Gianni Piacentino alla Fondazione Prada. L’invisibile agli occhi
Fondazione Prada, Milano – fino al 10 gennaio 2016. Sui due livelli del Podium, un’antologica dedicata al torinese Gianni Piacentino. Germano Celant riunisce oltre novanta lavori esposti seguendo un ordine estetico e diacronico, raccogliendo alvei di percorsi, ricerche formali, dalle opere più recenti, realizzate nel 2015, fino ai primi acrilici datati 1965.
RIFLESSI SU NICHEL
Nello spazio espositivo centrale della Fondazione Prada, tra decine di veicoli da corsa e metonimie del volo, l’orizzonte è spezzato. Tagliato da pareti bianche a mezza altezza che accolgono una delle più esaustive raccolte dei lavori di Gianni Piacentino (Coazze, 1945) mai allestite, a breve distanza dalla retrospettiva itinerante partita nell’estate 2013 da Ginevra.
Il percorso antologico, densamente popolato di Cantilever, Race, Seaplane Painting, Combine Painting e numerose celebrazioni dei pionieri Fratelli Wright, presenta concentrandole le ricerche isolate dell’artista come una riconciliazione indipendente e lineare di opposti categorici. Tra design e lavorazioni industriali, stasi e propensione alla velocità, iconologie e reazioni aniconiche, i punti di vista a raggera dell’allestimento spingono l’occhio verso un unico punto di fuga, sinonimo di meta universale, infinita. Punto di fuga guidato, senza posa, dai riflessi degli smalti sugli ottoni nichelati e dalle diagonali dei telai.
UNA SIGLA RICORRENTE: G.P.
Influenze di Pop e Minimal che, in principio, attorno al 1965, anno dell’iniziazione di Piacentino all’arte, assumono “forme e materiali, attitudini e processi appartenenti ad ambiti che all’epoca apparivano estranei perché non collocabili – contemporaneamente – nel mondo della pittura tradizionale e in quello della produzione industriale”, come sottolinea il curatore della mostra, Germano Celant. Mentre qui, tra lavori degli Anni Ottanta, Novanta e Zero, richiamano indirettamente la modalità di unificare una distinta molteplicità di opposti.
In questi lavori, infatti, l’itinerario insuffla velocità, densità a un immaginario in cui il simulacro del moto si estremizza nell’allungamento dei lavori a terra e s’arresta nell’appiattimento delle linee a parete.
Tra la lucentezza dei metalli e l’opacità degli acrilici su tela, tra i grigi tortora e i blu oltremare, tra le riduzioni di un’apparente serialità e la realtà prototipale, si ritrova una dissacrante rivelazione delle diverse fenomenologie che compongono l’ossatura di un processo estetico voluto, fino in fondo, come strumento stilistico ingegnerizzato – marchiato regolarmente dalle iniziali dell’artista.
PITTURA PURA
È al piano superiore, però, che l’itinerario cambia radicalmente. Agli ottoni nichelati si sostituiscono i legni verniciati. Monocromi freddi tramutano in accostamenti caldi. Le strutture tubolari a sezione tonda lasciano spazio a superfici maggiori e a una fenditura del vuoto più ampia. E il veicolo aerodinamizzato della velocità, a partire dall’acrilico su masonite Zorba U.R. del 1965, si trasforma in dipinti scultorei.
“Sin dal 1966 le sue sculture approdano a un risultato trascendente l’oggetto funzionale”, rimarca Celant, “sebbene quest’ultimo rimanga riconoscibile come possibile entità industriale e dalle caratteristiche decorative, perché derivate da una cultura intrisa di scienza applicata, di esperienza artigianale, di precisione meccanica e di processi strumentali di alta ingegneria”.
Ginevra Bria
Milano // fino al 10 gennaio 2016
Gianni Piacentino
a cura di Germano Celant
FONDAZIONE PRADA
Largo Isarco 2
02 56662613
[email protected]
www.fondazioneprada.org
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