Sovversivo, noncurante delle tendenze, teorico di un concetto di bellezza relativo. Ma, soprattutto, consapevole della propria identità, scoperta attraverso una lunga carriera come direttore creativo e responsabile per nomi illustri del fashion. Nella vita però, quando si hanno basi solide e una conoscenza approfondita della moda e dei codici estetici, firmare per la prima volta una collezione che porta il proprio nome è la realizzazione di un sogno. Sempre mantenendo quel rigore italiano nella ricerca delle texture e delle manifatture.
Lui è Federico Curradi, toscano classe 1975, che vanta collaborazioni con brand del calibro di Roberto Cavalli, Ermanno Scervino e non da ultimo Iceberg. Nessuna mise en scène ha accompagnato la sua prima collezione maschile durante Pitti Immagine Uomo 89 a Firenze. Solo una forte ricerca della bellezza, che ritrova nelle atmosfere naturali della Toscana, dopo un passato da ventenne a New York.
Una collezione densa di contrasti: da un lato ricerca e sperimentazione, dall’altro artigianalità e savoir faire made in Italy. Rivoluzionando, da Copernico della moda, le priorità imposte dal mercato e dai dettami produttivi. Curradi inverte il ciclo scontato della macchina del tempo e lo trasferisce negli abiti. Il tempo segue di pari passo la continua ricerca del bello, non convenzionale e fuori da schemi preconfezionati. Non importa che ci vogliano mesi per provare e riprovare tinture sui tessuti, inventare nuove linee o forme. Partendo dalla maglieria, con l’utilizzo di fibre pregiate, per finire al fresco lana, ai velluti e alle sete, il colore e la silhouette sono minimal, basiche, evocando tutta la morbidezza e la profondità di pennellate degne di Caravaggio.
Capovolgere le regole del mercato mostrando la propria identità. Quanto è importante, per un designer che decide di debuttare con la propria etichetta, essere riconoscibile e identificabile?
In base alla mia idea di moda, e anche come concetto creativo, l’esperienza che il Pitti mi ha permesso di fare è fondamentale per costruire una collezione lontana dalle regole imposte dalle aziende. Sicuramente è più stimolante e creativo pensare di realizzare capi senza data di scadenza, con un valore intrinseco reale. Questo comporta tanta sperimentazione, quindi lavoro supercostruttivo e divertente.
Se dovessi descrivere i tratti distintivi del suo stile?
Semplice, spontaneo, ricercato, non pretenzioso.
Roberto Cavalli, Ermanno Scervino, Iceberg. Brand affermati del fashion system che fanno parte del tuo background culturale. Cosa porta dentro di sé Federico Curradi da queste esperienze?
Porto dentro di me sicuramente tre bellissime esperienze e diverse formazioni. Modi diversi di affrontare il fashion business. Sono le aziende dove sono cresciuto professionalmente e da ognuna ho tratto specializzazioni diverse che mi hanno aiutato molto.
Al Pitti Uomo 89 hai presentato la prima collezione che porta il tuo nome. Citando nella palette cromatica la pittura caravaggesca. C’è un confine tra arte e moda?
Per la mia moda è fondamentale, mi piace molto giocare con i colori, quindi sicuramente l’arte è una grande fonte d’ispirazione per trovare l’equilibrio del colore.
La parola bellezza nel sistema moda è inflazionata. Che cos’è “il bello” nella sua visione estetica?
Il bello è relativo, dipende da molti fattori: culturali, sentimentali, sociali… per me è equilibrio. Nella mia visione della moda, l’equilibrio fra la bellezza di un capo e la personalità di chi lo indossa.
Il 2015 è stato l’anno dei grandi giri di giostra per la moda. E delle rivoluzioni creative. Genderless e, per qualcuno, l’arrivo in passerella della “moda UomA”. Liberi di essere e di vestirsi o c’è un limite a tutto?
Credo che il concetto “UomA” sia già stato usato precedentemente, ad esempio da David Bowie. Magari oggi fa un po’ più scalpore, credo più per una minimalizzazione generale del supermacho e magari per una sua interpretazione più cerebrale. Io, personalmente, approvo l’idea dell’uomo più intellettuale, con una forte personalità.
Fare moda solo per un proprio piacere personale, per un designer, sarebbe un sogno. Nel processo creativo, immagini già l’acquirente finale dei tuoi prodotti?
Certo, è alla base del processo creativo, ogni designer ha una sua idea al riguardo. Immagino il mio acquirente attento al mondo che lo circonda e molto consapevole della sua personalità, sicuramente non frivolo.
Artigianato e tecnologia. Come si conciliano i due mondi nella tua moda?
L’artigianato è alla base della mia collezione, dallo sviluppo dei tessuti alla ricerca dei laboratori capaci di lavorare i materiali che ho progettato. E non è stato facile.
La tecnologia è fondamentale per riuscire ad aiutare l’artigiano nelle fasi lavorative, ma non mi piace quando si sostituisce all’uomo, preferisco dei capi imperfetti con un’anima che cose uguali ma povere di spirito…
Curiosità. Hai scelto di vivere nelle bucoliche campagne toscane. Non ti manca il caos metropolitano di New York?
Niente è paragonabile alla tranquillità e al caos perfetto della natura: colori e rumori diversi si uniscono nella perfezione.
Sicuramente penserai al futuro. C’è in vista una collezione donna che porterà il tuo nome?
Mi piacerebbe molto, aspettiamo e vediamo che succede durante questa stagione… magari la prossima.
Gustavo Marco P. Cipolla
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