel mese di settembre, tre nuovi murales, dall’Italia agli States, hanno contemporaneamente raccontato un’altra storia di connubio, fra arte di strada e ispirazione cattolica.
COMMITTENZE D’ALTO RANGO. IL MURALE PER PAPA FRANCESCO A NEW YORK
In vista della visita di Papa Francesco a New York, la diocesi di Brooklyn commissionò a quattro artisti una colossale immagine del Pontefice a figura piena, sorridente, nelle sue vesti candide, intento a salutare le folle. Oltre 68 metri d’altezza per una trentina di larghezza. Siamo all’angolo tra la 8th Avenue e la 34thStreet, zona frequentatissima di Manhattan, nei pressi del dal Madison Square Garden, dove il Papa celebrò la sua messa il 25 settembre. Promosso dal DeSales Media Group, il super team di comunicazione che lavora per la diocesi, il wall painting di benvenuto è rimasto al suo posto fino all’8 ottobre.
”Sono molto onorato di partecipare a questa iniziativa”, ha dichiarato all’americana Cbs David Osborne, uno degli artisti. “Penso che l’opera abbia un significato rilevante per la città e per il mondo intero”. Quando dici, giustappunto, muralismo come propaganda, al servizio di clamorose committenze. Realismo fotografico, buona tecnica, freddezza grafica, monumentalità e nessuna ricerca, per un bel manifesto urbano, da prendere per quel che è. Con una sola valutazione finale: la conversione pop della Chiesa, nell’era Bergoglio, è compiuta. Social network, selfie e street art, conquistando le masse sul loro stesso campo. Un segno dei tempi, se non altro.
SAN GENNARO COME UN NAPOLETANO DOC. IL RITRATTO DI AGOCH
Tornando in Italia, ne giorni del mitologico miracolo di San Gennaro, l’apparizione religiosa nel quartiere Forcella, a Napoli, è opera di Jorit Agoch, artista locale (per metà di sangue olandese), assai noto in città per il recente intervento a Ponticelli: il volto etereo di una zingarella, in memoria dell’incendio che colpì i vicini campi Rom, qualche anno fa, è un prezioso ritratto donato alla comunità in occasione della Giornata dei Rom, Sinti e Caminanti.
In questo nuovo caso la straordinaria finezza pittorica, pregna di memorie barocche e rinascimentali, è tutta al servizio di un genius loci fatto di tradizioni popolari e riti cristiani. Il San Gennaro di Agoch, volto contemporaneo, dall’incarnato mediterraneo, è restituito con le consuete fluidità del tratto, vivacità espressiva e morbidezza di luci. Una presenza fuori dal tempo, stagliata con gli abiti sacri contro un nero caravaggesco. Enfatico e al contempo proletario: un napoletano qualunque, tramutato in icona.
ATOCHE E LA CENSURA. SE L MURALES NON È ORTODOSSO
Poco più lontano, ad Avellino, si cambia scena, intenzioni e registro. In Viale Italia il peruviano Carlos Atoche, presenza fissa fra le strade di Roma, aveva dipinto una singolare Madonna del Mandrillo. Pezzo tra i più riusciti dei suoi, in cui la cifra originale, la vocazione scultorea e l’incisività grafica, erano al servizio di una dolcezza antica, languidamente arcaica. Classico doppio ritratto medievale o quattrocentesco – Maria col bambino in braccio – e un riferimento diretto alla Madonna di Maniago di Bellini. Ma l’allucinazione poetica sostituiva Gesù con un cucciolo di scimmia. Blasfemo? Quando mai. Non nuovo ai dipinti a tema sacro, Atoche aveva dato una valenza tutta positiva alla sua rielaborazione ardita, dal sapore francescano. Un’immagine spirituale, in cui la santità univa uomini e animali, in un’unica celebrazione del creato.
Al bigotto di turno, però, quell’azzardo non è andato giù. Murale cancellato nel giro di poche ore, con una colata di ducotone. La solita, orrida censura, vestita di vandalismo urbano, contro cui non è mai sufficiente la condanna, la stigmatizzazione.
Helga Marsala
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