Scrivere con la luce. Le storie di Giulio Obici
Giornalista, scrittore, fotografo. Ma anche voce narrante di un secolo denso, vissuto in prima linea, con sguardo vigile e con il piglio ironico che solo la consapevolezza può regalare. Tutto questo è Giulio Obici, autore di un racconto per immagini e parole, capace di unire l’aneddoto alla Storia, il dettaglio all’universale, sull’onda di due passioni complementari e imprescindibili.
SCRITTURA E FOTOGRAFIA
È un libro da leggere tutto d’un fiato Il flâneur detective, una vera e propria trama di memorie intessuta da Giulio Obici, fotografo e scrittore autodidatta, scomparso nel 2011. Con Venezia – la sua città d’origine – nel cuore, Obici ha cavalcato il Novecento, affidando a una naturale impazienza narrativa le redini del suo intero vissuto. Una narrazione duplice, che ha saputo correre su binari paralleli e speculari, attratti l’uno dall’altro a partire da una matrice comune: la curiosità verso il mondo e la necessità di rappresentarlo.
Parole e immagini compongono il vocabolario di Obici sin dall’infanzia, quando, complice una famiglia di giornalisti, la scrittura divenne per lui un’esigenza impellente e uno straordinario mezzo per “impossessarsi, con la mente e con le mani, della vita: e studiarla, e fermarla nel tempo e proiettarla nel futuro”. Fin dall’inizio, laddove la scrittura si inceppava, era l’immagine a venirle in soccorso, sancendo un connubio destinato a trovare nella fotografia la metà mancante. Dalla scrittura inchiostrata a quella che rintraccia nella luce la sua sostanza il passo è breve e, nella vita di Obici, i confini tra le sue passioni più grandi si assottigliano con la crescente consapevolezza della loro forza. Nei racconti del fotografo, gli scatti sembrano intervallare le parole, come a riempire le pause di respiro che le separano.
UNA MOSTRA A VENEZIA
Il medesimo sistema narrativo emerge anche dall’allestimento della mostra ospitata dalla Casa dei Tre Oci di Venezia fino al 28 marzo, nell’ambito della rassegna Tre Oci Tre Mostre. Intitolata come il volume, l’esposizione restituisce una galleria di immagini intense, puntuali, raccolte da Obici tra le strade dei luoghi vissuti, cui la scrittura, presenza silenziosa ma eloquente, fa da sponda, bilanciando gli equilibri. Del resto, la palestra visiva dell’autore è stata una città fra le più complesse al mondo, in grado di reggersi su regole statiche miracolose e di fornire un racconto di sé sempre mutevole. Vivendo in mezzo a un mosaico di riflessi, l’equilibrio è d’obbligo.
Eppure, fu proprio grazie a un gioco di inaspettati riflessi che Obici riconobbe l’amore per la fotografia. Galeotti i serramenti non funzionanti della sua stanza di bambino, affacciata sul Canal Grande, e complice una fessura, attraverso la quale gli stralci della realtà esterna si proiettavano, capovolti, sulla parete opposta. Una camera oscura a misura di infanzia, la cui magia sarebbe sopravvissuta alla guerra e alla fame, alla paura dei nazisti e delle retate da parte di una famiglia impegnata nella Resistenza e orfana di un quotidiano, Il Gazzettino, fondato dal bisnonno di Obici nel 1887 ma preso in ostaggio dai fascisti negli Anni Trenta.
TRA SCATTI E GIORNALISMO
Scrittura e luce continuarono a brillare fra le mani del fotografo e giornalista, via via che la maturità bussava alle porte, unendosi in un incastro perfetto nell’immediatezza dello scatto, in quel “click” che suggella l’identità della fotografia: “l’unica arte che si realizzi con un gesto solo, rapido, inesorabile, sempre uguale nel tempo eppure sempre nuovo”. O continuando a correre su binari paralleli, assicurando a Obici due strumenti preziosi, disponibili in qualsiasi momento. E allora anche Milano, città d’adozione, dalla “modernità immobile”, si presta a essere ritratta, a suon di luce e immediatezza, mentre la scrittura inchiostrata prende la parola come testimone comprimario della realtà quando Obici risponde all’urgenza del giornalismo, documentando gli anni plumbei delle Brigate Rosse o i tanti, affollati processi in tribunale. Parole e fotografia, con Obici, diventano lessico e sintassi di una scrittura multipla, che, forse, trova la sua collocazione ideale sulla famosa linea di mira di cui parlava Cartier-Bresson, allineando occhio, cuore e mente.
Arianna Testino
Giulio Obici – Il flâneur detective. Tra fotografia e racconto i ricordi degli anni più belli
Marsilio, Venezia 2015
Pagg. 126, € 16,50
ISBN 9788831721370
www.marsilioeditori.it
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