Anche i muri hanno un’anima. Impregnati di fatti e di memorie, continuano a registrare, a custodire, somigliando a sentinelle discrete. Completamente opachi, nell’impasto di polvere, cemento, frequenze sottili. È come se, di questi muri, Eron provasse a tirar fuori tutte le voci, tutte le immagini idealmente impresse, trascorse chissà quando, rimaste in superficie.
Tra i più grandi street artisti italiani, fin dagli anni ’80 noto sulla scena internazionale del writng, Eron ha via via sviluppato un linguaggio visivo personale, eclettico, efficacissimo dal punto di vista concettuale, formale e poetico. Muovendosi fra la realtà metropolitana e quella più convenzionale di musei e gallerie. Ed è proprio negli ampi spazi di una fondazione spagnola, la Blueproject Foundation, che lo scorso 26 settembre ha inaugurato la personale “Soul of the Wall”, in corso fino al 20 ottobre.
Ritorna, in questo progetto barcellonese, l’idea della rievocazione storica, che ha spesso condotto Eron a trasformare le pareti degli spazi espositivi in filtri della memoria, su cui lavorare per consunzione, per affioramento, per dissolvenza.
Qui il tema è la città di Barcellona, con la sua storia politica, sociale, culturale. I fantasmi che avanzano, tra ruggine, cenere, vecchie fotografie, s’incagliano persino tra le griglie dell’impianto di ventilazione: la pittura si fa ambiente, atmosfera, grazie a una tecnica raffinata e a un’idea di icona come coagulo spazio-temporale.
Le riproduzioni di due foto d’epoca di Robert Capa e Gerda Taro – i cui reportage dalla guerra di Spagna restano tra le più intense testimonianze belliche del ‘900 – prendono vita grazie a un intervento cromatico, che si spinge oltre la cornice, contaminando i muri. Un veicolo a fuoco, la caligine e la malinconia, la sagoma di un piccolo aereo sulle teste della folla in fuga, occhi in su, passi svelti, la città sul ciglio del terrore. E l’immagine fittizia completa le scene originali, immortalate nei giorni della trincea.
Intanto, spettri come ombre pallide o come macchie d’umidità, si disegnano sull’intonaco: sono i ritratti della Principessa Isabel de Borbón y Borbón, che dà il nome alla strada in cui si trova la fondazione, e l’architetto José Fontsere Mestre, maestro di Gaudí, colui che ne realizzò l’edificio. Fuori dal tempo, sprofondato nella storia, lo spazio si vela di commozione. Col tema della morte che traduce – delicatamente, nostalgicamente – “il male del ricordo”, fra figura e architettura.
Per il bar del museo Eron realizza anche due modelli di tazzine da caffè in porcellana, destinate ai clienti. Giocando con una vecchia legenda divinatoria, traccia sui fondi un teschietto e le silhouette di due bambini a lavoro nelle piantagioni. Da scoprire, dopo l’ultimo sorso, come apparizioni simboliche.
– Helga Marsala
Eron, “Soul of the Wall / Barcelona 2015”
fino al 20 ottobre 2015
Blueproject Foundation
Carrer Princesa 57, Barcelona
www.blueprojectfoundation.org
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