Ginevra parla italiano. Intervista al direttore Andrea Bellini
Approdato al CAC – Centre d’Art Contemporain nel 2012, dopo l’esperienza al Castello di Rivoli, Andrea Bellini fa un bilancio della sua attività presso la Kunsthalle ginevrina. Estendendo la riflessione al contesto svizzero e al suo approccio all’arte contemporanea.
Il Centre d’Art Contemporain nasce nel 1974 per mano di Adelina von Fürstenberg: Ginevra ha avuto una Kunsthalle vent’anni prima del museo d’arte contemporanea. Prima che Andrea Bellini giungesse da Torino, è stato diretto per oltre un decennio da Paolo Colombo.
L’arrivo di Bellini ha dato una scossa al BAC, l’edificio occupato dalle istituzioni del contemporaneo (in particolare dal Mamco, diretto da un altro quarantenne, Lionel Bovier), e al Quartier des Bains. Ecco l’intervista all’attuale direttore del CAC, a quattro anni dal suo insediamento.
Da Rivoli al CAC, due realtà centrali per l’arte contemporanea. Quali le similitudini e quali le differenze?
Quasi solo differenze: la più evidente è che Rivoli è un museo con una collezione, mentre il CAC è una Kunsthalle, non ha una collezione ed è piuttosto un luogo di ricerca e produzione.
Come giudichi il sistema dell’arte oggi a Ginevra?
Abbiamo appena superato la prima adolescenza.
Che valore danno la città e il Cantone al sistema dell’arte e quanto vi investono?
Investono una cifra considerevole nella cultura. La sola città di Ginevra circa 250 milioni di franchi l’anno. Ma ciò non significa che siano investiti nel migliore dei modi: la tendenza è fare contenti tutti anziché investire sulle eccellenze.
Come stai impostando le relazioni con sponsor e finanziatori privati?
Il fundraising occupa una parte notevole del mio tempo. La città ci ha affidato la gestione della Biennale delle Immagini in Movimento, una delle prime dedicate a questo linguaggio in Europa. Due anni fa l’ho trasformata in un luogo di produzione, finanziando nuove opere e assistendo gli artisti nella realizzazione e nella post-produzione – un meccanismo che richiede molte risorse. Per la prossima edizione, tra i privati abbiamo già raccolto oltre 400mila franchi.
La creazione del Cinema Dynamo va letta in relazione alla Biennale?
Sì, lo abbiamo realizzato al mio arrivo: è dotato di trenta posti e ha una programmazione di otto ore al giorno. Due volte al mese accogliamo un autore, presentiamo le sue opere e il pubblico può dialogare con lui. Ciò consente di svolgere un’attività di ricerca continua e di formare il pubblico della Biennale.
L’immagine in movimento è al centro dei vostri interessi?
Siamo convinti che giochi un ruolo fondamentale nella società attuale e nelle trasformazioni radicali che la stanno caratterizzando.
Con quali artisti avete lavorato e di chi avete prodotto le opere fino a oggi?
Abbiamo prodotto le opere di Ed Atkins, James Richard, Yuri Ancarani, Wu Tsang, Cally Spooner, Sophia Al Maria, Li Ran, Steve Claydon, Jeremy Shaw, Gabriel Abrantes, Alexandra Bachzetsis, Arvo Leo, Tracy Rose, Trisha Baga, Emily Wardill, Alessio Di Zio, Boris Mitic e di molti altri.
Qual è lo stato del collezionismo a Ginevra?
Ci sono alcuni buoni collezionisti. Ma dopo tanti anni qui continuo a pensare che molti dei migliori collezionisti europei siano in Italia.
Importanti gallerie hanno aperto in questi ultimi anni, da Gagosian a Xippas, altre hanno chiuso. Come valuti questa dinamica?
Il sistema delle gallerie private sta crescendo ma lascia ancora molto a desiderare. I collezionisti tendono a concentrarsi sui grandi nomi, per cui le giovani gallerie faticano.
Cosa pensi dell’arte prodotta a Ginevra? Scorgi riflessi peculiari legati alla cultura locale?
Come altrove, anche qui le cose significative sono rare e il nostro ruolo è quello di andarle a cercare. La mostra di Sonia Kacem conferma l’attenzione del CAC verso gli artisti della città. È la prima ginevrina alla quale affido una mostra personale di 1.000 mq. Si è formata alla HEAD, una delle migliori scuole d’arte in Europa.
Perché hai creato un progetto di artisti in residenza? È curioso per uno spazio espositivo…
Gli artisti non producono solo oggetti ma riflessione e quindi cambiamento. Da loro può venire un contributo importante al rinnovamento delle istituzioni della cultura contemporanea. Per rendere questo dialogo strutturale, abbiamo istituito la residenza. Selezioniamo i migliori allievi delle scuole d’arte della Svizzera romanda: la HEAD di Ginevra, l’ECAL di Losanna e l’ECAV del Valais. Gli diamo un atelier per quattro mesi e il project space, un luogo espositivo che ho voluto al mio arrivo, per mostrare le opere prodotte dal CAC.
Nicola Davide Angerame
Articolo pubblicato su Artribune Magazine 32 – Speciale Svizzera
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