Cultura vs conflitto. L’esempio di Ahmad Naser Sarmast

In concomitanza con i tragici fatti accaduti in Bangladesh, al musicologo afgano Ahmad Naser Sarmast è stato assegnato il Cultural Heritage Rescue Prize, omaggio alla lotta in difesa della cultura condotta nel suo paese d’origine. Francesco Rutelli, presente a Spoleto durante la cerimonia di consegna, ha condiviso con noi alcune riflessioni sulla necessità di mantenere vivo il coraggio di difendere la propria libertà. Entro e oltre i confini della cultura

Mentre assassini infami uccidono e terrorizzano, noi vogliamo premiare l’eroe di Kabul che attraverso la musica e l’arte sfida i talebani: alleva giovani che rifiutano la violenza anche a rischio della loro vita”. Avrebbe certamente fatto volentieri a meno, Francesco Rutelli, di cambiare alcuni passaggi del discorso tenuto nei giorni scorsi a Spoleto in occasione della consegna del secondo Cultural Heritage Rescue Prize. Ma la cronaca era – drammaticamente – in agguato: e proprio nelle ore in cui si accingeva a prendere la parola presso il Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti, arrivavano dal Bangladesh le notizie dell’ennesima strage integralista, che nel ristorante di Dacca aveva lasciato 20 morti fra i quali 9 italiani. Un fatto di cronaca: che con sinistra coincidenza entrava direttamente nel cuore di questa iniziativa, un premio internazionale assegnato dall’Associazione Priorità Cultura, di cui Rutelli è presidente, “ai Coraggiosi che salvaguardano, mettendo a rischio la propria vita, il Patrimonio Culturale a rischio”. E come vincitore dell’edizione 2016 – la seconda, dopo quella del 2014 che vide premiato Maamoun Abdulkarim, impegnato nella difesa dell’arte in Siria – veniva in quell’occasione premiato il musicologo afgano Ahmad Naser Sarmast, “una personalità che quotidianamente lotta e rischia la vita in Afghanistan, e ha improntato il suo impegno alla libertà della cultura, per dare un futuro alla gioventù afgana”.

Un momento della premiazione a Spoleto (foto Gabriel Stabinger)

Un momento della premiazione a Spoleto (foto Gabriel Stabinger)

UN EROE DELLA CULTURA
Inevitabile stabilire dei paralleli fra le due realtà: Bangladesh e Afghanistan, due stati sud-asiatici non vicini geograficamente, ma egualmente gravati da conflitti sociali e politici nei quali la componente religiosa è sempre dominante. E due situazioni nelle quali tiene banco la crisi delle nuove generazioni: se a Dacca infatti le indagini confermano che fra gli autori dell’attentato c’erano molti giovani – peraltro provenienti da famiglie altolocate e con ottimo livello di istruzione –, a Kabul ci sono gruppi di giovani che cercano di ritrovare la propria identità e di ritagliarsi delle prospettive grazie alla cultura. Ed in particolare grazie alla musica: ed è qui che si inserisce l’attività di Ahmad Naser Sarmast, fondatore in Afghanistan di un’importante scuola di musica, che ha continuato a gestire e sostenere nonostante sia rimasto gravemente ferito in un attentato suicida. “I talebani, che sono ancora influenti nel Paese, hanno sempre avversato la musica, come molte altre espressioni creative”, chiarisce ad Artribune Francesco Rutelli, quando lo intervistiamo per contestualizzare i meriti del musicologo. “Per sei anni in Afghanistan è stata del tutto proibita ogni forma di musica: esisteva una sola stazione radio, gestita dai militari. Oggi invece il governo sostiene attivamente l’operato di Sarmast: lui in patria viene finalmente riconosciuto come un eroe della Cultura, e anche questo premio che noi gli abbiamo attribuito ha avuto molta eco”.

Ahmad Naser Sarmast nella sua scuola a Kabul

Ahmad Naser Sarmast nella sua scuola a Kabul

LA MUSICA È UN LINGUAGGIO UNIVERSALE DI PACE
Molti popoli, e le loro giovani generazioni, si trovano quotidianamente a scegliere tra oscurità e apertura. Tra cultura e paura”, ha dichiarato il Presidente dell’Associazione Priorità Cultura in occasione della consegna a Spoleto. “La lezione di Sarmast è chiara: la musica è un linguaggio universale di pace; al suono della musica si possono costruire rispetto, rigetto della violenza, e profondi e duraturi incontri di civiltà“. Una lezione sottolineata anche da Bonnie Burnham, Presidente Emerita del World Monuments Fund, che nella sua laudatio ha dichiarato: “Il Patrimonio Culturale non è rappresentato solo da beni tangibili o luoghi. La perdita delle tradizioni culturali è un problema gravissimo di cui dobbiamo occuparci. Sarmast ha compiuto un’impresa eroica nel cercare di salvare la tradizione culturale del proprio paese, l’Afghanistan, contrastando la repressione brutale dei Talebani a rischio della vita. Il suo coraggio e il suo impegno meritano di essere riconosciuti”. Tutto bene sul fronte afgano, dunque? Non proprio, come ci illustra ancora Francesco Rutelli: “Sarmast ha incontrato il Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, e a lui ha avanzato tre richieste utili a sostenere il suo impegno per una cultura che sostenga gli sforzi dei giovani afgani: e che Franceschini si è impegnato a soddisfare. La possibilità di pensare a dai momenti di formazione per i giovani musicisti del Paese in Italia, e su questo il ministro ha indicato la Scala di Milano come possibile referente; la possibilità di ospitare a Kabul musicisti e insegnanti italiani; e poi un aiuto al governo per aprire nuove scuole di musica in centri minori dell’Afghanistan, sull’esempio della sua scuola attiva nella capitale Kabul”.

Massimo Mattioli

www.prioritacultura.it

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Massimo Mattioli

Massimo Mattioli

É nato a Todi (Pg). Laureato in Storia dell'Arte Contemporanea all’Università di Perugia, fra il 1993 e il 1994 ha lavorato a Torino come redattore de “Il Giornale dell'Arte”. Nel 2005 ha pubblicato per Silvia Editrice il libro “Rigando dritto.…

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