Un maestro riscoperto. Georges de La Tour a Madrid
Museo del Prado, Madrid – fino al 12 giugno 2016. È una mostra imperdibile. La più importante esposizione dedicata in Spagna a Georges de la Tour, in corso al Museo del Prado, seduce per qualità delle opere e coerenza dell’apparato critico. Anche se il pittore francese resta ancora avvolto in un mistero biografico e iconografico.
LA RISCOPERTA DI DE LA TOUR
Georges de la Tour (Vic-sur-Seille, 1593 – Lunéville, 1652), come del resto El Greco, è una delle grandi riscoperte artistiche del Novecento. Dal 1915, anno in cui il tedesco Hermann Voss pubblicò un articolo rivelatore sulla sua opera, il pittore del Seicento francese non smette di affascinare generazioni intere di storici dell’arte, che si prodigano alla ricerca di documenti, quadri e disegni preparatori che testimonino l’attività di un artista straordinario, non convenzionale ed emozionante.
De la Tour fu infatti un pittore assai stimato ai suoi tempi, dapprima nel Ducato di Lorena dove nacque, e poi a Parigi, presso la corte di Luigi XIII, dove visse e lavorò anche per conto del cardinale Richelieu, a partire dal 1639. Le sue tracce, e quelle della sua opera, si persero però durante tutto il XVIII e XIX secolo, non solo ma anche a causa delle guerre per l’indipendenza che sconvolsero la sua terra natale.
UN ARTISTA ENIGMATICO
De la Tour resta perciò oggi un artista enigmatico, che ritrae i santi come barboni di strada, senza aureola né attributi iconografici, e che predilige soggetti tratti dal popolo, come i mendicanti – assai espressivo l’olio dei due poveri Mangiatori di piselli, scoperto negli Anni Settanta in una collezione privata di Lugano e ora alla Gemäldergalerie di Berlino – dipingendo in generale poveracci di strada, gente di basso rango più che modelli storici o personaggi altolocati. I pochi quadri riconosciuti come autografi sono perlopiù di piccolo o medio formato, intimi, privi di sfondo paesaggistico, notturni e, soprattutto nella presunta ultima fase artistica, quasi dei monocromi dall’impianto geometrico, semplice ma modernissimo per l’epoca.
Nonostante l’alone di mistero che avvolge l’artista lorenese e la sua opera, da decenni ormai Georges de La Tour è uno dei pittori prediletti dai francesi, anche grazie alle due antologiche allestite a Parigi nel 1972 e nel 1997, che ne hanno svelato la maestria al grande pubblico. Nel corso dell’ultimo secolo si è potuto constatare infatti che molti dipinti, in parte attribuiti ad autori nordici (perlopiù i ritratti notturni) o a contemporanei di scuola spagnola, come Zurbarán o Ribeira, in realtà erano opera di una sola mano: quella di un pittore lorenese, già apprezzato all’età di 17 anni, originale per la mistura di spiritualità e di realismo, sempre in bilico fra delicatezza e brutalità.
Inevitabile il paragone con un altro insigne pittore della pittura barocca, l’inquieto Caravaggio, con il quale il francese condivide il senso drammatico, teatrale, della composizione e lo studio accurato della luce, anche se non si sa se de La Tour abbia mai intrapreso un viaggio in Italia o ci sia mai stato un contatto fra i due maestri.
L’OMAGGIO DEL PRADO
Il Prado è tra i pochi musei al mondo “autorizzati” a trattare di de la Tour perché possiede nelle sue collezioni due autentici capolavori del maestro francese, entrambi peraltro di recente acquisizione. Il bellissimo Cieco che suona la zampogna – olio proveniente nel 1991 dal fondo Villaescusa e autenticato da Pierre Rosenberg un anno prima – è un intenso ritratto di anziano visto di profilo, con in mano uno strumento musicale descritto con realismo e precisione, forse parte di un dipinto di dimensioni maggiori. Dal 2005, invece, il commuovente San Geronimo che legge una lettera è in deposito permanente nelle gallerie del Prado grazie alla scoperta, del tutto casuale, di José Milicua, membro del patronato del museo, in un fondo del Ministero del Lavoro spagnolo. Il personaggio a mezzo busto è il santo eremita visto in realtà come un vecchio prelato assorto nella lettura di una carta ufficiale, con tanto di lornette in mano.
La mostra di Madrid raccoglie 31 delle 40 opere considerate più o meno unanimemente dagli studiosi come autografe, malgrado solo 18 siano firmate dal pittore e soltanto 4 siano datate. Curatori dell’esposizione sono Andrés Ubeda, conservatore-capo della sezione di pittura francese e italiana del Museo del Prado, e Dimitri Solomon, del Museo del Louvre, entrambi considerati tra i massimi esperti di de La Tour. Insieme hanno selezionato un magnifico percorso con opere di straordinario impatto visivo, provenienti per la maggior parte dalla Francia, dal Louvre e dai musei provinciali, ma anche dal Paul Getty Museum di Los Angeles, da Fort Worth in Texas e dal Met di New York.
Tra tutti i capolavori, valgono da soli il prezzo del biglietto il giovanile Lotta fra musicisti, rappresentazione di grande dinamicità e dal sapore “pitocchesco”; La buona ventura del Met, bel quadro diurno su tema caravaggesco, trattato però con dettagli coloristici alla Vermer; il duplice Il baro dell’asso di fiori, gemello del Baro dell’asso di quadri, identici nell’impianto ma leggermente diversi nei dettagli dei costumi e delle pose; e, infine, la Donna che si spulcia, colta nell’intimità di un gesto poco nobile, ma carico di sensualità e di fragilità umana.
Da non perdere anche il catalogo, ben confezionato e documentato.
Federica Lonati
Madrid // fino al 12 giugno 2016
Georges de la Tour
a cura di Andrés Ubeda e Dimitri Solomon
MUSEO DEL PRADO
Calle Ruiz de Alarcón 23
[email protected]
www.museodelprado.es
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