Venezia. Quale teatro alla Biennale 2016?
Dal 26 luglio al 14 agosto Venezia ha ospitato la 44. Biennale di Teatro. Dopo sette edizioni, dirette da Àlex Rigola, è tempo di bilanci. Il regista catalano ha costruito un discorso sul teatro contemporaneo selezionando incontri, laboratori, spettacoli. Osservando quelli di Babilonia Teatri, Korsunovas e Klata si evince un'umanità in lotta rappresentata in forme espressive da rivedere.
L’ULTIMA EDIZIONE DI ÀLEX RIGOLA
La 44. Biennale Internazionale del Teatro è stata l’ultima diretta da Àlex Rigola, al comando da sette edizioni – mentre per il quadriennio 2017-2020 è già stato nominato Antonio Latella. Dal 26 luglio al 14 agosto il regista catalano ha consegnato al pubblico un disegno sul teatro contemporaneo attraverso 10 spettacoli, 17 laboratori con 4 residenze di compagnie internazionali e 18 incontri con il pubblico.
Quale idea di teatro lascia dunque Rigola? In risposta il direttore ha chiamato a Venezia idee e azioni di alcuni dei più significativi registi in attività come Roger Bernat, Oskaras Koršunovas, Romeo Castellucci, Jan Klata, Fabrice Murgia e Pascal Rambert. Alcuni di loro sono stati anche impegnati nella conduzione di laboratori nell’ambito della Biennale College e nei laboratori Open Doors. Martin Crimp, Mark Revenhill, Simon Stephens, Eva-Maria Voigtländer, invece, hanno tenuto seminari di drammaturgia; la recitazione è stata affidata a Willem Dafoe e Declan Donnellan.
Quest’ultimo è stato insignito del Leone d’oro per aver lavorato nella sua carriera sull’essenza del teatro, come si legge nella motivazione ufficiale. Il Leone d’Argento, invece, è stato conferito a Babilonia Teatri di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani, per la loro idea di un teatro sociale, sensibilizzante, positivo e realmente crudo, ma soprattutto “per la loro umanità”.
IL PINOCCHIO DI BABILONIA TEATRI
Questo aspetto, l’umanità, è la matrice di Pinocchio. Al centro della scena, Paolo Facchini, Luigi Ferrarini e Riccardo Sielli, tre uomini di mezza età risvegliatisi dal coma, raccontano la loro esperienza di vita, rispondendo alle domande poste dalla regia da Castellani. Non c’è interpretazione né recitazione, solo un botta e risposta a turno da cui tra ironia e dolore emergono fate turchine, paesi dei balocchi e i contorni di una vita passata.
La favola di Collodi è così la cornice per narrare la trasformazione, la rinascita dei tre uomini e il loro desiderio di rivivere nuovamente. Sul palco quindi si assiste a un’umanità spontanea in grado di sottolineare la capacità comunicativa del teatro che perde vigore, però, quando nella seconda parte l’improvvisazione si trasforma in una messa in scena forzatamente suggestiva in cui Ferrarini compie un volo d’angelo e Facchini balla liberamente fino a mutarsi in asino.
IL GABBIANO IN VERSIONE LITUANA
Babilonia Teatri propone naturalmente una fetta di umanità che in Žuvėdra (Il Gabbiano), spettacolo diretto da Oskaras Koršunovas e tratto dal testo omonimo di Anton Čechov, invece, non si riconosce. In una sala d’attesa grigia e asettica, i protagonisti del testo presentano il loro intreccio di storie e passioni. Il regista lituano priva la messa in scena del pathos di Čechov, della ricerca di libertà e felicità dei personaggi, per lasciare spazio a un genere umano in grado di non provare più sentimenti, ma solo rancori e dissidi a cui è rimasta solo la lotta e un’urlata conflittualità.
Il teatro pensato da Koršunovas diviene, pertanto, sola rappresentazione in cui il pubblico può solo immaginare il gabbiano in quanto di materializza in un verso registrato, l’immagine del lago, proiettato su una parete, mentre al giovane Konstantín Trepliòv (Martynas Nedzinskas) è affidato il compito di spiegare scene, personaggi e dinamiche della storia.
RE LEAR IN VATICANO
L’uomo e il teatro trovano la loro definitiva disgregazione in Krol Léar del polacco Jan Klata, spettacolo tratto dal Re Lear di Shakespeare. La scena si svolge in Vaticano e il vecchio Re Lear è un Papa che non appare fisicamente. La sua voce, infatti, suona fuori scena e due monitor posti ai lati della scena ne propongono il viso. Egli desidera distribuire il potere tra i suoi figli, interpretati da prelati, ma interrogativi e dubbi sul potere si affastellano nella mente del Papa-Re il quale si scopre non più onnipotente e per questo non più in grado di manifestarsi. La fragilità della prole, rincorsa da fantasmi e pensieri sinistri, rappresenta, nell’ottica di Klata, l’umanità schiacciata dal potere, dalla sua bulimia e dalla regola del sospetto su cui si alimenta.
Teatralmente questo scenario umano è raccontato servendosi dell’effetto, della scena di impatto, cosicché lingua e parola, fondamentali nel testo shakespeariano, si modificano in musica pop Anni Ottanta e in effetti sonori e movimenti in scena improvvisi e di sorpresa. La narrazione lascia quindi spazio allo scalpore.
ALCUNE PECCHE E UN SALUTO
Il teatro consegnato da Àlex Rigola appare molto attento a proporre all’uomo problemi e soluzioni del suo stato attuale, anche grazie al recupero di testi classici, ma non del tutto efficace dal punto di vista formale. Questi spettacoli si propongono incastrati in moduli visivi ripetuti e stanchi, come lo scontro in Žuvėdra o il turbamento in Krol Léar che non rendono fluida la visione, o in messe in scena in cui la sensibilità e l’emozione non riescono a essere l’esclusiva linfa della narrazione, come in Pinocchio.
La Biennale Teatro 2016 non saluta solo il lavoro di Rigola ma anche la professionalità, la disponibilità, la cura di una lavoratrice dell’ufficio stampa della Biennale Danza-Musica-Teatro, Maria Stefanoni, a cui va il nostro personale ringraziamento per il suo impeccabile impegno.
Davide Parpinel
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