Il ritorno del Super8. Cinema in festival a Pesaro

Da sempre punto di riferimento per il cinema di ricerca, la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro presenta quest'anno, fino al 9 luglio, un programma ricco e interdisciplinare. Con una serie di novità e un importante approfondimento dedicato al Super 8.

Giunta alla sua 52esima edizione, la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro offre on una nuova sezione chiamata Satellite – Visioni per il cinema futuro (dedicata a opere extra-industriali), Corti in Mostra – Animatori italiani oggi, una selezione dei più significativi cortometraggi realizzati in Italia, un programma dedicato ai Critofilm, la retrospettiva del regista algerino Tariq Teguia, la presentazione del film Queen Kong e la tavola rotonda dedicata al porno al femminile in collaborazione con la rivista 8 e ½ e Lezioni di storia – Videoteppismi.
Il programma prevede, inoltre Super 8, il focus sulle opere realizzate nello storico formato da Giuseppe Baresi e John Porter, a cura di Karianne Fiorini e Gianmarco Torri, che hanno approfondito insieme a noi i punti chiave della rassegna.

Per il secondo anno la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro si occupa di filmmaker che lavorano con il Super 8. Perché questa scelta?
Abbiamo proseguito un’attività di valorizzazione di cinema underground avviata già da diversi anni in altri contesti, con il primo anno della direzione di Pedro Armocida. La scelta di concentrarsi su filmmaker che usano come mezzo di espressione il formato substandard Super 8 nasce dal desiderio di mostrare la vitalità e la vivacità di un formato obsoleto, di un mondo artistico-cinematografico ai margini, che rifiuta le logiche di un sistema produttivo classico e che si ostina a usare un medium nato essenzialmente per il cinema amatoriale a metà degli Anni Sessanta. Il confine sottile tra professionalità e amatorialità, tra riflessione e istinto, tra arte e artigianato è uno degli aspetti che ci interessa esplorare. Oltre all’aspetto performativo che caratterizza questo tipo di cinema: la proiezione in sala come evento unico, irripetibile, determinato dalla partecipazione e coinvolgimento diretto del filmmaker. Quest’anno, l’elemento di unicità è costituito anche dal fatto che entrambi i cineasti (Giuseppe Baresi e John Porter) proietteranno i loro originali Super 8, una scelta decisamente rara e controcorrente. Non dimentichiamoci che la pellicola, diversamente dal digitale, cambia a ogni proiezione, si deteriora, si graffia, può persino rompersi.

Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro 2016 - Giuseppe Baresi

Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro 2016 – Giuseppe Baresi

Rispetto alla scorsa edizione in cui avete invitato Philippe Cote, Jaap Pieters, Helga Fanderl, Livio Colombo e Giulia Vallicelli, quali sono le differenze e/o le continuità curatoriali con il programma di quest’anno, in cui presentate Giuseppe Baresi e John Porter dal Canada, i cui lavori sono difficilissimi da vedere in Europa?
Ci sono elementi di continuità, legati alla natura del supporto e alle modalità in cui viene mostrato, come per esempio il fatto di mettere il proiettore in mezzo al pubblico ed esibire il dispositivo, per ritrovare una materialità dell’immagine e del suo formarsi. O l’attenzione a un certo modo in cui il Super 8 consente di “condensare” il tempo (una serie di film di John Porter si chiama condensed rituals) o di acuire lo sguardo (è il caso dei taccuini filmati di Giuseppe Baresi). O la proposta/difesa di un cinema totalmente artigianale e a bassissimo costo, che John Porter chiama $50 budget film. Una bobina Super 8 è sufficiente per restituire uno sguardo personale sul mondo che ci circonda. Ci sono anche elementi di novità che siamo molto curiosi di sperimentare. Nel caso di John Porter una modalità unica di interagire con i suoi film in sala, lui è un vero performer. Lo sentiremo parlare e recitare sui suoi film, lo vedremo entrare nell’immagine o muoversi in sala con il proiettore in spalla per creare effetti del tutto inaspettati. Nel caso di Baresi, si tratta di qualcuno che non ha mai concepito i suoi Super 8 come opere finite, e insieme a lui abbiamo deciso di presentare una selezione di sue pellicole come un work in progress sul suo archivio privato, un lavoro che in futuro senz’altro troverà altre forme. Mostreremo il lavoro che abbiamo fatto, renderemo partecipe il pubblico di un processo di riscoperta e riflessione su materiali che sono rimasti quasi totalmente inediti per tre decenni.

In diversi paesi sono attivi collettivi di produzione, sviluppo, distribuzione di film in Super 8 che vengono mostrati in proiezioni-performance dal vivo. Potreste parlarci dell’aspetto performativo delle proiezioni?
Un aspetto performativo è già nell’utilizzo del proiettore a vista. Questa scelta produce un particolare rapporto col pubblico, che ormai è abituato a un’immagine immateriale, che si forma non si sa dove. In questo caso i filmmaker, tutti quelli presentati, sono loro stessi i proiezionisti, considerano questo gesto parte integrante del fatto di mostrare la loro opera, di relazionarsi con i film, con la sala e con il pubblico. Il loro corpo, le loro capacità, le loro esitazioni o i loro errori diventano parte di un processo che vediamo all’opera. Poi c’è un aspetto performativo che molto spesso è dettato dalla necessità di aggiungere una colonna sonora a queste pellicole che in origine sono mute. A seconda della poetica degli autori, alcuni preferiscono affidarsi al ritmo puro dell’immagine e del montaggio in macchina (Helga Fanderl, Jaap Pieters e Philippe Cote), altri pensano a forme di sonorizzazione dal vivo, come l’anno scorso per alcuni film di Giulia Vallicelli e Livio Colombo. Poi c’è la parola o la recitazione vera e propria, come nel caso di John Porter.

Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro 2016 - Giuseppe Baresi

Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro 2016 – Giuseppe Baresi

Da anni vi occupate di film di famiglia e di archivi. Come interpretate l’interesse e la rinascita del formato Super 8, a pochi mesi dalle celebrazioni del cinquantesimo anniversario di questo formato?
L’aspetto dell’anniversario non è così determinante. In effetti sono più di dieci anni che lavoriamo sui formati ridotti e su questo tipo di cinema, come archivisti e/o programmatori di cinema indipendente e underground. Il Super 8 ci interessa molto perché mette in risalto un diverso tipo di rapporto con il fare cinema, con l’osservazione e la restituzione di uno sguardo sul mondo. È un formato che permette un cinema intimo, personale, gestuale. E continua una tradizione extra-industriale che oggi può essere praticata anche con il digitale, ma che trova la sua origine nell’utilizzo da parte dei cineasti sperimentali dei mezzi economici e semplici degli amatori, prima il 16mm (negli Anni Trenta, Quaranta e Cinquanta), poi l’8mm e il Super 8. C’è senza dubbio una rinascita di attenzione, dovuta a un ritorno o a una necessità generale di fisicità, materialità nell’arte e nel cinema. Spesso però ci si limita a considerazioni di superficie, quasi come se il Super 8 fosse un filtro di Instagram, solo un’apparenza vintage dell’immagine, o un richiamo al passato. È meno diffusa un’attenzione più precisa, legata alle possibilità e alle caratteristiche specifiche di questi formati e di questi strumenti per fare cinema oggi. È qui che cerchiamo gli autori che ci interessano. Si tratta di possibilità diverse rispetto a quelle del digitale, che vanno esplorate fino in fondo.

Rispetto alla scena italiana pensate vi sia la stessa vivacità presente in altri paesi europei o negli Stati Uniti?
In Italia l’attenzione per le possibilità di fare ancora cinema in Super 8 è forse più recente, mentre altri paesi europei hanno una tradizione più continuativa nell’ambito di laboratori artigianali e autogestiti che supportano questa produzione, uno dei più noti è L’abominable a Parigi. Esistono però alcune esperienze interessanti e in crescita, pensiamo per esempio al festival Analogica o a Unza! a Milano, che sta aprendo proprio in questi mesi u nlaboratorio condiviso e che da anni organizza anche workshop di formazione sul Super 8 in giro per l’Italia. La cosa interessante è la collaborazione internazionale, ci sono una rete e un vero movimento che si supportano a vicenda nella scambio di conoscenze, programmi di film, attrezzature tecniche.
Proprio nei prossimi giorni a Nantes c’è l’incontro internazionale ReMi (Re-Engineering Moving Image) dedicato alla diffusione di conoscenze tecniche sul supporto filmico analogico.

Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro 2016 - Jaap Pieters

Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro 2016 – Jaap Pieters

Ci sono festival o appuntamenti cinematografici che seguite con particolare interesse, vicini al vostro ambito di ricerca? 
Ci sono alcuni appuntamenti specializzati in Europa, negli Stati Uniti e in Canada. Pensiamo a Festival des Cinéma Differénts di Parigi, Cinema Project a Portland (Oregon), Media City Film Festival a Windsor (Ontario) al Dresdner Schmalfilm Tage a Dresda, Videoex Internationales Experimentalfilm & Video Festival Zürichs, (S8) Mostra de Cinema Periférico di La Coruna, solo per citarne alcuni. Poi ci sono alcuni festival maggiori che mantengono alta l’attenzione su questo tipo di cinema, tra i quali il Rotterdam International Film Festival, Cinéma du Réel a Parigi, gli Etats Généraux du Film Documentaire a Lussas, Internationale Kurzfilmtage di Oberhausen. Importanti sono anche le conferenze e i simposi legati ad attività di salvaguardia del patrimonio cinematografico, che sono sempre accompagnati da cicli di proiezioni, e che presuppongono un preliminare lavoro d’archivio.

Karianne, in che modo porti avanti questo lavoro congiunto che contempla da una parte l’aspetto archivistico e dall’altro un progetto curatoriale legato a cineasti che lavorano in Super 8? Quali sono i progetti a cui stai lavorando?
In diverse edizioni di AMIA Conference ho presentato progetti di recupero archivistico di collezioni filmiche amatoriali, ma seguo anche gli incontri del Cinema Ritrovato, di Rencontres INEDITS/Films Amateurs-Memoire d’Europe, l’Home Movie Summit, l’Orphan Film Symposium, il Privat-Vorstellung Internationales Festival des Amateurfilms di Francoforte. Ho da poco concluso la prima parte di un lavoro di recupero e valorizzazione dell’archivio filmico di Helga Fanderl, che nella sua carriera ha girato circa 900 film in Super 8. Insieme all’artista abbiamo appena pubblicato il catalogo integrale dei suoi film sul sito e stiamo lavorando alla seconda parte del progetto, che prevede la pubblicazione di un catalogo ragionato delle sue opere. È cominciato un lavoro simile sull’archivio di Giuseppe Baresi e di Jaap Pieters. È in questa direzione che si può coniugare un lavoro archivistico di salvaguardia, ordinamento e valorizzazione dei materiali e una riflessione rigorosa sulle modalità curatoriali per continuare a mostrare e far vivere questo cinema.

Lorenza Pignatti

www.pesarofilmfest.it

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati