Bufera street art a Bologna. Blu cancella le sue opere
È successo questa notte: Blu ha cancellato buona parte dei suoi murales, fra i migliori in Italia e nel mondo. Lo ha fatto in segno di protesta contro gli ormai famigerati strappi effettuati nelle scorse settimane. Ma non è un clamoroso autogol?
Che la storia sarebbe andata avanti a lungo, con strascichi a non finire, era prevedibile. Perché gli strappi di pezzi di Street Art a Bologna hanno creato un precedente complicato e discutibile, su cui abbiamo ragionato nelle scorse settimane anche su Artribune, ospitando voci e posizioni anche molto differenti fra loro. Quella che però è mancata in maniera lampante è stata la voce degli artisti, molti dei quali hanno scelto di non intervenire nel dibattito. Almeno non con dichiarazioni a mezzo stampa.
Poi però c’è stato un post su Instagram di Ericailcane: uno dei suoi ratti enormi che brandisce un muro, o quel che ne resta. Titolo: Zona derattizzata. Testo: “Zona bonificata da: tombaroli, ladri di beni comuni, sedicenti difensori della cultura; restauratori senza scrupoli e curatori prezzolati, massoni, sequestratori impuniti dell’altrui opera d’intelletto; adepti del dio denaro e loro sudditi”. Dedica: “Per tutti quelli che non rispettano il bene comune ed il lavoro altrui, capaci solo di rubare e vivere da parassiti”. Una presa di posizione inequivocabile.
Il passo successivo, se così vogliamo dire, lo ha fatto Blu proprio questa notte, fra l’11 e il 12 marzo 2016. Una notte – simbolica e fondamentale nella storia di Bologna, poiché l’11 marzo del 1977 venne ucciso in zona universitaria lo studente Francesco Lorusso – in cui il più celebre street artist italiano (e uno tra i più apprezzati al mondo) ha cancellato le proprie opere dai muri e dalle strade di Bologna (come aveva fatto un anno fa a Berlino), a pochi giorni dall’inaugurazione della mostra che ha scatenato tutte queste polemiche, in programma il 17 marzo a Palazzo Pepoli. Anche questa volta, nessuna dichiarazione da parte dell’artista, ma un commento in tempo reale da parte del collettivo Wu Ming.
Lo abbiamo scritto e ripetuto più volte: dal punto di vista giuridico, la proprietà intellettuale resta naturalmente a chi l’opera l’ha realizzata. Che quindi ha piena facoltà di farne ciò che vuole: di opporsi alla sua esposizione in contesti che considera lesivi della sua immagine, o anche di distruggerla, cancellarla, rimuoverla. Il punto però è che un’opera che nasce in strada, che quella strada la abita, che dialoga con il territorio circostante e con i suoi abitanti, di fatto diventa – senza retorica – un’opera d’arte pubblica. Pubblica. E se proprio questo è un motivo per opporsi a operazioni di strappo come quelle condotte da Roversi Monaco, allora il gesto di Blu si configura, nella migliore delle ipotesi, come un fragoroso cedimento alle medesime logiche.
Certo, gli attori sono radicalmente diversi, ma il risultato è evidentemente il medesimo: quelle opere non saranno più visibili ai cittadini e Bologna (e l’Italia) ne risulterà chiaramente impoverita dal punto di vista culturale. Una forma di luddismo che rischia di fatto di darla vinta ai promotori della musealizzazione, per “salvare” le opere dalla distruzione, dall’incuria, dal deperimento e – ora si potrà dire anche questo – dai “colpi di testa” dei loro autori. Un clamoroso autogol anche e soprattutto ideologico.
Marco Enrico Giacomelli
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