Food music. Ovvero: diamo voce ai maiali

Matthew Herbert, il pioniere di tutto il “found-sound” dell’elettronica contemporanea, è stato ospite speciale di “Transart11”, festival spettinato di Bolzano e dintorni. E ha presentato “One pig”, progetto realizzato registrando le testimonianze sonore della nascita, vita, morte e oltre di un maiale inglese. Lo abbiamo incontrato (Herbert, non il maiale).

Mosso dalla volontà di ridare senso e dignità al cibo che mangiamo ogni giorno, Matthew Herbert (Inghilterra, 1972) ha ricreato in scena, durante il festival bolzanino Transart, un affresco sonoro e olfattivo in presa diretta, ripercorrendo le fasi di vita si un maiale mese per mese, fino alla padella dello chef Hannes Pignater, che ha cucinato carne di maiale per il pubblico in sala. Dopo quest’eccezionale esperienza sensoriale a 360 gradi, lo abbiamo incontrato e ci ha spiegato perché il futuro della musica e del mondo sono indissolubilmente legati al cibo.

Durante il live di One Pig, sul palco viene messo in azione uno strumento curioso: una sorta di gabbia di cordicelle…
È uno strumento speciale costruito partendo da un videogioco sul golf degli anni ‘90 nel quale si giocava utilizzando dei guanti collegati con delle cordicelle a una piccola scatola. Questo meccanismo serviva a misurare lo “swing” del colpo. La gabbia è stata interamente costruita dal musicista che la suona. Ha smontato un certo numero di questi giochi e ha assemblato le cordicelle in modo che, quando vengono azionate, riproducano i suoni del maiale. Le corde sono collegate a un computer programmato per rispondere alle diverse sollecitazioni.

Per One Pig sono stati costruiti altri strumenti musicali speciali: la “pig drum” e il “dracularis” di Henry Dagg.  Pensi che il futuro della musica elettronica suonata dal vivo possa risiedere nella commistione fra tecnologia e strumenti costruiti per la performance?
Credo di sì, anche se non necessariamente creati solo per la performance live, ma anche per la composizione. Ad esempio, Bjork per Biophilia ha usato un controller della playstation per scrivere musica producendo suoni e azionando diverse parti della canzone. Ci sono molte possibilità esaltanti nell’inventare nuovi strumenti a seconda delle specifiche necessità. Probabilmente, percorrendo questa via, tra una cinquantina d’anni il concetto di orchestra potrebbe definire qualcosa di completamente diverso rispetto a come lo intendiamo ora.

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Matthew Herbert - One pig - Transart 2011

La frammentazione della fruizione causata dalla tecnologia mp3 e da iTunes ha decostruito la canonica forma dell’album, rendendo la canzone un’entità a se stante. In questo periodo stai collaborando proprio alla realizzazione di Biophilia, che uscirà anche come app. Questo permette all’ascoltatore di esplorare e interagire con i temi della canzone e realizzarne ogni volta una versione completamente nuova. Con il ciclo ONE – trilogia di album accomunata dalla parola “one” nel titolo, intesa come “uno di” – investi molto nella forma album. Due progetti agli antipodi. Come possono convivere?
Anche se esistono sms, twitter, email e giornali online, questo non cambia la funzione dei libri. Possiamo avere entrambe le cose. E con queste abbiamo la possibilità di fare esperienze, avere funzioni od ottenere risposte completamente differenti tra loro. Le stesse app di Biophillia sono progettate per fornire una gamma di esperienze molto variegate, se non indipendenti. Invece, l’ordine cronologico è una struttura fondamentale nell’economia dell’intero progetto di One Pig. La stessa registrazione dei suoni del maiale avviene seguendo le fasi: nascita, vita, morte e oltre. Se si ascoltano le tracce in modo disordinato si perde completamente il significato. I due progetti mirano a risultati distinti, dal mio punto di vista è appropriato che i media utilizzati siano differenti.

Prima ancora che One Pig fosse scritto, l’organizzazione PETA ti ha accusato di mancanza di rispetto verso gli animali, seppure già con lavori come Plat du jour e The Mechanics of Destruction fosse chiaro il tuo pensiero sul sistema alimentare e commerciale occidentale. Perché per costruire una società sostenibile bisogna ripartire proprio da ciò che mangiamo?
Per me il cibo sta alla base della cultura ed è la più importante espressione del sé. Noi tutti ci dobbiamo domandare tre volte al giorno cosa mangiare e questa decisione ha un impatto enorme se rapportata su scala mondiale. Il principale consumo di combustibili fossili è dato dall’industria del cibo. Per cui, quando parliamo dei problemi dell’inquinamento, dei cambiamenti climatici del nostro pianeta e delle risorse energetiche, dovremmo domandarci cosa mangiamo e come cambiare il nostro modo di mangiare. Scegliere dove e cosa mangi è un atto politico. È una lotta costante contro la corruzione di questo sistema che prende decisioni al posto nostro.

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Matthew Herbert - One pig - Transart 2011

Spiegaci meglio…
Ad esempio, si sceglie il pane integrale perché si pensa che sia più ricco di nutrienti del pane bianco, ma in realtà le sostanze chimiche tossiche presenti nei pesticidi restano attaccate ai semi che non vengono decorticati durante la lavorazione. Il pane bianco è meno nutriente, ma meno tossico. Quindi il sistema ti mette nella condizione di non poter decidere cosa è meglio per te. Ogni volta che vado al ristorante non è facile, perché continuo a domandarmi: che tipo di pane è questo? Quest’acqua sarà prodotta dalla Nestlè? Questo pesce proverrà da un allevamento intensivo o sarà stato pescato in modo indiscriminato? Questa costante frizione deve spingerci a tentare di rieducare da prima noi stessi per poi cambiare l’intera società.

Da sempre il tuo lavoro è improntato su una certa onestà concettuale che trova il suo punto più alto in Personal Contract for the Composition of Music dove ti auto-precludi ogni uso di sample pre-esistente durante la performance live. La musica elettronica è spesso costruita con fonti non tracciabili e riproducibili esattamente come gli ingredienti del cibo altamente processato. Pensi che il tuo modo di lavorare sia comparabile alla cucina slow-food?
Ho la sensazione che il modo odierno di fare musica corrisponda spesso a una versione musicale del consumismo e che basti prendere semplicemente “gli ingredienti” dallo scaffale e metterli assieme senza alcun senso della storia e del contesto sociale, solo in base ai nostri scopi. Trovo molto più interessante crearmi i sample da me, anche se ci vuole più tempo, è più complicato e più costoso. Forse si potrebbe dire che faccio slow music. Quando vivi in un sistema così corrotto è importante prendersi le proprie responsabilità, anche se non sempre si può. Ad esempio, i soldi che ho preso ieri sera per lo show, dopo che avrò pagato le tasse, potrebbero finire per finanziare qualche azienda per la macellazione industriale dei maiali. Seppur io cerchi di mandare un messaggio positivo, il mio governo spende i soldi delle mie tasse per fare l’esatto contrario. Ma per fortuna il sistema è fatto di individui, ed è per questo che è importante che io faccia la mia parte.

Jennifer Malvezzi

www.transart.it

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Jennifer Malvezzi

Jennifer Malvezzi

Laureata in Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Parma. I suoi interessi onnivori mescolano arti performative, musica elettronica e cultura popolare degli anni ’80 e ‘90 del Novecento. Da un po’ di tempo collabora con alcune riviste nazionali d’arte…

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