Torino Updates: top & flop dall’art week fieristica. Le 5 cose migliori e le 5 peggiori che abbiamo visto
Ecco le 5 cose migliori e le 5 peggiori viste nell’Artissima week a giudizio della redazione di Artribune
TOP
Artissima
La fiera principe dell’art week si emancipa sempre più dal clichè che la voleva sperimentale ma elegante, sbarazzina ma comunque cool. Una rassegna dove però si vendeva ben poco, ma in compenso serviva al curatore di turno per costruirsi le relazioni utili al prosieguo della carriera. Ora è diventata una fiera d’arte
Carol Rama alla GAM
Non è semplicemente un grande omaggio a una grande artista. È una mostra che fornisce di basi robustissime una carriera a volte controversa e riconosciuta troppo tardi. Mostrando dubbi, esperimenti, ripensamenti, affermazioni, sofferenze tipici del genio
Flashback
La fiera focalizzata su arte antica e moderna era partita con la marcia giusta, e rischiava di soffrire di “ansia da prestazione”. E invece ogni volta l’esame è superato per qualità degli espositori, livello delle opere proposte, organizzazione impeccabile, pubblico richiamato. Tutte cose che la collocano ormai nel gotha internazionale del settore
Tibaldi al Museo Ettore Fico
Nella grande e affascinante sala illuminata da luce naturale al primo piano del MEF, l’installazione site specific Seconda chance diventa un omaggio ragionato e poetico al quartiere che ospita il museo, Barriera di Milano. Una prova di ottimo livello per Eugenio Tibaldi, artista piemontese che a lungo ha vissuto a Napoli e che ora torna, appunto, per una seconda chance
The Others + Nesxt
A The Others si può far meglio nella selezione delle gallerie, a Nesxt si può far meglio soprattutto a livello organizzativo, sia per quanto riguarda il circuito off che lo show al Q35. Resta il fatto però che Torino è l’unica città che riesce a stimolare la nascita e la crescita di eventi paralleli alla main fair. E che, pur con tutti i problemi interni alla città e alle sue relazioni, mostra di saper gestire al meglio cambi di direzione politica, crisi economico-finanziarie, difficoltà sistemiche. E poi c’è un ulteriore merito: insistere, come hanno fatto entrambi gli eventi, su un’area – quella di Regio Parco e dell’adiacente Barriera di Milano – che sta mostrando enormi potenzialità. Una iniezione di fiducia e creatività che altrove, non solo in Italia, si sognano
FLOP
Wael Shawky
Era – anzi erano, considerando le due sedi – fra le mostre più attese dell’art week, per il livello proprio delle location e per l’artista protagonista, uno dei talenti più fulgidi emersi negli ultimi anni sulla scena globale. Ma al Castello di Rivoli, dopo i bellissimi rilievi lignei iniziali, delude l’algida installazione centrale, ed i video – allestiti in “casematte” alquanto discutibili – sono ormai abbastanza visti. Anche alla Fondazione Merz qualche rilievo sugli allestimenti: qui soltanto video, che però si godono meglio in altre condizioni
Party periferici
Club to Club (festival di musica elettronica che quest’anno aveva, ancora una volta, una line up pazzesca) insieme a Dama aprono le danze, è il caso di dirlo, con una festa alla Reggia di Venaria. Artissima propone invece, intorno ai lightbox di Thomas Bayrle (nulla di memorabile, anzi), un party all’aeroporto di Caselle. Va tutto bene, ma qualcuno si è reso conto che si tratta di luoghi di fatto irraggiungibili con mezzi pubblici e che sia il festival che la fiera sono frequentati, vivaddio, anche da gente che arriva da fuori città e che magari non ha nessuna voglia di essere vincolato a navette di vario genere?
Operae + DAMA
La sintesi estrema potrebbe essere: non basta la location. È il limite che accomuna le fiere Operae e Dama, rispettivamente ospitate da Palazzo Cisterna e da Palazzo Saluzzo Paesana. Edifici notevoli, estremamente caratterizzati e gestiti in entrambi i casi con accuratezza. Però non basta: l’offerta di Operae, fiera dedicata al design, è a dir poco altalenante, con eccellenze come Luisa Delle Piane e Secondome che sono a pochi passi da proposte di gran lunga meno interessanti; quando a Dama, che ha la legittima scusante di essere alla prima edizione, sconta un confronto ancora più arduo con le sale che la ospitano: alcune gallerie portano pezzi veramente troppo minimal per riuscire a distogliere da affreschi e stucchi, altre procedono all’opposto e si scontrano con un avversario nettamente superiore
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Niente da dire sui nomi degli artisti presentati da quella che comunque resta l’istituzione di riferimento a livello di ricerca ed apertura internazionale. Ma le mostre proposte per questa occasione non riescono a conquistare. Forse perché tre mostre spezzettano troppo il grande salone centrale. Forse perché gli ultimissimi lavori di Ed Atkins non sono eccezionali, perché del compianto Faroucki avremmo visto più volentieri un’antologica, perché da Josh Kline ci saremmo aspettati un piglio meno didascalico. E forse anche perché il confronto con la potente installazione di Adrián Villar Rojas dell’anno scorso è restata negli occhi di tanti visitatori
Toulouse-Lautrec a Palazzo Chiablese
Poteva essere la classica grande mostra che fa rifiatare dall’abbuffata di contemporaneo e che in tanti ricercano in queste occasioni. E invece quest’anno Torino proponeva un nome di tutto rispetto, certo, ma con più di un problema. In primis perché di mostre di Toulouse-Lautrec se ne sono viste a palate negli ultimi mesi in Italia. E poi, soprattutto, perché sventolare la parola “retrospettiva” per una raccolta che conta sostanzialmente solo litografie e manifesti, per di più provenienti da un’unica collezione… beh, o si aggiorna il dizionario oppure è totalmente fuorviante
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