Inaugura la Biennale d’Architettura di Venezia. Le prime immagini dalla mostra internazionale
Non si sottrae neppure alle domande sulle didascalie che unificano tutto il percorso della 15. Mostra Internazionale di Architettura, il direttore Aravena durante la conferenza stampa di presentazione della sua Biennale. Un botta e risposta con i giornalisti – 2900 quelli accreditati, di cui 1730 stranieri – nel quale i grandi assenti sono, volutamente, propri […]
Non si sottrae neppure alle domande sulle didascalie che unificano tutto il percorso della 15. Mostra Internazionale di Architettura, il direttore Aravena durante la conferenza stampa di presentazione della sua Biennale.
Un botta e risposta con i giornalisti – 2900 quelli accreditati, di cui 1730 stranieri – nel quale i grandi assenti sono, volutamente, propri i “soliti nomi”.Nessuno (archistar, studi di architettura, collettivi) viene mai espressamente citato, “non per ragioni di pregiudizio, ma perché a partire dalla sala alle mie spalle qui contano i risultati concreti”, ha spiegato il direttore. Un’esplicita scelta comunicativa dettata dalla volontà, peraltro ampiamente annunciata, di sfruttare l’occasione offerta da Venezia per ribadire l’urgenza di una questione priva di limiti geografici, quella che Aravena ha definito la “banalità e mediocrità nelle nostre città”.
Una necessità di azione cui mal si addicono le etichette di “Biennale dei poveri e umanitaria” che pure da più parti sono già tuonate dopo il primo giorno di anteprima, probabilmente nate dall’approccio cantieristico rivelato dalle prime immagini della mostra Reporting from the front. Estraneo dal proporre “forme di puro intrattenimento” e dunque spettacolari interventi restituiti con supporti altamente tecnologici – come pure è stato nella storia delle mostre di architettura – l’evento centrale della Biennale vuole “allargare il campo di visione e favorire l’interazione” con “visita di qualità”. L’obiettivo? Raggiungere, anche con il ricco programma di talk, un “pubblico plurale, composto da opinion leader, professionisti e utenti”.
PAESAGGI IN VIA DI RIQUALIFICAZIONE
Per “parlare la lingua dell’urgenza e della speranza”, senza celebrare i grandi successi, ma le azioni capillari capaci di “rischiare proposte coraggiose” l’allestimento di Reporting from the front mette in campo da subito l’arma del riuso e riciclo, assegnando a 10.000 mq di cartongessi e 14 chilometri di strutture metalliche recuperate dalla Biennale 2015 il ruolo di “avanguardia visiva” tra esterno ed interno dell’Arsenale. Ma accanto a questa operazione, si affianca una scelta sul fronte del metodo: in mostra infatti anche il “dietro le quinte”, la genesi dell’esposizione stessa, restituita per “lasciarvi liberi di farvi un’idea del nostro work in progress”, in un ’ottica di “sharing the process, not the product”. Il registro cambia dunque fin dal primo sguardo – “Se dieci anni fa – come ha ricordato il Presidente Baratta – i nostri spazi erano disponibili ad accogliere il gioco degli architetti attraverso grandi progetti, oggi osserviamo i paesaggi costruiti con l’intento di riqualificarli”, trovando immediata coerenza in una successione di proposte, nella quale l’impiego di materiali a basso costo diventa linguaggio comune e condiviso. In questa ottica, nell’allestimento al padiglione centrale, ad emergere sono gli interventi che si misurano con il bambù – come quelli del colombiano Simon Velez e soprattutto dei vietnamiti di Vo Trong Nghia Architects, artefici anche del padiglione del paese asiatico ad Expo Milano 2015 e autentici specialisti della preziosa risorsa naturale – ma anche la scenografica volta in mattoni crudi e cemento del paraguaiano Solano Benitez che per “trasformare la scarsezza in abbondanza”, impiega manodopera non qualificata e terra, i due “materiali più reperibili”, in risposta alle esigenze abitative. Inutile dire quanto sia elevato il rischio di cadere nel banale
-Valentina Silvestrini
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