Il valore delle idee
Una coppia di artisti americani progetta il “Museo dell’Arte Non-Visibile” e raccoglie finanziamenti tramite una piattaforma di crowdfunding online. Le opere d’arte che vende non sono tangibili e rimangono allo stato di “idea”. Ma l’operazione concettuale non è priva di contraddizioni, e svela la potenza erosiva del marketing sulla produzione artistica contemporanea.
Kickstarter.com è una delle web startup più interessanti degli ultimi anni. Si tratta di un esperimento riuscito di crowdfunding per progetti creativi. In cosa consiste? Il sito mette a disposizione una vetrina online dove i creativi di tutto il mondo possono presentare il loro progetto – sia un libro, un film, una scultura, un software, una collezione di moda o altro – e chiedere finanziamenti per realizzarlo. I visitatori del sito possono decidere di donare dei soldi per trasformare i progetti in realtà, ma gli autori hanno diritto al finanziamento soltanto se l’obiettivo economico stabilito in partenza viene raggiunto entro una determinata data. Altrimenti, niente di fatto, e le donazioni accumulate (in realtà solo promesse di donazione, dette pledges) tornano ai rispettivi proprietari. Nel caso in cui il finanziamento va a buon fine, tutti i partecipanti ricevono qualcosa in cambio, in genere di entità proporzionata al contributo (si va da piccoli oggetti e souvenir legati all’iniziativa fino a vere e proprie partecipazioni azionarie).
Lanciato nel 2009 e seguito da decine di iniziative simili, Kickstarter è particolarmente riuscito non solo grazie alla semplicità d’uso del sistema, ma soprattutto in virtù della selezione accurata che viene operata sui progetti. Il risultato è una proposta creativa differenziata e di ottimo livello, in tutti i settori.
Non mancano i progetti propriamente artistici sulla piattaforma, e uno in particolare ha recentemente sollevato l’attenzione dei media e del mondo dell’arte. Si tratta del MONA – Museum of Non-Visible Art, opera concettuale firmata dal collettivo Praxis (i coniugi Brainard e Delia Carey) in collaborazione con l’attore e regista statunitense James Franco. L’operazione si avvale anche del contribuito di un curatore d’eccezione, Vallejo Gantner, direttore artistico del PS122, centro sperimentale dedicato alla performance art nel cuore di Manhattan.
In linea con la corrente storica del concettualismo, il Museo dell’Arte Non-Visibile mette in discussione il rapporto tra l’opera d’arte come oggetto e l’opera d’arte come idea, e cerca di aggiornare il dibattito alla luce dell’avvento delle nuove tecnologie. Il museo naturalmente non ha nessuna consistenza fisica, né ce l’hanno le opere che contiene: piccoli animali invisibili da adottare, un film mai realizzato, la scultura di un albero grande come una stanza ma anche piccolo da entrare in una mano, una stanza di 500 mq piena di gelatina rossa e così via. Secondo gli autori, l’accento è da porre sull’immaginazione pura, sulla potenza delle idee e sulla capacità degli esseri umani di scambiarsele e di goderne come – e di più – degli oggetti materiali. Fin qui tutto bene, ma perché allora assegnargli un prezzo? Perché metterle in vendita e coinvolgere i concetti di proprietà e unicità? Le opere del Mona, infatti, sono acquistabili attraverso la pagina di Kickstarter come ricompensa per il finanziamento del progetto. E a cosa serviranno i soldi, visto che non c’è, di fatto, nulla da realizzare? “Non riceverete un quadro o un film o una fotografia nella vostra cassetta postale. Quello che riceverete è qualcosa di molto più affascinante: la possibilità di partecipare a un atto di creazione artistica. Riceverete un biglietto con il titolo e la descrizione dell’opera, insieme all’autentica”. Ed è qui che l’operazione svela la sua più grossa contraddizione. Se le idee sono più importanti e più potenti della loro effettiva realizzazione materiale; se l’universo delle parole e dell’immaginazione ha un valore indefinibile e inestimabile; se quello che davvero conta è creare, perché ridurre “la partecipazione a un atto di creazione artistica” all’invio di una somma di denaro? Secondo gli autori, si tratterebbe di una provocazione, di una messa in discussione della “new economy” e della percezione del concetto stesso di valore in un’epoca storica in cui l’intero sistema economico ruota sempre più pesantemente attorno a scambi immateriali e in cui gli scontri più violenti trovano il loro campo di battaglia nel settore della proprietà intellettuale, dei brevetti e del diritto d’autore.
È impossibile non mettere quest’operazione a confronto, solo per prendere un esempio sui tantissimi che si potrebbero fare, con l’opera di Yves Klein e in particolare con Zone de Sensibilité Picturale Immatérielle, operazione concettuale svoltasi tra il 1959 e il 1962. L’artista francese vendeva “zone di sensibilità pittorica immateriale” in cambio di lingotti d’oro, e coinvolgeva l’acquirente in un elaborato rituale durante il quale il collezionista bruciava la sua ricevuta e l’artista gettava metà dell’oro nella Senna. Klein riteneva che fosse “inaccettabile” vendere le zone di sensibilità in cambio di vile denaro e per questo pretendeva “la qualità più alta possibile per un pagamento materiale”, ossia l’oro puro. I lingotti superstiti venivano utilizzati per realizzare i famosi Monogolds, grandi quadri ricoperti di foglia d’oro.
Paragonando quest’opera storica con un’operazione come il Mona, non possiamo fare a meno di notare come il concetto di partenza – l’arte come idea e il suo rapporto con il sistema economico – ne esca allo stesso tempo confuso e imperdonabilmente semplificato. In primo luogo, l’accento viene posto sull’idea stessa di ‘museo’ invece che sulle singole opere, ridotte a pretesti per accumulare finanziamenti e, a dirla tutta, composte da idee non poi così illuminanti (cosa dire di Fresh Air, una boccata d’aria fresca comprata da Aimee Davison, nota attrice, modella e produttrice americana, per 10mila dollari?). Inoltre, fa riflettere l’approccio pubblicitario e marketing-oriented dell’intera operazione, a partire dal coinvolgimento di Franco, famosissimo negli States e in grado di portare il Mona in prima serata durante il Jimmy Kimmel Live (una specie di talk show alla Letterman) e proseguito a suon di comunicati stampa e dichiarazioni a effetto.
Il virus del marketing, ormai una malattia da cui nessuno può dichiararsi davvero immune, tantomeno gli artisti contemporanei, insieme all’ipocrisia contenuta nella dichiarazione di voler “coinvolgere lo spettatore nella creazione di un’operazione artistica” tramite il versamento di una somma di denaro, ci fa assistere a quella che appare tristemente come la morte definitiva dell’arte concettuale, un’eredità storica sempre più fraintesa e svilita. Un crimine perpetrato a colpi di falsa ironia postmoderna e crowdfunding.
Valentina Tanni
www.kickstarter.com
www.nonvisiblemuseum.com
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #2
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