Firenze e Ai Weiwei. Intervista ad Arturo Galansino

Curata dal Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi, la mostra “Ai Weiwei. Libero” costituisce un esperimento di apertura verso la città e la Toscana. A partire dal biglietto congiunto con il nuovo Centro Pecci fino ai progetti legati all’accessibilità.

Frutto di un lavoro di ricerca biennale, la prima grande retrospettiva italiana dedicata ad Ai Weiwei è stata introdotta dal curatore Arturo Galansino, come una “sfida culturale e sfida di carattere tecnico”. Nel ripercorrere trent’anni di carriera dell’artista, la retrospettiva costituisce un unicum nella storia espositiva di Palazzo Strozzi. A caratterizzarla, però, per l’intero periodo di apertura, sarà anche il progetto che punta a rendere l’istituzione “un catalizzatore per la città e per il territorio”, che questo autunno vedrà anche la riapertura del Centro Pecci, a Prato. Oltre al consolidato palinsesto di attività per famiglie e per i giovani in situ, l’offerta culturale complessiva andrà a intercettare direttamente il mondo della scuola e dell’università. Con alcuni soggetti attivi a Firenze sono stati rafforzati i rapporti, coinvolgendo direttamente il circuito delle biblioteche – con laboratori e presentazioni diffusi nel centro e in periferia – , il Museo dell’Opera del Duomo, Lo Schermo dell’Arte Film Festival, il Festival dei Popoli, Virgilio Sieni e il suo Cargo Centro di produzione sui linguaggi del corpo e della danza Firenze, l’Intercity Festival 2016, a Sesto Fiorentino, il Teatro Nazionale della Toscana e il Cinema Odeon. Questa azione si amplia con la formula del biglietto congiunto per visitare sia la mostra fiorentina sia La fine del mondo, al Centro Pecci. Resa possibile con il sostegno di Toscana Promozione Turistica, la guida Fuorimostra: un viaggio in Toscana identifica un itinerario esteso, con sedici tappe, in varie province. Di questo e molto altro abbiamo parlato con Arturo Galansino.

Ai Weiwei in mostra a Palazzo Strozzi, Firenze - foto Valentina Silvestrini

Ai Weiwei in mostra a Palazzo Strozzi, Firenze – foto Valentina Silvestrini

Ai Weiwei. Libero si propone come “dispositivo di coinvolgimento” su scala regionale, con numerose collaborazioni. Qual è stato il processo per arrivare a questo risultato?
A livello di metodologia possiamo dire che non ci sono differenze rispetto all’azione che Palazzo Strozzi ha condotto negli ultimi anni. L’idea di legarci a Firenze e alla Toscana è già stata intrapresa e portata avanti nel recente passato. Pur essendo una fondazione privata – con una quota di minoranza di provenienza pubblica –, la nostra istituzione si è sempre distinta per la sua “azione pubblica”. Sentiamo che dobbiamo alla comunità un servizio di questo genere: unirci al territorio e cercare di aiutare realtà minori rispetto a noi, anche per ragioni di posizionamento geografico. Con la prassi e l’abitudine si migliora e si diventa sempre più creativi e inventivi: così, anno dopo anno, la nostra rete è diventata sempre più fitta e capillare, con un maggior numero di iniziative. Nel caso dell’itinerario del Fuorimostra di Libero, abbiamo agito in grande, unendo alla mostra sedici luoghi in tutta la regione, tra cui il Centro Pecci.

Questo periodo sembra particolarmente favorevole per un’esperienza del genere, anche se le critiche non mancano…
È un bel momento per la Toscana a livello di arte contemporanea. Siamo tutti piuttosto eccitati, noi come altri player locali. Spero che la mostra, le iniziative a opera del Comune di Firenze e l’imminente apertura del Centro Pecci segnino l’inizio di una stagione nuova per la Toscana e l’Italia intera: stiamo iniziando adesso a educare il pubblico. In questi anni, anche qui da noi, si faceva un contemporaneo di qualità e credo che si sia formato un pubblico, soprattutto di giovani, attraverso l’esperienza delle mostre della Strozzina. Non facciamo che capitalizzare quello che viene dal passato, cercando di estenderlo. In particolare, la riapertura del Pecci è un’occasione straordinaria e la congiuntura di questo autunno pensiamo possa favorire un flusso di appassionati di arte contemporanea. Tuttavia, non ci rivolgiamo solo a loro, perché l’offerta di Palazzo Strozzi è destinata a un pubblico generalista che noi vogliamo cercare di aprire verso i linguaggi contemporanei. La mostra di Ai Weiwei è una retrospettiva su un autore dei nostri giorni che abbiamo cercato di fare in un modo classico, pensando proprio a un pubblico vasto: in particolare a Firenze si deve cercare di essere popolari e didattici.

Ai Weiwei in mostra a Palazzo Strozzi, Firenze - foto Valentina Silvestrini

Ai Weiwei in mostra a Palazzo Strozzi, Firenze – foto Valentina Silvestrini

Possiamo interpretare questo come un indirizzo per il futuro di Palazzo Strozzi e della Strozzina?
Con Libero e con le successive mostre vorremmo portare il linguaggio contemporaneo in modo accessibile verso il numero più alto possibile di visitatori e neofiti. In questo senso intendiamo compiere un ruolo anche educativo, ribadendo il compito pubblico di Palazzo Strozzi, pienamente compreso nella mission della nostra istituzione. Dopo questa mostra, da marzo 2017, avremo la retrospettiva su Bill Viola sviluppata anch’essa su un doppio registro, tra storico e contemporaneo. Ogni volta cambieremo il paradigma interpretativo, con una lettura moderna del passato e una storica del presente. La Strozzina sarà compresa nella mostra di Bill Viola, così come in quelle che seguiranno; inoltre, stiamo lavorando anche a un palinsesto dedicato. Rispetto all’anno in cui è stata chiusa, ora stiamo facendo di più con meno fondi. Il nostro è un progetto assolutamente inclusivo: non possiamo più avere un progetto indipendente. Palazzo Strozzi è uno e la Strozzina ne è parte, sono due realtà spaziali distinte che convivono con un afflato comune e con lo stesso cuore.

Qual è la strategia espositiva scelta agli Uffizi e al Mercato Centrale?
Agli Uffizi è previsto un autoritratto e un’iconica telecamera di marmo di Ai Weiwei che ricorda il tema della sorveglianza a cui l’artista è stato sottoposto negli ultimi anni da parte del regime cinese. Insieme al direttore Eike Schmidt abbiamo voluto collocare un segno in prossimità della finestra da cui si osserva il Corridoio Vasariano: una scelta non casuale, direttamente legata al futuro intervento di valorizzazione di questo spazio aereo. Oltre a essere un connettivo destinato al passaggio, il Corridoio che univa i due palazzi medicei è esso stesso un luogo di controllo sulla popolazione e un simbolo della distinzione tra la popolazione e il regnante. In modo più pop, che adora Ai Weiwei, interveniamo nel Mercato con una serie di gigantografie degli Study of Prospective. Come ha esposto a Le Bon Marché Rive Gauche, sarà presente nel Mercato fiorentino, spazio sociale, frequentatissimo. Tra poco, inoltre, in concomitanza di Artissima, al Museo Camera di Torino sarà allestita una mostra fotografica sull’artista: dunque Libero si allargherà oltre i confini regionali

Ai Weiwei in mostra a Palazzo Strozzi, Firenze - foto Valentina Silvestrini

Ai Weiwei in mostra a Palazzo Strozzi, Firenze – foto Valentina Silvestrini

Tornando allo sforzo anche educativo di Palazzo Strozzi, qual è il messaggio di cui sente di volersi fare portavoce in merito all’installazione Reframe?
Sarebbe stato bello poter svelare tutto insieme, ma anche per ragioni di tipo logistico è stato necessario anticipare il montaggio dei gommoni. Sono una parte della retrospettiva su uno degli artisti che più si adopera a esporre il proprio linguaggio, tra i più conosciuti della sua generazione per varie ragioni. Premesso che possa piacere o no, rispetto ad altre città in cui il maestro ha esposto, solo in Italia si stanno sentendo voci tanto convulse e si stanno diffondendo informazioni poco chiare. Stiamo ragionando su questa esperienza e la interpretiamo come un segno rivelatore che denota una “mancanza dei fondamentali” verso la comprensione del contemporaneo nel nostro Paese.
Credo che il contemporaneo – soprattutto il linguaggio di Ai Weiwei – dovrebbe essere più immediato se paragonato a una mostra storica: eppure non è così, soprattutto a Firenze. La “straripanza storica” che ci circonda, ad esempio all’interno di un’architettura così, costituisce la base per un’esperienza unica e tutti gli artisti se ne accorgono. In quale altro luogo un artista può misurarsi con questi spazi, con queste strutture del Quattrocento, con uno staff specializzato a tutti i livelli? Da nessuna altra parte. Il nostro non è un white cube dove i contemporanei sono soliti esporre – sebbene disponga di strutture museali moderne –, è caratterizzato e sa proporsi comunque come uno spazio neutro, compiutamente museale.

Come avete lavorato a livello di allestimento?
Nell’allestimento di Libero abbiamo eliminato tutti i dispositivi espositivi usati nelle occasioni analoghe, abbiamo pulito e restituito la spazialità originaria: la mostra di Ai Weiwei non cela, ma scopre il Rinascimento. Credo che anche l’installazione in facciata scopra le proporzioni, le simmetrie di questo edificio allo stesso modo con cui, all’interno, le carte da parati, le installazioni, si fondono perfettamente, mettendolo a mio modo di vedere in risalto, con le stanze del Palazzo. Penso inoltre che tutto il patrimonio condiviso dai fiorentini, ostentato come vessillo, in certi casi, contro il contemporaneo, sia un bagaglio in più che li dovrebbe aiutare a capire meglio anche la scena artistica dei nostri giorni.

Valentina Silvestrini

Firenze // fino al 22 gennaio 2017
Ai Weiwei – Libero
a cura di Arturo Galansino

PALAZZO STROZZI
Piazza Strozzi

055 2645155
[email protected]
www.palazzostrozzi.org

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/55664/ai-weiwei-libero/

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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