Spazio a Luigi Nono
Durante gli ultimi anni della sua vita, Luigi Nono ha ridefinito il Teatro Musicale. Il suo “Prometeo” è diventato un lavoro fondamentale di questo genere e la sua influenza continua a farsi sentire sui compositori di oggi. Dopo oltre vent’anni, “Prometeo” è tornato alla Kammermusiksaal di Berlino. Con una grande produzione per “Musikfest 2011”.
Poco prima della première del Prometeo nel 1984 nella Chiesa San Lorenzo a Venezia, il compositore e amico di Luigi Nono – ritratto in questa foto d’epoca proveniente dalla fototeca dell’Asac -, Wolfgang Rihm, alludendo a Nietzsche, parlò di “nascita del teatro dallo spirito della musica”.
Per quello storico appuntamento, la poderosa arca acustica progettata da Renzo Piano, sospesa al centro della chiesa, accoglieva i solisti vocali, i gruppi strumentali e l’audience all’interno della struttura dell’ascolto. La Tragedia dell’ascolto – così Nono intitolò il suo lavoro – è l’esperienza di un teatro aurale, che sviluppa lo spazio in modo incredibilmente forte, trasmutando la ricezione dei suoni in dramma e coinvolgendo l’ascoltatore in un affascinante viaggio di scoperte acustiche. La qualità drammatica di quest’importante opera, alba del Teatro Musicale, è generata esclusivamente dalla musica.
Più volte, nel corso della sua vita, Nono ebbe a lamentarsi dell’inadeguatezza degli spazi tradizionali per l’ascolto, della scarsa disponibilità da parte di produttori, teatri e festival, a concepire una musica non-frontale. Negli ultimi anni, il compositore mise in discussione le certezze del suo tempo, abbattendo solide categorie di pensiero e dissolvendo i confini tradizionalmente riconosciuti tra genere drammatico e concerto, tra parola e suono, voce e strumento. La grandezza di Nono come compositore risiede anche e soprattutto nell’aver esplorato in senso drammatico i confini strutturali della performance musicale e nell’aver trasformato la scrittura musicale in funzione dello spazio.
Al centro di Musikfest 2011, il Prometeo risuona accanto all’Ottava Sinfonia di Mahler. Due smisurate concezioni del mondo che trascendono dalle forme tradizionali, attraverso la fascinazione della voce umana. Due concezioni monumentali, che tracciano i confini neri dell’incubo e delle ansie del popolo tedesco: i primi anni del Novecento, antecedenti lo scoppio della Grande Guerra e l’inizio dell’erosione dell’Impero Sovietico. “Entrambi i pezzi sono in qualche modo in relazione con profondi cambiamenti storici in Europa e usano la voce come centro di primaria importanza”, ci spiega Winrich Hopp, direttore artistico di Musikfest Berlin, mentre racconta i motivi del programma di quest’anno. “Non vogliamo riprodurre Venezia; l’idea, per Berlino, è di usare una normale orchestra per il ‘Prometeo’ e riportare il pezzo al repertorio dell’orchestra. ‘Musikfest’ è un puro festival per orchestra”, continua Hopp, “e il mio lavoro è cercare di condurre la musica a questo tipo di offerta”.
Prometeo è una riflessione artistica sull’umanità, l’utopia, il fallimento e la speranza, con testi di Eschilo, Friedrich Hölderlin, Walter Benjamin, Friedrich Nietzsche e Rainer Maria Rilke, ora cantati ora alterati elettronicamente, a volte usati come tracce silenziose. In questa musica, lo spazio e il timbro si trasformano e si alterano vicendevolmente, creando a un ritmo inedito. Attraverso la combinazione di vari gruppi strumentali da camera, live electronics e cantanti spazialmente distribuiti, i suoni in Prometeo assumono dimensioni inimmaginabili. Per Musikfest 2011, Prometeo è messo in scena nella Sala da Musica da Camera della Filarmonica, nello stesso luogo dove nel 1988 ricevette la sua prima esecuzione a Berlino alla presenza del compositore.
“I musicisti erano attorno e in mezzo al pubblico, il palco vuoto”, anticipa Hopp. “Mettiamo l’enfasi sulla consonanza del suono della voce. Fu lo stesso Nono”, sottolinea infine, “a sostenere il bisogno di trovare la soluzione adatta per ogni spazio. Questa è la sfida”. Come un tempo, il live electronics e la regia del suono saranno diretti da André Richard – intimo amico e collaboratore del compositore italiano – con lo Studio di musica sperimentale di Friburgo, l’allora Heinrich-Strobel-Stiftung des Südwestfunks E.V., in cui Nono sviluppò alcuni tra i più affascinanti lavori della sua maturità.
Alessandro Massobrio
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #2
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