Betye Saar alla Fondazione Prada: da Milano prime immagini della mostra dell’artista da sempre in prima linea per i diritti degli afroamericani

La stagione autunno-inverno comincia alla Fondazione Prada con la personale dell’artista che, a novant’anni compiuti, rappresenta una delle figure di riferimento per la Black Art e la coscienza della comunità afroamericana

Negli spazi milanesi della Fondazione Prada in Largo Isarco inaugura una nuova mostra, curata dall’inarrestabile Elvira Dyangani Ose, infaticabile benché ormai al settimo mese di gravidanza. Fino all’8 gennaio 2017, Uneasy Dancer introduce per la prima volta in Italia una mostra antologica concepita per mostrare l’estensione dell’artificio, della ricomposizione, nelle mani e negli occhi di Betye Saar (Los Angeles, 1926). Ottanta opere tra installazioni, assemblaggi, collage e lavori scultorei creati tra il 1966 e il 2016 ripercorrono le operazioni di recupero che l’artista cesella inserendo storie personali e di iconografie da oggetti e immagini familiari. Attraverso la sua abilità artigianale di materiali di recupero, memorabilia personali e immagini dispregiative che richiamano storie negate o deformate, Saar sviluppa infatti una nuova critica sociale che sfida gli stereotipi razziali e sessisti radicati nella cultura americana.

MEZZO SECOLO DI BLACK ART
In mostra sono allestiti assemblaggi da bric-a-brac inseriti in scatole o valigie, come Record for Hattie (1975) e Calling Card (1976), che assumono una dimensione performativa, anche se in miniatura. Altri conglomerati, creati più recentemente e contenuti all’interno di gabbiette, come Domestic Life (2007) e Rhythm and Blues (2010), rappresentano una condizione fisica e metaforica di segregazione, ma anche di resistenza e sopravvivenza.
Uneasy Dancer amplifica i temi di memoria, misticismo e costruzione di entità sociopolitiche che hanno sempre caratterizzato la ricerca di Betye Saar. Questo emerge nell’opera seminale The Alpha and The Omega (The Beginning and The End) (2013-16), un ambiente circolare che allude al viaggio iniziatico e all’esperienza della vita umana. Questa installazione è stata concepita in occasione della mostra e include una serie di nuovi elementi che rappresentano l’idea di ritorno della vita. Come ci ha raccontato la curatrice Elvira Dyangani Ose, nell’intervista che presto leggerete su Artribune…

– Ginevra Bria

www.fondazioneprada.org

 

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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