ICOM Milano 2016. I musei del mondo si raccontano
Si conclude oggi nella metropoli lombarda la conferenza che chiama a raccolta i musei internazionali afferenti all’Icom, l’associazione mondiale in cui confluiscono quasi quarantamila realtà. Mentre i lavori sono ancora nel vivo, alcune riflessioni sulle giornate.
APPUNTAMENTO A MILANO
Per una settimana Milano è cuore e cervello dei musei del mondo, per dirla con Alberto Garlandini, presidente del comitato organizzatore di ICOM Milano 2016.
Dal 3 al 9 luglio, infatti, la città ospita la 24esima Conferenza generale dell’ICOM (International Council of Museums), l’associazione mondiale dei musei e dei professionisti museali creata nell’ambito di UNESCO nel 1946 e che oggi conta 36mila membri e 174 comitati nazionali e internazionali, ammessi dopo un’attenta valutazione del loro curriculum e delle loro attività. Complice il legame con UNESCO, ICOM cura due missioni fondamentali: il Blue Shield, – la task force che si attiva quando un Bene Culturale è in pericolo a causa di rischi legati soprattutto a situazioni di conflitto bellico e terrorismo – e la compilazione delle cosiddette Red List delle opere trafugate, in collaborazione con l’Interpol e le forze dell’ordine di tutte le nazioni. È provvisto di un comitato sull’etica dei musei, e tutte le sue attività sul piano internazionale si svolgono nelle tre lingue ufficiali, il francese, l’inglese e lo spagnolo.
In queste ore, 3300 partecipanti da 130 paesi si stanno incontrando a Milano per discutere del ruolo del museo nella società contemporanea. L’elenco degli incontri è talmente fitto da rendere impossibile la pianificazione di un’agenda personale ben ragionata. Ogni comitato –trenta in totale, fra cui AVICOM, impegnato sul fronte delle nuove tecnologie e degli audiovisivi museali, CECA, che si occupa degli aspetti educativi e CIDOC, referente nell’ambito della documentazione, ma anche delle collezioni musicali, del marketing, della formazione del personale – propone una scaletta di interventi, dibattiti e workshop che avvengono in simultanea.
Programma alla mano e scatti felini, ci si precipita da una sala all’altra per ascoltare, prendere appunti, riflettere. Overwhelming (travolgente, straripante) è l’aggettivo anglosassone che ricorre tra i corridoi in quella che è l’ormai accreditata interlingua della museologia internazionale. L’atmosfera è inebriante, di quelle che ti fanno percepire l’appartenenza a un mondo assai bello. Musei propulsori di sviluppo e di cambiamento sociale. Musei come luoghi di conoscenza, di dialogo e partecipazione. Di questo si parla. Di politiche culturali alte, di principi etici, di convivenza pacifica. Rispettare e difendere le differenze culturali, preservare e promuovere l’eredità culturale in un contesto globale. Inebriante. Fuori dalla porta, i nuovi video delle distruzioni del museo di Palmira, un ragazzo nigeriano ucciso dall’ignoranza, la disgregazione dell’Europa.
CULTURA E DOVERE
“Tenere alti i principi della cultura è un dovere contro il terrorismo”, tuona il ministro Franceschini, appellandosi ai professionisti museali nel suo discorso di apertura. La responsabilità è enorme. Musei e paesaggi culturali è il tema della Conferenza di quest’anno. Icom Italia ha dato avvio a questa discussione nel 2014, con l’approvazione della Carta di Siena, documento che sintetizza la riflessione sul paesaggio quale parte costituente della nostra identità, attraverso la rete complessa di relazioni materiali e immateriali fra il territorio e le comunità che lo abitano.
A tutti i musei fa bene aprirsi al paesaggio –sostiene Daniele Jalla, presidente di ICOM Italia – anche per vedersi da fuori. Per tutti i musei, a prescindere dalla loro grandezza, dalla loro specificità e missione, aprirsi alla gente, alla comunità, al patrimonio significa aprirsi al presente. E “apertura” è stata la parola chiave del summit.
Durante la settimana anche Milano si è aperta, offrendo alla città una festa continua e libera nei musei e in altri luoghi emblematici, dal Duomo al Museo della Scienza e della Tecnica, dal Castello Sforzesco alla Fondazione Prada a Brera e alla Triennale.
UN VIAGGIO TRA I MUSEI
All’interno del MiCo (Fiera Milano Congressi, sede della Conferenza), intanto, si è viaggiato. Un viaggio attraverso i racconti, le riflessioni e le esperienze dei musei del mondo. Storie di persone e storie di oggetti. Perché il viaggio degli oggetti nel mondo è il viaggio della conoscenza, dice Bernice Murphy, vicepresidente ICOM. E di migrazioni si è naturalmente parlato tanto, insieme alla questione centrale della rappresentazione delle culture altre. Il museo, assicura André Gob, Belgio, nasce e vive dentro la società, è stato potente strumento politico – Louvre e British Museum in testa a tutti: se i musei etnografici sono nati nel contesto di società colonialiste, il loro dovere oggi è diventare leader nella decolonization of mind. Le restituzioni non bastano, e forse non sono poi tanto necessarie. Sono la dignità e la voce a dover essere restituite alle culture che finora sono sempre state raccontate da un unico punto di vista occidentale.
Il concetto che il museo debba o possa essere neutrale sembra essere finalmente superato, anzi risulta addirittura immorale per David Fleming, presidente della Federation of Human Rights Museums. Il museo partecipa, troppo spesso involontariamente, alla definizione della città, mettendo in atto processi di inclusione o di segregazione. Via libera dunque al Museo della Fiducia e del Dialogo del Mediterraneo, che possa essere riscatto per Lampedusa, “zattera tra due continenti”, che possa trasformare l’isola da frontiera a centro e avanguardia. Il museo favoleggiato dal sindaco Giusi Nicolini, la quale afferma che “i diritti o sono di tutti o non sono di nessuno”. Per lei, gli applausi più lunghi. Più accorati di quelli per Christo, il più atteso dei keynote speaker, estroverso e scanzonato, reduce dal successo planetario di The Floating Piers sul Lago d’Iseo. Un milione e mezzo di “pellegrini” in due settimane per un’esperienza di relazione col paesaggio, che è una “expression of freedom, totally useless, irrational and irresponsible”, destinata a scomparire in poco tempo ma che continuerà a esistere nella mente delle persone.
Se imponenza di dimensioni e smisurato impatto mediatico sono il marchio di simili, rare iniziative, l’esperienza può essere tanto gigantesca quanto più è piccola. Per sognare e per riconoscerci abbiamo altrettanto bisogno di “musei modesti”, come il Museo dell’Innocenza, romanzo e luogo reale nella Istanbul di Orhan Pamuk, altro relatore d’eccellenza. Puntare alle storie individuali, alla loro ricchezza e umanità, è l’unica via per raggiungere l’universale, secondo il Premio Nobel: “Il futuro dei musei è nelle nostre case”.
I TEMI
Gli attimi della Conferenza si susseguono frenetici. Si discute di musei orientati alle collezioni versus musei orientati alle persone; della sfida di misurare il valore culturale dell’istituzione al pari del suo valore finanziario (David Throsby, Australia, economista); di sicurezza e protezione del patrimonio; dell’educazione alla memoria in Nigeria; di musei che incidono nella rigenerazione di slums in Senegal e di favelas a Rio de Janeiro; di musei che incoraggiano la consapevolezza e il senso di appartenenza tra gli adolescenti di Singapore; di laboratori che danno fiducia e leggerezza ai bambini costretti a lavorare a Teheran; dell’uso democratico della creatività come strumento per risolvere i problemi della città; e, naturalmente, di nuove tecnologie, di social media e innovazione digitale.
L’aver accolto la candidatura di Milano, quale sede della Conferenza triennale ICOM (nel 2019 si svolgerà a Kyoto) dimostra il riconoscimento del ruolo della museologia italiana nella comunità professionale internazionale. Cosa affatto scontata, dato che l’Italia è portatrice sana della dicotomia tra una storia museale “pesante”, ricchissima e prestigiosa, e un ritardo spesso colpevole e arrogante nello sviluppo di un dibattito museologico alla pari con gli altri paesi. Buon segno dunque. Segno che l’Italia s’è desta o si sta destando.
ITALIA, PROGRESSI E MANCANZE
Incontrare colleghi di diverse provenienze, confrontarsi e imparare dagli altri, dare visibilità alle proprie ricerche, scoprire e condividere buone pratiche, mantenersi aggiornati, progettare insieme, sono occasioni doppiamente importanti per un paese come il nostro che soffre – è uno dei paradossi – la grave mancanza di un percorso formativo strutturato in museum studies. La professionalità dei giovani museologi, sottolinea correttamente Valeria Pica nel suo intervento sul training del personale museale, è il più delle volte affidata a una preparazione fai-da-te, all’incontro con altri professionisti museali, all’esperienza che si riesce ad accumulare sul campo… quando se ne ha la chance.
Appena fuori dalla sede della Conferenza, per la strada, compaiono i cartelloni pubblicitari della campagna di abbonamento ai musei della Lombardia. Prezzo davvero basso, per oltre 100 siti culturali. Magnifico servizio alla cittadinanza. Magnifico con riserva. Lo slogan infatti recita “Per chi ama l’arte c’è un nuovo capolavoro” e finché i musei vengono identificati soltanto con l’arte si fa un cattivo servizio sia ai musei sia alla cittadinanza. La settimana milanese ci insegna a riconoscere il valore spirituale e culturale del museo ben aldilà dell’arte. L’istituzione non si limita più ad appendere quadri alle pareti. Luogo di dialogo e di conoscenza, di abbattimento delle barriere, di riscatto sociale, di ridefinizione dello spazio urbano, di progettazione del futuro, i musei devono essere coraggiosi e avventurosi, devono rischiare la tensione sociale. Questo è il messaggio che deve passare alla cittadinanza.
E anche l’Italia deve essere coraggiosa. Per un passo avanti, non se ne può accettare sempre uno indietro. È l’eterno ballo di San Vito nazionale. Che senso ha parlare di politiche sostenibili e paesaggi culturali, se i pranzi per i 3000 e oltre partecipanti alla Conferenza vengono imballati ogni giorno in inutili cestini cartonati che producono una quantità di rifiuti inaccettabile, se l’aria condizionata nella sede della Conferenza trasforma corridoi e sale in celle frigorifere insopportabili e produce uno spreco energetico illogico? A pochi mesi, peraltro, da EXPO 2015, per la quale Milano è stata al centro dei riflettori attorno al tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Occorrono rigore e coerenza. Al termine della Conferenza milanese, l’Assemblea generale di ICOM approverà la Dichiarazione di Milano, una risoluzione che individuerà i nuovi impegni sociali dei musei verso i paesaggi culturali e le comunità. L’augurio è che questa eredità si propaghi come un virus. Che i musei italiani se ne lascino contagiare con umiltà. Che l’Italia smetta di cimentarsi nel ballo di San Vito e si prepari al salto in lungo.
Claudia Pecoraro
ha collaborato Simona Caraceni
http://network.icom.museum/icom-milan-2016
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