Il design intramontabile di Thonet. Intervista con Thorsten Muck
La novità sta nel fatto che Thonet, la mitica azienda di design del legno curvato, ora produce anche lampade. Ma in realtà è solo un pretesto per ripercorrere una storia che dura da sei generazioni. L’abbiamo fatto con Thorsten Muck, CEO di Thonet.
Thonet è l’azienda più longeva del design industriale nonché una delle più iconiche a livello mondiale: che difficoltà si incontrano a doverne preservare l’eredità e, allo stesso tempo, a guidarne le necessità di aggiornamento e innovazione?
Non consideriamo la nostra lunga storia imprenditoriale come un onere, ma come un’enorme opportunità. L’eredità che abbiamo ricevuto dai nostri predecessori e i classici in legno curvato e tubolare d’acciaio rivestono un’importanza affettiva e noi abbiamo il compito di prenderci cura di loro e di mantenerli sempre attuali. Per questo abbiamo proposto nell’ultimo anno nuove varianti dei classici in legno curvato, riproposti nella collezione Pure Materials.
Al tempo stesso sia i classici sia altri prodotti della tradizione Thonet sono fonte d’ispirazione per nuovi e innovativi progetti. In tutti i nostri progetti contemporanei, sia quelli sviluppati dal nostro Thonet Design Team sia quelli ideati da designer esterni, è infatti riconoscibile l’impronta genetica di Thonet.
Negli ultimi due anni avete arricchito il catalogo di molte novità: quali idee, valori e obiettivi vi guidano nello sviluppo di nuovi prodotti? Che ruolo hanno in questo processo le collaborazioni con i designer?
Per ogni nuovo progetto decidiamo se inviare il briefing a uno dei nostri designer interni oppure a un partner esterno. In linea di principio, vogliamo sentirci liberi di scegliere ogni volta. Sia il design d’autore sia quello messo a punto dal team interno hanno la propria ragion d’essere e si influenzano reciprocamente. Ogni designer esterno, infatti, ha un proprio referente all’interno del Thonet Design Team che si assume la responsabilità del progetto nei confronti dell’azienda. Questa modalità organizzativa offre un duplice vantaggio: consente a noi di essere sempre informati sull’avanzamento dei progetti e ai designer esterni di adattarsi rapidamente ai nostri processi interni.
Abbiamo anche messo a punto una Carta del Design: punto di riferimento per il lavoro di ogni designer interno ed esterno che collabora con Thonet. La Carta si apre con due domande fondamentali: perché il mondo ha bisogno di questo prodotto e perché proprio da Thonet? Sono, questi, due livelli che devono essere tenuti distinti. All’interno la Carta è suddivisa in diversi ambiti: forma, materiale e processo, e per ogni ambito sono riportati criteri obbligatori e criteri possibili. Uno dei più importanti è l’ambizione di proporre un design iconico tale e quale al nostro modello ispiratore.
Nuovissimo è il lancio di una nuova collezione di lampade. Cosa vi ha spinto ad allargarvi al mondo dell’illuminotecnica?
Thonet non si occupa più soltanto di sedie e poltrone. Abbiamo trasferito la nostra filosofia aziendale e i suoi valori anche ad altri settori per completare la nostra vasta gamma di mobili e consentire ai nostri clienti di realizzare ambienti con soluzioni d’arredo a tutto tondo completamente ispirati allo stile Thonet. Sono così nati i nostri progetti per l’illuminazione: le lampade da tavolo Kuula e Lum 50 e la lampada a sospensione Linon.
Siamo un’azienda specializzata nella produzione di mobili, pertanto ci siamo resi conto che la realizzazione di un progetto così ambizioso richiedeva un partner competente nel settore dell’illuminazione. Per questo motivo per la realizzazione di Kuula di Uli Budde abbiamo scelto Oligo, impresa tedesca che produce lampade.
Adolf Loos scrisse nel 1895 che la Thonet è la sedia più moderna che ci sia. Pensa che l’affermazione sia ancora attuale? E che ruolo assume ancora oggi la tecnica della curvatura del legno?
Dobbiamo prima interrogarci su cosa intendiamo con modernità e se sia auspicabile cercare di essere sempre moderni. Per noi la modernità non rappresenta un valore in sé. Siamo convinti che ciò che allora era considerato moderno descriveva elementi di principio validi ancora oggi, come un impiego minimalista (e quindi rispettoso dell’ambiente) dei materiali, la chiara esibizione degli elementi di collegamento, la modularità, la leggerezza, solo per citarne alcuni.
In questo senso il design per noi rappresenta molto di più che la semplice creazione di una forma. Interpretando al meglio il pensiero di Michael Thonet, i nostri prodotti sono concepiti e progettati sempre come il risultato di processi unitari concatenati. La curvatura del legno svolge un ruolo significativo, oggi come allora, e non solo perché continuiamo a praticarla nel nostro unico stabilimento di Frankenberg/Eder, ma anche perché lavoriamo costantemente su nuovi modelli in legno curvato e, non da ultimo, perché negli ultimi anni la vendita dei modelli classici ha registrato una crescita considerevole.
Sono sei le generazioni Thonet che si sono succedute alla guida dell’azienda. Vede un nesso tra la sua longevità e la sua mancata cessione? Cosa ha comportato negli anni il passaggio di testimone tra di loro?
Anche se oggi alla guida non vi è nessun membro della famiglia, la nostra continua a essere un’azienda a conduzione familiare. Peter Thonet rappresenta la famiglia in seno al comitato consultivo, è socio e partecipa operativamente alla vita dell’azienda. Philipp Thonet è responsabile del mercato americano. I figli di Claus Thonet sono la sesta generazione che si occupa di vendite: uno è rappresentante commerciale della regione Colonia-Düsseldorf, mentre l’altro organizza la nostra attività in Austria e Alto Adige. L’influsso della famiglia continua, quindi, a essere presente oggi come in passato.
Allo stesso tempo è importante che il manager esterno tenga bene a mente due aspetti. Da una parte dovrebbe assorbire quanto più possibile la storia e la tradizione dell’impresa perché solo queste gli forniscono implicitamente i valori, il Dna dell’azienda. Un Dna che va cristallizzato fino a diventare il fondamento sicuro dal quale partire per sviluppare l’impresa. Dall’altra il manager esterno deve essere consapevole del fatto che per lui è più facile prendere decisioni strategiche perché, appunto, il peso della lunga storia familiare non grava sulle sue spalle. Se ben dosato, questo aspetto può rivelarsi un vantaggio in quanto si è più liberi di conservare solo ciò che si ritiene utile senza essere sopraffatti dalla tradizione.
Anche l’industria del mobile italiana è storicamente legata alle forme del capitalismo familiare. Ci sono aziende italiane che considera un modello interessante sotto questo profilo?
Le imprese italiane del settore mobili e illuminazione sono tutte molto interessanti per noi, in particolare quelle a conduzione familiare che lei ha menzionato. Non ne vogliamo citare nessuna in particolare, ma il loro modo di lavorare coerentemente e sapientemente sul design e sulla presenza di mercato (come vediamo anche al Salone del Mobile) mostra, da un lato, l’elevata professionalità e, dall’altro, la disponibilità al rischio, il rigore e la strategia di lungo periodo, pensabili solo in un’azienda a conduzione familiare.
Infine, un “segreto di famiglia”. Il passaparola del design racconta che, durante i giorni dell’Esposizione Universale del 1867, la sedia n. 14 fu lanciata dalla Tour Eiffel per dimostrarne la resistenza. Dopo un volo di 57 metri, atterrò a terra senza rompersi. Verità o leggenda?
Verità. Un’emittente televisiva tedesca ha ripetuto questo esperimento durante una trasmissione a carattere scientifico e ha gettato una sedia in paglia di Vienna da un’alta gru. La sedia è “sopravvissuta” e, oggi, è conservata nel nostro archivio.
Giulia Zappa
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