Un fotografo scomodo. Jakob Tuggener a Bologna
MAST, Bologna – fino al 17 aprile 2016. La Fondazione bolognese apre la sua stagione espositiva con una doppia rassegna intitolata a Jakob Tuggener, fotografo svizzero poco noto al grande pubblico ma fondamentale nel panorama artistico del secolo scorso. Un autore capace di immortalare la realtà nei dettagli, anche i meno edificanti.
UN ARTISTA SOLITARIO
Il volto di un operaio dai grandi baffi chiari, consumato dalla fatica del lavoro, campeggia sulla copertina di Fabrik del 1943. Si tratta di uno dei più importanti libri di fotografia della prima parte del XX secolo, opera di Jakob Tuggener (Zurigo, 1904-1988), un protagonista di rilievo della storia della fotografia, conosciuto per lo più dagli addetti ai lavori. Oggi il MAST di Bologna gli dedica una bella mostra con immagini di lavoro e di divertimento, tra seta e macchine, come lui stesso amava affermare.
Ci si chiede perché un fotografo con questa innata eleganza compositiva, con questa straordinaria capacità di coinvolgimento nelle situazioni più diverse, sia stato in buona sostanza dimenticato. A rispondere a questa domanda è prima di tutto il curatore della photogallery del MAST, Urs Stahel. Il quale sostiene che Tuggener, per motivi di ordine caratteriale, ha scoraggiato le collaborazioni con i musei e con le case editrici. Moltissimi sono, infatti, i menabò da lui predisposti per la stampa, che non hanno mai trovato un editore. Le controversie legali seguite alla sua morte hanno ulteriormente scoraggiato chiunque abbia tentato di avvicinarsi al suo lavoro. Stahel sostiene, inoltre, che il fatto di essere svizzero in un mondo come quello della fotografia, dominato dagli Stati Uniti, non lo abbia sicuramente avvantaggiato.
NEL CUORE DEL NOVECENTO
Fotografo, regista influenzato dal cinema espressionista tedesco, e pittore, Tuggener si è sempre considerato un artista e non si può dargli torto, tenuto conto dell’evidente legame tra il suo lavoro e il mondo delle avanguardie. Tra le immagini in mostra, ce n’è una, intitolata Nell’ufficio della fonderia, fabbrica di costruzioni meccaniche Oerlikon (1937), in cui l’occhio della segretaria si specchia in un piattino smaltato accanto alla macchina da scrivere su cui sta lavorando: è un’evidente testimonianza del taglio della sua ricerca. Del resto, la formazione artistica di Tuggener era avvenuta a cavallo degli Anni Venti e Trenta a Berlino, in un clima di grande fermento intellettuale e non solo.
Certamente il lavoro di Tuggener non è troppo conosciuto dal grande pubblico, ma è stato ospite di alcune mostre di rilievo, soprattutto nel corso degli Anni Cinquanta: The Family of Man, Postwar European Photography, la Prima mostra internazionale biennale di fotografia di Venezia nel 1957.
UNO SGUARDO SCOMODO
Ci troviamo di fronte a un uomo scomodo, incapace di seguire le correnti. Il suo Fabrik viene stampato in piena Seconda guerra mondiale. Quella che apparentemente si potrebbe presentare come una brochure aziendale per la MFO è in realtà una storia dell’industrializzazione al limite tra cinema e fotografia. L’artista mirava a svelare i retroscena del progresso tecnico indiscriminato, che aveva portato alla guerra in corso. Nel frattempo, l’industria bellica della neutrale Svizzera produceva a spron battuto e si arricchiva ancor di più, e forse tutto questo nessuno voleva trovarselo sotto gli occhi.
Angela Madesani
Bologna // fino al 17 aprile 2016
Jakob Tuggener
a cura di Martin Gasser e Urs Stahel
MAST
Via Speranza 42
051 6474345
[email protected]
www.fondazionemast.org
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/51190/jakob-tuggener/
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