La sua opera più celebre era solo superficialmente rubricata sotto la categoria dei film “romantici”, complice anche il titolo. Love Story, uscito nel 1970, si inseriva in realtà pienamente nello spirito del tempo, introducendo tematiche in quel momento molto attuali e in tanti casi anticipandole, come il conflitto di classe e la ribellione generazionale. Perché ne parliamo oggi, e usando il passato? Perché Arthur Hiller, il regista della celebre pellicola che nel 1971 ottenne ben 7 candidature ai premi Oscar, è morto a Los Angeles per cause naturali all’età di 92 anni. Un film rimasto impresso nell’immaginario collettivo anche grazie alle magistrali interpretazioni di Ryan O’Neal ed Ali MacGraw, e che si rivelò anche un enorme successo ai botteghini, incassando 106 milioni di dollari – equivalenti a 659 milioni attuali – a fronte di un budget di soli 2 milioni.
ERA NATO IN CANADA NEL 1923
Hiller era nato a Edmonton, in Canada, nel 1923, e si era avvicinato al mondo dello spettacolo con alcuni lavori per la tv, ma per conoscere il successo a Hollywood dovette attendere diversi decenni. Ha sempre coperto vari generi, ottenendo grande visibilità per esempio con un film di guerra come Tobruk, del 1967, interpretato da Rock Hudson e George Peppard. Ma oltre al citato Love Story, si collocano a cavallo di 1970 e 1971 anche altri due suoi film di successo, Un provinciale a New York e Appartamento al Plaza, tratti da sceneggiature di Neil Simon. Parte da qui la corsa all’affermazione hollywoodiana, sancita da molte pellicole cult, come – ad esempio – il comico Non guardarmi: non ti sento, del 1989, con Gene Wilder, Richard Pryor, Anthony Zerbe, Kevin Spacey, Joan Severance. Hiller è stato presidente della Director Guild of America e poi – tra il 1993 ed il 1997 – dell’Academy of Motion Picture Arts and Science, l’organizzazione che assegna gli Oscar.
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