Altri miti e altri spazi, per la prossima Quadriennale

Un dubbio sulla Quadriennale di Roma: e se lo storico Palazzo delle Esposizioni non fosse il luogo migliore per ospitare la più importante rassegna di arte contemporanea nazionale? All’arte del 2020 serve un movimento dello spazio, che la rigidità classica dell’attuale sede non riesce a favorire.

L’IMPORTANZA DELLO SPAZIO
Non c’è contenuto senza contenitore. Mai il processo di fruizione artistica è indipendente dal contesto in cui avviene: lo spazio contenente l’opera influisce sulla percezione dell’opera stessa, condizionando la forza del sentimento del bello o del brutto e segnando il ricordo dell’esperienza. Per questo l’allestimento, a partire dalla scelta di una sede e dall’articolazione spaziale del percorso espositivo, è così importante al fine del successo di una mostra. Se questo principio è vero sempre, per una collettiva di arte contemporanea, dove generalmente le opere – spesso anche per un fatto di natura e dimensioni – reclamano “in prima persona” un dialogo con lo spazio ospitante, è ancor più evidente. Mentre per la 16. Quadriennale intitolata Altri tempi, altri miti, esposta a Roma fino all’8 gennaio prossimo, forse avrebbe dovuto essere tenuto in maggiore considerazione.

Marinella Senatore, Protest Forms Memory and Celebration, performance - Credits OKNOstudio - Courtesy La Quadriennale di Roma

Marinella Senatore, Protest Forms Memory and Celebration, performance – Credits OKNOstudio – Courtesy La Quadriennale di Roma

UN PALAZZO INADATTO
Qui il contenitore sono le sale del Palazzo delle Esposizioni, sede storica delle mostre sin dalla prima edizione del 1931 (tranne qualche isolata eccezione). Il contenuto è o dovrebbe essere il meglio della produzione artistica contemporanea nazionale. La domanda che può sorgere al visitatore delle dieci sezioni della rassegna (ciascuna pensata per fare da mostra nella mostra) è se lo storico contenitore sia ancora la sede più adatta ad accogliere un contenuto sempre meno imprigionabile in schemi spaziali ed espositivi classicamente rigidi. Ovvero se la scelta del Palazzo delle Esposizioni sia davvero, nel 2016, la decisione migliore, o non sia piuttosto un tributo dovuto alla tradizione e alla storia della Quadriennale.
Al di là del valore delle opere in mostra, anzi “al di qua” se si è accettato l’assunto che la maggior parte di esse non potrebbe “vivere” al di fuori del percorso espositivo, la sensazione forte è che la monumentalità del Palazzo delle Esposizioni strida con opere che, pur cercando in molti casi di riflettere un rapporto col passato (si potrebbe dire una memoria storica), rifuggono la simmetria e talvolta perfino l’angustia delle sale rettangolari del Palazzo. Tanto è vero che le sezioni più convincenti appaiono essere De rerum rurale e I would prefer not to, ovvero quelle che cercano di scardinare la monotonia di un vuoto parallelepipedo ricreandovi all’interno un sentiero inedito, un’installazione architettonica, un intreccio di opere, insomma: un “movimento dello spazio”, che dell’arte contemporanea è quasi sempre un elemento costitutivo.

Domenico Quaranta, Cyphoria, exhibition view - Credits OKNOstudio - Courtesy La Quadriennale di Roma

Domenico Quaranta, Cyphoria, exhibition view – Credits OKNOstudio – Courtesy La Quadriennale di Roma

RIGIDITÀ VS CONTEMPORANEITÀ
Le sei sale simmetricamente disposte ai due lati del grande spazio centrale – desolatamente vuoto –, con i loro entra-ed-esci, quasi la visita fosse un reiterato intingersi nelle diverse mostre-nella-mostra, rischiano invece di suscitare nello spettatore un senso di déjà-vu o, peggio, alla lettura dell’ennesimo pannello (poco) esplicativo, la domanda “Ancora?”. D’altro canto, il non aver sfruttato il piano superiore, e la sua possibilità di rompere “verticalmente” un percorso piatto in tutti i sensi (e sbilanciato verso le ultime, più dense sezioni), appare davvero un peccato di modestia.
Non si contesta, beninteso, la qualità delle opere, né la scelta di una super-collettiva, seppure questa si presti a una maggiore dispersività (le sezioni della Quadriennale non sono i padiglioni della Biennale). Piuttosto si vuole discutere la valorizzazione delle opere in un luogo che, se pienamente funzionale in un Novecento meno anarchico nelle sue tendenze e forme, non sembra più adatto a contenere arte che non può più fare a meno di una multiforme veicolazione espressiva, anche virtuale; e che può essere meglio inserita, nella generalità delle sue manifestazioni, in spazi più “leggeri” e meno prevedibilmente squadrati. Il Palazzo delle Esposizioni ha il vantaggio di essere in centro città, e facilmente raggiungibile dalla stazione Termini. Ma altre sedi come il Macro (più via Nizza che Testaccio), o il Maxxi, con la loro architettura labirintica, con le loro sale tutte diverse e disposte random, potrebbero rappresentare una valida alternativa per la Quadriennale del 2020. Avendo già in sé quel movimento che rompe gli schemi e invoglia alla scoperta.

Marco D’Egidio

Roma // fino all’8 gennaio 2017
16. Quadriennale d’arte – Altri tempi altri miti
PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI
Via Nazionale 194
06 39967500
www.quadriennale16.it

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/56688/16-quadriennale-darte-altri-tempi-altri-miti/

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Marco D'Egidio

Marco D'Egidio

Ingegnere civile con la passione dell'arte e del cinema, scrive recensioni per Artribune da quando la rivista è stata fondata. Nel frattempo, ha recensito anche per Giudizio Universale e pubblicato qualche editoriale sul sito T-Mag. Sempre a tempo perso, tiene…

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