La bellezza che salverà il mondo. A Firenze

Palazzo Strozzi, Firenze – fino al 24 gennaio 2016. I cento volti della spiritualità moderna si rivelano nel capoluogo toscano. La fede, il dubbio e il conflitto interiore nelle opere delle avanguardie di un Novecento lacerato. Alla ricerca dell’umanità perduta.

SOLO UN DIO CI PUÒ SALVARE
Le mani insanguinate di un secolo che il sacro e il bello non sono stati in grado di lavare. Entrambi inutili, di fronte alla forza dirompente di un Novecento che ha perso la fede nel nome del progresso prima di ritrovare una spiritualità autentica. L’uomo-titano della modernità ha combattuto due guerre mondiali sotto un cielo senza stelle: rimane unico giudice di se stesso e presenta il conto al Dio spettatore, ma nel delirio d’onnipotenza perde cuore e radici.
Per secoli l’arte ha dato forma al dio invisibile incarnato nella storia, ma, quando gli artisti non ne hanno più tollerato i colpi, l’alleanza si è infranta. Solo nel ‘64 Paolo VI sventola bandiera bianca nella Sistina, conscio della necessità di ristabilire l’amicizia tra la Chiesa e gli artisti lì riuniti, i “figlioli prodighi”: è il rinnovo del patto che ha il dovere di prendere per mano gli uomini e fornire loro il senso. Allora la bellezza non solo educherà, ma salverà il mondo; sempre se il mondo si prenderà cura di lei.
Il Novecento continua a riflettere sulla sacralità dell’arte e ridisegna il concetto di Bellezza, adattandolo a dinamiche che hanno stravolto l’armonia rinascimentale. Nasce così una bellezza densa di simboli e interpretazioni, consona all’imperfezione della Babele odierna, esorcizzata nelle sue fragilità; distorta e flagellata, ma pur sempre bellezza.

Otto Dix, Cristo e la Veronica, 1943 - Città del Vaticano, Musei Vaticani

Otto Dix, Cristo e la Veronica, 1943 – Città del Vaticano, Musei Vaticani

BELLEZZA IMPERFETTA: LA VIA CRUCIS CONTEMPORANEA
Bellezza divina è il confronto tra l’artista e il sentimento del sacro da metà Ottocento all’Anno Santo 1950, nel tentativo di ricucire i fili di una maglia dalla trama logora, ma non lacerata.
Tra il cielo e la terra, le avanguardie scelgono l’abisso dell’anima: l’arte scende dagli altari per interpretare l’ineffabile in capolavori dalla conflittualità immanente. Cristo soffre e muore, la sua immagine si secolarizza: la Sacra Famiglia si scompone di luce nella campagna ferrarese (Previati) o passa al tornio delle forme futuriste di Fillia; Gerusalemme diventa metropoli occidentale (Spencer e Costetti), mentre Gesù incontra la Maddalena sotto gli occhi di un gendarme tedesco (Dix). Le ultime stelle rimaste stanno a guardare impassibili il Bacio di Giuda (Montanari), mentre la ceramica dalle fenditure slabbrate, la materia ferita della Via Crucis di Fontana preannuncia la dimensione astratta dei tagli.
I germi di un’innovazione necessaria si spingono ai limiti del consentito: l’evanescente Mater purissima di Morelli affianca la sensualità funerea della Madonna di Munch. La Rosa mystica mette le spine a contatto con il mondo, fra estasi erotica e agonia: gli spermatozoi della cornice fluttuano in direzione di un feto dal teschio deforme votato all’infelicità, già nell’Urlo. Sul Golgota bombardato, la Maddalena scandalosamente nuda macchia la tela con il suo peccato carnale, il volto di Gesù è coperto dal ladrone. Il pictor diabolicus Guttuso inchioda sulla Croce l’umanità intera: è la tragedia di tutti, di oggi, di ieri, ma non dev’essere di domani.

Felice Casorati, La preghiera, 1914 - Verona, Galleria d'Arte Moderna Achille Forti - Comune di Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, © Felice Casorati, by SIAE 2015

Felice Casorati, La preghiera, 1914 – Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti – Comune di Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, © Felice Casorati, by SIAE 2015

IL CANTO DOLENTE DEL NOVECENTO
Sulle macerie del Novecento brulica l’inferno dei viventi: nell’opera contemporanea più amata dal Papa, la Crocifissione bianca di Chagall si fa simbolo dell’Olocausto. Ai piedi della Croce ardono i sette bracci del candelabro: intorno è il caos, ma nella macabra danza scende la luce e il violino leva un grido di speranza. Un canto sommesso accompagna lo spettatore all’uscita: l’Angelus di Millet diffonde le note di una religiosità atavica nella campagna inondata dal crepuscolo.
La preghiera intima e virginale della fanciulla al mattino di Vela contrasta con la devozione angosciata del padre di Munch, drammatica del cieco in riva al mare di Viani. In ultimo si odono non una ma mille melodie: la fanciulla di Casorati s’inginocchia, orientaleggiante e klimtiana, in un giardino di fustagno. Una visione limpida e senza tempo, in un mare di fiori botticelliani: è il giardino dei martiri di un Novecento (or)mai redento.

Serena Tacchini

Firenze // fino al 24 gennaio 2016
Bellezza divina tra van Gogh, Chagall e Fontana
a cura di Anna Mazzanti, Ludovica Sebregondi, Lucia Mannini e Carlo Sisi
PALAZZO STROZZI
Piazza degli Strozzi 1
[email protected]
www.palazzostrozzi.org

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/46991/bellezza-divina-tra-van-gogh-chagall-e-fontana/

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Serena Tacchini

Serena Tacchini

Serena Tacchini è laureata in Lettere moderne presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con una tesi in letteratura italiana sul colorismo poetico del padre dell’ermetismo, Camillo Sbarbaro. Attualmente si sta specializzando in Archeologia e Storia dell’arte presso lo…

Scopri di più