François Morellet nel ricordo di chi l’ha sostenuto per 30 anni
È scomparso nella notte tra il 10 e l’11 maggio scorsi, l’artista francese François Morellet. Minimalista ante litteram, scultore con i tubi al neon, aveva nella galleria Invernizzi di Milano un luogo di amicizia e sostegno impareggiabili. E proprio a Epicarmo Invernizzi abbiamo chiesto un suo ricordo, a poco meno di un mese dalla morte dell’artista.
Abbiamo incontrato François Morellet [scomparso nella notte fra il 10 e l’11 maggio scorsi, N.d.R.] a metà degli Anni Ottanta, presentato dal comune amico Gianni Colombo e, sin da quell’incontro, è nata una reciproca simpatia che ben presto è diventata amicizia.
Nel 1994, in occasione dell’apertura della galleria, abbiamo presentato una sua mostra in relazione alle opere di Dadamaino e Günther Uecker e sino ad oggi abbiamo organizzato, sia negli spazi della nostra galleria sia in spazi pubblici, dieci mostre personali di Morellet, oltre a numerose mostre collettive in musei e fondazioni in Italia e all’estero.
La nostra collaborazione si è sempre basata su un rapporto di massima intesa, sia con lui che con la moglie Danielle e il figlio Friquet, ed è stata rafforzata dall’entusiasmo che François ha sempre manifestato in ogni occasione, una vivacità appassionata e propositiva come se ogni volta fosse la sua prima mostra personale.
Abbiamo deciso con Michel Verjux di dedicare a François, nostro comune amico, il catalogo della mostra personale di Verjux, ora in corso in galleria, definendolo come “spirito birichino, ironico e inventivo”.
Birichino perché, come un bimbo, mai stanco di stimolare con il proprio gioco, ha sempre ricercato nuove possibilità di divertimento: in lui la purezza del fanciullo trovava espressione attraverso la consapevolezza dell’adulto. Ricordo, ad esempio, durante un nostro incontro a Milano – era il periodo in cui erano usciti i primi traduttori simultanei elettronici – l’innocenza e lo stupore con cui si divertiva a giocare con questi nuovi strumenti nonostante comprendesse la lingua italiana.
L’ironia e il divertissement sono sempre state parti caratterizzanti del suo essere, un’unicità che poi ha trasposto nelle sue opere con titoli che giocano sull’uso della lingua sia francese che inglese alla ricerca del palindromo che rovesciasse la nostra visione, del doppio senso che, nella specularità distorta, aprisse a una nuova sperimentazione comunicativa.
È dagli Anni Cinquanta che Morellet crea opere innovative e libere da vincoli restrittivi per andare a invadere tutto il campo dello spazio.
Credo sia uno dei pochi artisti che, facendo uso di differenti materiali, ne abbia disperso la fisicità della materia e, in tensione ideativa, abbia creato una nuova immagine.
Indimenticabili sono i nostri incontri nella sua casa a Cholet, dove i Morellet e i loro assistenti hanno reso ogni volta la nostra visita eccezionale.
François veniva a mostrarci lo studio e le opere esposte nello spazio espositivo attiguo dove la sua visionarietà si rinnovava continuamente parlando delle sue suggestioni di fronte ai lavori.
Nel nostro penultimo incontro davanti all’opera 3D bandes décimées si divertiva a individuare animali all’interno delle geometrie create matematicamente e con grande ironia diceva: “Dopo oltre sessant’anni di opere astratte, ora sono diventato un pittore figurativo!”.
Luogo magico e straordinario era inoltre quello che lui definiva il pensatoir dove progettava anche le sue installazioni e pareva di essere nella fucina di Vulcano: mentre il dio del fuoco dava forma alla materia incandescente nel crogiuolo, Morellet attraverso formule matematiche destrutturava le geometrie e dava corpo all’enigma dell’opera facendola vibrare di misteriosa energia.
Grazie al suo lavoro, ancora oggi, abbiamo la possibilità di viaggiare sull’onda dell’immaginazione.
Epicarmo Invernizzi
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