NOSTALGIA DEL GRAND TOUR
Fateci caso: quando si parla di turismo in Italia non si può non nominare il periodo dei Grand Tour e gli artisti che da tutta Europa percorrevano le strade del nostro Paese alla ricerca della giusta luce, dei giusti soggetti e delle esperienze che avrebbero fatto di alcuni di loro dei grandi artisti.
Sottolinearlo non vuol essere un nostalgico richiamo ad antichi fasti, ma un modo di evidenziare come il fenomeno ebbe una tale portata che ancora oggi, in un mondo che fagocita ogni slogan e destinazione, l’evocazione del Grand Tour genera quasi una sorta di timore reverenziale.
Non si trattò solo di arte: si trattò di un modo nuovo di intendere il viaggio, che oggi, dopo decenni di boom vacanziero, si sta poco alla volta riaffermando anche nel mercato mainsteam.
CITTÀ D’ARTE: SONO VERAMENTE AUTENTICHE?
L’affermarsi di un fenomeno turistico più attento è un’ottima opportunità per il nostro Paese.
A differenza di molte altre nazioni, infatti, l’Italia può contare su quella che potrebbe essere definita una “bellezza diffusa”, che coinvolge centri importanti (le famose “città d’arte”) ma anche tantissimi centri minori, che non hanno avuto l’opportunità di affermarsi come destinazioni turistiche privilegiate, ma che conservano una fortissima attrattività in termini di storia, cultura, di tradizioni artigianali ed enogastronomiche e, soprattutto, di autenticità del luogo.
Il riferimento all’autenticità non è casuale: sebbene l’ultimo report del Country Brand Index (2014-15) vedesse l’Italia come maggiore player internazionale per le dimensioni del turismo e del patrimonio culturale, il report precedente mostrava un monito importante per il nostro Paese: pur essendo prima per la dimensione Heritage & Culture, si posizionava 19esima per autenticità dei luoghi.
Il motivo è semplice: la maggior parte delle destinazioni turistiche è rappresentata da grandi centri che da decenni si sono organizzati per accogliere una forte mole di turisti (Roma, Venezia, Firenze), mentre minore importanza è stata data (in termini di organizzazione, itinerari, tour operator ecc.) a destinazioni di minore impatto mediatico, ma che potrebbero rappresentare una soluzione notevole a una serie di problematiche che potrebbero inficiare i risultati del comparto nel medio periodo.
DIVERSIFICARE L’OFFERTA
Queste problematiche sono sempre più percepite, e infatti si parla sempre più spesso di destagionalizzazione turistica, o in altri casi di decongestione turistica: tutte ipotesi che già nel loro nome esprimono un concetto di de-trazione del flusso turistico.
Ciò di cui invece ha bisogno il comparto turistico non è una riduzione dei flussi ma un aumento delle offerte: in altre parole l’obiettivo non dovrebbe essere quello di disincentivare una tipologia di turismo ma incentivare altre mille opportunità che il nostro Paese, con le sue bellezze, può offrire.
I tempi sono maturi per un forte ripensamento al mondo turistico italiano, quantomeno sembrano esserlo sul lato della domanda: il turismo contemporaneo è un mondo ricco di informazioni, in cui i viaggiatori sono sempre più consapevoli, in cui sempre più informazioni, acquisti, prenotazioni e condivisioni delle proprie esperienze avvengono online in tempo reale, estendendo di fatto il periodo stesso del viaggio ai giorni che precedono la partenza e che seguono il ritorno.
SULLE ORME DI PIERO DELLA FRANCESCA
Meno propense a questo tipo di cambiamento sono spesso le pubbliche amministrazioni che regolano questo fenomeno: quasi si assistesse a un retaggio dell’epoca dei “comuni”, infatti, ogni città, provincia e regione spesso percepisce il proprio vicino come un concorrente piuttosto che un alleato, parcellizzando l’offerta turistica in una miriade di confuse “occasioni da non perdere” che non fanno altro che confondere il potenziale turista e spingerlo alla scelta più facile, ovvia e consolidata: la grande meta.
Ma qualcosa si muove anche sotto questo versante: ci sono esempi positivi che cercano di creare itinerari che comprendano territori multi-regionali. Tra questi c’è l’iniziativa portata avanti dalle regioni Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria, legata al personaggio di Piero della Francesca.
Terre di Piero, questo il nome dell’iniziativa, è l’espressione di un intervento turistico che prevede itinerari differenziati in cui, alle già presenti offerte sul territorio, si aggiungono possibilità di percorsi che legano a doppio filo arte, cultura tradizionale e tour enogastronomici, che magari spostano i turisti da una città a un’altra, da una regione a un’altra, e che quindi non possono piacere alle miopi politiche che adotta chi cerca a tutti i costi di trattenere il turista all’interno del proprio territorio.
IL TURISMO NELL’ERA DI GOOGLE MAPS
Le nuove tecnologie permettono oggi di avere una percezione differente del luogo che ci sta ospitando: con Google Maps possiamo percorrere i dintorni, guardare le foto più belle, stabilire quali siano le nostre mete e progettare con ingegneristica precisione ogni momento della nostra giornata. Conosciamo i prezzi, i luoghi più votati, le strade più caratteristiche. L’aspettativa è aumentata in maniera vertiginosa, e non basta più avere un Colosseo o un Canal Grande per rimanere indelebili nella memoria di quelle persone che decidono di trascorrere il proprio tempo più prezioso (fuori dal lavoro, dalla casa, dalla routine) nel nostro Paese.
Creare delle alternative che sappiano offrire qualcosa di più a chi visitava il nostro Paese trent’anni fa non è solo una questione di marketing o di profitti: è una caratteristica essenziale dell’accoglienza.
Stefano Monti
in collaborazione con Alfonso Casalini
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