Arte in fattoria. A Pistoia
La Collezione Gori, sulla collina pistoiese, conferma la sua vitalità, e si arricchisce di tre nuove opere: l’arcaica “Echo” di Hera Büyüktaşçiyan, la serie fotografica di Stefano Arienti e la suggestiva “porta musicale” di Daniele Lombardi.
UN MUSEO A CIELO APERTO
Scultura, musica, pittura. Alla fattoria di Celle, dall’ormai lontano 1982, l’arte non conosce confini, e Giuliano Gori è sempre entusiasta di sperimentare con gli artisti nuovi linguaggi ed esperienze. Ancora una volta, le opere che vengono ad arricchire la Collezione non mancano di sorprendere per l’originalità, per l’ampio respiro che le caratterizza, e per quella sensibilità che le porta a interpretare appieno lo spirito del luogo. Passeggiando fra vigne, ulivi e alberi secolari, nei trenta ettari della tenuta, si resta affascinati dall’armonia con cui dialogano opere d’arte e natura circostante. Uno straordinario museo a cielo aperto, che Giuliano Gori, da perfetto mecenate, apre gratuitamente ai visitatori e agli appassionati d’arte di tutto il mondo.
IL RESPIRO DELLA TERRA
La giovane artista turca Hera Büyüktaşçiyan amplifica, con la sua Echo, questo dialogo, al punto da dar l’impressione di fra scaturire l’opera dal terreno, alla stregua di un reperto fossile che riporta alla memoria il passato preistorico della collina pistoiese; Echo – che nella forma può ricordare uno scheletro fossile, la struttura di una nave arenata o la biblica pancia di una balena –, lascia avvertire il senso del tempo, geologico e misterioso, che lascia i suoi sedimenti, visibili e invisibili, sull’esistenza umana. E ancora, dal pieno e dal vuoto dei suoi elementi scorre il respiro della Terra, quello stesso che fa scaturire i terremoti, le tempeste e le eruzioni. Un’opera dal fascino ancestrale, che fa riflettere sull’essere infinitesimale dell’uomo davanti alla vastità dei millenni, che in un certo senso lo accompagna alle radici del suo cammino, e sottilmente gli fa intravedere il suo destino.
IL DOTTOR STEFANO ARIENTI
A vent’anni dalla mostra che lo vide protagonista, Stefano Arienti torna alla Cascina Terrarossa con un’installazione permanente, Residenza a Terrarossa, intesa a omaggiare la natura che ingentilisce Celle. Partendo dai poster di tele di Monet e van Gogh – Ramo di Rose, Riposo dopo il lavoro –, l’artista le rilegge e le arricchisce con applicazioni di pongo e plastilina, per riprendere gli stili e i timbri cromatici dei due pittori. Accanto a queste due rielaborazioni, una serie di fotografie scattate da Arienti nel parco circostante la Fattoria; le ninfee del laghetto rimandano a quelle di Monet, ma qui numerose tessere di puzzle donano all’immagine un ulteriore livello di corporeità, così come accade per l’affascinante ghiacciaia che pure sorge nel parco. A questo “monumento della civiltà contadina” si affianca l’immagine di un antico torchio vinario, che l’applicazione sulla pellicola dell’inchiostro oro innalza alla stregua di un oggetto sacro. E, in un certo senso, sacro era il vino, per le dure fatiche necessarie a ottenerlo. Un’istallazione articolata in più opere, che omaggia lo spirito più profondo della Fattoria di Celle, luogo inserito in una splendida natura e vocato all’onesta e nobile fatica dei lavori agricoli. E la stessa Cascina si è trasformata nello studio dell’artista, luogo ammantato dal silenzio e dalla penombra, dove Arienti si sente a casa, tanto da aver appeso alla porta quella vecchia targa dono della madre di un amico: “Dottor Stefano Arienti”.
UNA PORTA CELESTIALE
Decisamente fuori del comune la Porta Sonora: Divina.com, Paradiso, realizzata da Daniele Lombardi, che costituisce l’ingresso all’antica cappella fabroniana, all’interno del Parco di Celle. Una vera e propria “porta del Paradiso”, concepita dall’artista come uno spartito su cui sono state apposte le note, ognuna delle quali è stata fusa manualmente dall’artista. E quelle note sono state scritte dallo stesso Lombardi per la composizione Vergine Madre, ispirata alla preghiera mariana di San Bernardo, citata da Dante nel XXIII canto del Paradiso. Un’opera che conferma la poliedricità dell’artista toscano, capace, senza difficoltà, di passare dalla musica alla scultura, questa volta però su richiesta dello stesso Giuliano Gori, che, affascinato dall’ascolto dello spartito dantesco, ha espresso a Lombardi il desiderio di vederlo immortalato in un’opera d’arte. Ma il fascino di quest’opera unica al mondo non si esaurisce nelle sue splendide forme bronzee; infatti, ogni volta che viene aperta, si odono le note del violino che suona una musica celestiale, dal fascino antico, perfettamente in tono con l’architettura settecentesca della cappella.
L’opera suggella il rapporto di lunga data tra la musica e il Parco di Celle, che negli anni ha ospitato tante prime di Luciano Berio e numerosi concerti nel suo piccolo teatro; fra questi, nel 1992, lo stesso Daniele Lombardi eseguì per la prima volta la sua Ora alata, nel decennale dell’apertura al pubblico di questa splendida collezione. Collezione che a Giuliano Gori piace definire come un “laboratorio interdisciplinare sempre attivo”, che guarda all’arte contemporanea in tutte le sue forme: scultura, pittura, musica, teatro. Qui, infatti, caso rarissimo in Italia, sono stati allestiti alcuni spettacoli teatrali di Marc Chagall. Ma l’instancabile attività di Giuliano Gori non conosce soste: a Celle già si lavora alacremente ad alcuni progetti da inserire nel cartellone di Pistoia Capitale Italiana della Cultura 2017. Una vetrina importante che sicuramente vedrà la Collezione ancora protagonista.
Niccolò Lucarelli
Santomato
Collezione Gori
FATTORIA DI CELLE
Via Montalese 7
0573 479907
[email protected]
www.goricoll.it
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