Referendum Costituzionale. Il mondo dell’arte dice la sua: il SÌ

Seconda e ultima puntata della nostra inchiesta su mondo dell’arte e referendum costituzionale. Dopo una serie di riflessioni a favore del NO, oppure orientate al dubbio e all’astensionismo, pubblichiamo una lista di contributi per il SÌ. Provando a tirare le somme e decretando, almeno per il nostro campione, la vittoria di chi scommette su questa Riforma (e anche, in parte, su questo governo).

 Referendum - L'Italia che dice Sì

Responsabilità verso il Paese. Resistenza all’ascesa di destre e populismi. Fiducia nell’idea di cambiamento, in direzione di maggiore efficienza, semplificazione, stabilità. Paura di un vuoto politico, con la caduta del Governo. Spirito riformista, contro approccio conservatore. Mediazione contro utopia. Insofferenza verso una classe politica vecchia e inconcludente, che ostacola chi prova a innovare.
Sono le principali motivazioni di chi, in tema di referendum, si schiera per il SÌ. Il campione di artisti e intellettuali che promuovono la Riforma, tra coloro che abbiamo interpellato, sceglie delle letture politiche, sociologiche, culturali. Una netta maggioranza, rispetto a coloro che nella prima puntata della nostra inchiesta ci hanno dichiarato un NO convinto o dei dubbi granitici. Il risultato smentisce la percezione di un rumore di fondo tutto al negativo. E sono tanti i professionisti – fra collezionisti, galleristi, artisti, giornalisti, curatori – che si aggiungono alla lista. Tra questi: Bianca Attolico, Francesco Cascino, Beatrice BertiniAndrea Bruciati, Elena Del Drago, Bruno Di Marino, Simone Frangi, Giovanni Gaggia, Massimo Minini, Gianfranco Notargiacomo, Marco Neri, Marcello Smarrelli, Marco Tagliafierro, Sergio Tossi

Costituzione Italiana

Una rappresentazione di quella cosiddetta maggioranza silenziosa che potrebbe sbugiardare sondaggisti e bookmaker? Certo è che a leggerne i testi, il valore simbolico di questo voto emerge con chiarezza. Si tratta di due visioni del mondo a confronto. L’una, pragmatica, progressista, decisionista, dinamica, rivolta al futuro, desiderosa di stabilità e di mutamenti strutturali, si identifica col SÌ. E ben si incarna in una recente riflessione dell’ex senatrice Simona Mafai, storica esponente del PCI: “Vi è in Italia (e nella sinistra!), dove tutti dicono di voler cambiare, un immobilismo di fondo, perché anche se ci sono tante cose che non vanno bene, alla fine ‘tutto si tiene’, ed ogni modifica reale disturba qualche corporazione. Io continuo a sperare che il 4 dicembre donne e uomini che oggi stanno in silenzio, vadano a votare a favore della Riforma. C’è qualche rischio? Forse sì. Ma nella vita, pubblica e personale, ogni cambiamento comporta dei rischi”.
Sul fronte opposto, c’è chi il rischio non lo ama. Chi tiene alta la guardia, nel sospetto di trame oscure e derive antidemocratiche. Chi predilige sistemi frammentati, capaci però di tenere insieme le molte anime del Paese, oltre l’idea del vincitore certo, della stabilità a tutti i costi, della stessa possibilità di attualizzare la Costituzione.
Tutto questo, in varia misura, traspare dalle dichiarazioni raccolte. In forma di sensibilità diffusa e di prospettiva ideale.

FRANCESCO ANNARUMMA
Gallerista – Annarumma Gallery, Napoli

Perché voto SÌ? Essenzialmente per tre motivi: 1) Perché sono sempre stato contro il bicameralismo cd. paritario. Due camere con identiche funzioni hanno solo contribuito ad allungare i tempi della politica. 2) Perché ci sarà una riduzione del numero dei senatori, con un buon risparmio economico per lo Stato 3) Perché con la riforma si aboliranno le Province e con esse tutta la burocrazia che questi enti territoriali comportavano. 

Renato Barilli

Renato Barilli

RENATO BARILLI
Critico d’arte, accademico, critico letterario

Sono un acceso sostenitore del SÌ. Niente di più logico di farla finita col bicameralismo perfetto, che frena le decisioni rimandandole all’infinito. Pietose le menzogne degli avversari che sostengono come questa duplicità di comandi in definitiva sia innocua. Mai come ora pesa la differenza di composizione tra Camera e Senato, per cui si trema quando un provvedimento dalla prima passa al vaglio del secondo, dove la maggioranza è sempre a rischio.
Caso mai, era forse meglio abolire del tutto il Senato, ma anche così saremo noi a eleggerne i membri, quando voteremo per sindaci e presidenti di regione, magari con l’avvertenza di specificare chi tra loro vorremmo mandare al Senato.
Le riforme proposte sono del tutto sostenibili, l’opposizione non è contro di loro bensì contro Renzi, e proviene da chi vuole sbarazzarsi di lui per farci ricadere nella solita ingovernabilità. I postcomunisti, che mai sono riusciti ad andare al potere, vogliono far fuori l’inopportuno socialdemocratico che fa rialzare la testa agli odiati “parenti poveri”, tenuti schiacciati sotto il loro tallone per decenni. Le varie forme di destra vedono con raccapriccio portarsi via la maggioranza che avevano avuto in mano, grazie alla DC e poi a Berlusconi, nell’intera seconda metà del secolo scorso. 

Luca Beatrice

Luca Beatrice

LUCA BEATRICE
Critico d’arte, curatore, docente dell’Accademia Albertina di Torino
Presidente del Circolo dei lettori di Torino

Nonostante non sappia interpretare con sufficiente competenza il quesito referendario, voterò SÌ. E questo oltre ideologie, schieramenti e appartenenze partitiche. Ritengo infatti che anche un elettore moderato, storicamente vicino al centro destra come me, non possa non percepire la necessità di un cambiamento che garantirebbe forse un più stabile equilibrio governativo per il futuro.
Inoltre, è il dato più importante, non mi piace per niente l’accozzaglia venutasi a creare nel cosiddetto fronte del NO, con gli opposti estremismi che si danno manforte. E comunque non voterò mai insieme al M5S. Si tratta di incompatibilità assoluta, per ciò che mi riguarda.

 

Achille Bonito Oliva

Achille Bonito Oliva

ACHILLE BONITO OLIVA
Critico d’arte, saggista, accademico, curatore

Voto SÌ in quanto ritengo questo referendum il sintomo di un dinamismo che Renzi cerca di innescare negli ingranaggi di una macchina statale inceppata da troppi decenni. Si tratta di una Riforma che contiene l’auspicio di uno snellimento della burocrazia, il superamento di istituzioni replicanti, l’adozione di una camera unica per l’approvazione delle leggi e la revisione dei rapporti tra Stato e autonomie locali.
Dal punto di vista politico, disapprovo totalmente l’atteggiamento della minoranza PD, che si comporta da opposizione, fomentando una faida generazionale i cui rappresentanti principali sono Bersani e D’Alema.
Quanto al piano internazionale: con l’elezione di Trump ha vinto il Capitalismo rurale, di stampo protezionistico e localistico, che riprende la tradizione del presidente Monroe, colui che diceva “l’America agli americani”. La percezione è quella di un egoismo diffuso, lo stesso che permette a Orban e Putin di felicitarsi per la vittoria del neo presidente USA, e a diversi Paesi europei di erigere muri materiali o legislativi. È un fenomeno inquietante: un populismo che si diffonde a livello planetario, contro la globalizzazione e a favore di un protezionismo territoriale. Il tutto ben rappresentato in Italia da Grillo e Salvini. Naturalmente, a discapito della vittoria del SÌ al referendum.

 

Massimo Canevacci

Massimo Canevacci

MASSIMO CANEVACCI
Antropologo, saggista, accademico

Motivo il SÌ con uno sguardo semi-straniero dal Brasile. E non ho dubbi: la Costituzione “desidera” essere snellita nelle procedure e nelle filosofie. La relazione con la legge elettorale (che non riguarda la Riforma costituzionale) mi pare usata in senso strumentale, e a proposito di Italicum il doppio turno mi sembra garanzia di governabilità applicata in diverse democrazie. Quanto alla legge ad hoc per l’elezione dei consiglieri regionali/senatori, appoggio la necessità di votarli direttamente, come previsto dalla proposta Fornaro-Chiti sostenuta dal PD, secondo indicazioni della Riforma stessa (“conformità al voto popolare”). Ma il punto centrale è diventato essere a favore o contro il governo. Esplicito il mio consenso:
– accoglienza dei rifugiati che, come antropologo, colloco al primo posto
– difesa dei diritti civili
– centralità su digitale/innovazione
– flessibilità e continuità lavorativa nel Jobs Act – miglioramenti sulla gestione culturale
L’Italia nel contesto globale: il Brasile vive derive autoritarie (evangelici sessuofobici, fazendeiros, capitale finanziario, mass media violenti), tendenze conservatrici in Argentina, populismo chavista nel Venezuela; negli USA Trump, neo vincitore, rappresenta il complesso autoritario nazional-populista radicale/globale; mentre il M5S pratica un’esplicita personalità digital-autoritaria, esaltata da militanti ed elettorato. Condivido le scelte politico-culturali solo di Canada, Grecia e Italia. Per questo, rafforzare il governo Renzi col SÌ è scelta non solo costituzionale, quanto culturalmente progressiva e politicamente innovativa.

 

Francesco Casoli

Francesco Casoli

FRANCESCO CASOLI
Collezionista, Presidente del gruppo industriale Elica e della Fondazione Ermanno Casoli

Ritengo che normalmente il voto sia segreto e che non si debba sbandierare in giro.
Nel caso di questo referendum penso che la regola possa saltare: decidiamo il futuro vero di una Nazione. La nostra.
La mia convinta decisione è di votare SÌ.
Faccio l’imprenditore e mi occupo di arte, molto di riflesso, grazie alla fondazione Ermanno Casoli; ho quindi la fortuna di interagire con diversi mondi e, non ultimo, sette anni da Senatore mi hanno fatto capire anche quella parte della barricata.
Perché SÌ? Perché se nella mia azienda fossi stato immobile nelle regole e nella visione, sarei scomparso. Perché una fondazione che lavora nell’arte ha bisogno di punti di riferimento chiari e regole certe. Oggi è impossibile per ogni politico – e vengo alla mia terza esperienza –ammodernare la macchina della burocrazia pubblica: non ci sono gli strumenti.
Macchina che tutto controlla, tutto decide e tutto rallenta.
Abbiamo bisogno di sapere se possiamo andare avanti, oppure se non possiamo. Abbiamo bisogno di energia. La riforma non sarà LA soluzione a tutto. Ma ci darà una spinta forte verso il rinnovamento, poi toccherà a tutti noi migliorare nelle cose che facciamo.
Rimanere fermi sul NO, sono convinto, farà ritornare quel vecchio modello di governo che tanto è amato da chi non vuol decidere. E senza il cambiamento affonderemo lentamente.

Fabio Cavallucci

Fabio Cavallucci

FABIO CAVALLUCCI
Direttore del Centro d’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato

Dopo anni in cui di riforme si è soltanto parlato, ora una riforma è pronta per essere attuata. Si potrà obiettare che non è perfetta, magari che è scritta male, ma è il meglio che si è potuto raggiungere in questo momento. Chi ribatte che non è vero che il Senato sparisce (e con esso il bicameralismo) dovrebbe ricordare che Renzi cercò di cancellarlo completamente, ma alla fine ha dovuto accettare un compromesso che porta comunque a una riduzione drastica dei senatori e mantiene la necessità di un secondo vaglio delle proposte di legge – col relativo allungamento dei tempi – solo per una minima parte di esse. Cose simili si potrebbero dire per gli altri punti della riforma: l’abolizione di un ente inutile come il CNEL, il rapporto tra Stato e autonomie locali, ecc.
Ma non possiamo far finta che questo referendum sia solo un fatto tecnico e non politico. Vogliamo sostenere chi ha mostrato di far seguire al dire il fare, in una percentuale superiore a qualsiasi altro uomo politico degli ultimi trent’anni, oppure vogliamo tenerci una quantità di abili parlatori, bravissimi a riempire i talk show, ma spesso incapaci di realizzare cose concrete?
Matteo Renzi ha perlomeno introdotto la velocità e l’operatività nel dibattito politico. Direi dunque che, sia per ragioni di merito, che per ragioni politiche, chi ha a cuore il futuro dell’Italia, chi ha una visione innovativa, dovrebbe votare SÌ. 

Tiziana D'Acchille

Tiziana D’Acchille

TIZIANA D’ACCHILLE
Direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Roma

Ritengo che l’Italia sia, fortunatamente, a un punto di svolta. Nonostante la sua storia politica e le sue istituzioni siano ancora tra le migliori al mondo, è un Paese che vede la necessità e l’urgenza di radicali riforme.
L’appuntamento del 4 dicembre può rappresentare un’occasione per dar voce alle forze migliori, quelle che guardano all’Italia come a una nazione in crescita e al passo con i maggiori partner internazionali. Le azioni per far ripartire crescita e sviluppo passano inevitabilmente attraverso uno snellimento delle procedure legislative, cui deve però accompagnarsi anche la capacità di programmare e riformare con competenza e capacità di ascolto, senza cadere nella trappola del cambiamento fine a se stesso.
Come Direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Roma, non posso che aspettarmi in tempi brevi una radicale riforma del sistema della formazione artistica superiore, sistema centrale per il nostro paese e da troppo tempo lasciato in una sorta di limbo normativo. Mi auguro che la spinta riformista del 4 dicembre possa incontrare il favore degli elettori, così come mi auguro che il sistema dell’arte possa tornare a rappresentare un vanto per l’Italia.

Danilo Eccher

Danilo Eccher

DANILO ECCHER
Critico d’arte e curatore

Voto SÌ perché ho letto le proposte di modifica e, malgrado non si tratti esattamente della “mia” riforma, è un segnale che anche in Italia si può cambiare. Puntare alla riforma perfetta? Forse in quei Paesi che conoscono innovazione e velocità legislativa. Ma da queste parti il “Meglio” è il peggior nemico del “Bene”.
Non si possono nascondere le criticità, ma parlare di deriva autoritaria o di violenza sulla “carta più bella del mondo” è francamente ridicolo.
Intanto, scorgere all’orizzonte un potenziale Duce è compito arduo: abbiamo alimentato per decenni una classe dirigente modestissima, se non addirittura vergognosa; pensare che in quel recinto si annidi un genio del male è fantascientifico. Secondo, la “carta più bella del mondo” è un’assoluta sciocchezza. Tutti i Paesi occidentali hanno Costituzioni che sul fronte dei principi basilari sono sovrapponibili; si distinguono invece sul fronte della gestione dello Stato, ed è su questi temi, solo su questi, che la riforma interviene.
Infine, ho un basso livello di tolleranza per tutto ciò che viene dichiarato immodificabile. La vita ci dimostra quanto la realtà sia mutevole e ben lo sapevano i Padri Costituenti, che regolarono le modalità di revisione della Carta.
Dunque voto SÌ, anche se ho delle perplessità sul nuovo Senato (dà una reale rappresentanza alle Regioni?) e sulle modifiche al Titolo V (una democrazia evoluta dovrebbe tendere a responsabilizzare i territori, al netto dei singoli fallimenti).
Detto ciò, considero la riforma un’apertura, uno spiraglio sulla possibilità di agire, di modificare, di innovare, anche a costo di dare ragione al Presidente del Consiglio. 

Raffaella Frascarelli e Stefano Sciarretta

Raffaella Frascarelli e Stefano Sciarretta

RAFFAELLA FRASCARELLI e STEFANO SCIARRETTA
Collezionisti

Votiamo SÌ. Restituire forza al governo centrale è indispensabile nell’ottica di riforme che garantiscano una crescita economica e sociale stabile. Questi cambiamenti daranno effetti positivi immediati sul sistema giudiziario e sul malfunzionamento della burocrazia, potenzieranno i governi regionali, faranno respirare i Comuni e, soprattutto, spazzeranno via un’intera casta di potere. Il 4 dicembre non tornerà più: è la grande occasione degli italiani per creare una discontinuità con il passato e anche per assumersi la responsabilità etica di rappresentare una nazione che storicamente ha già imparato a caro prezzo cosa siano il populismo e le sue pericolose conseguenze.
La paura di cambiare e di trasformarsi è il vero problema delle democrazie occidentali: il SÌ è l’unica strada per iniziare a scegliere un futuro migliore. 

Antonio Galdo

Antonio Galdo

ANTONIO GALDO
Giornalista, saggista, direttore di nonsprecare.it, collezionista

Questa riforma costituzionale in molte parti è scritta male, malissimo. Ma contiene alcuni cambiamenti che, dopo trent’anni di inconcludenti discussioni (la rappresentazione del declino, non solo politico, di un Paese), sono sacrosanti: per esempio, la fine del bicameralismo perfetto, per cui Camera e Senato fanno la stessa cosa, con un enorme spreco di risorse e di efficienza.
Inoltre il SÌ diventa, a mio parere, una scelta obbligata per il significato, improprio e schizofrenico, che il referendum ha assunto: il fronte del NO è dominato da persone che hanno solo l’interesse, spesso personale, di mandare a casa Matteo Renzi. Senza un’alternativa in campo che non sia la palude o, peggio, qualche avventura da neopopulismo, un versante sul quale siamo stati antesignani nel mondo, nell’ultimo, abbondante ventennio.
In politica, purtroppo, le anomalie tendono sempre a riprodursi e, come nell’arte, le copie sono comunque peggiori dell’originale. Abbiamo creato partiti, governi, leggi e politica ad personam: e adesso è normale che dobbiamo anche sciropparci, dopo un’infinita campagna elettorale e in piena Grande Crisi, un referendum costituzionale ad personam. 

Matteo Lucchetti

Matteo Lucchetti

MATTEO LUCCHETTI
Curatore della 16ma Quadriennale d’arte, co-direttore Visible project

Difficile sintetizzare la complessità dei tanti ragionamenti sulla Riforma, ma ad oggi trovo molte ragioni per dire SÌ e altre, molto scarse e ideologiche, per dire NO. Tra queste ultime c’erano grandi riserve rispetto all’impatto della nuova legge elettorale sulle camere riformate, ma com’è noto Cuperlo ha ottenuto da Renzi la modifica dell’Italicum, lasciando quindi il NO a teorie sui massimi sistemi, a populismi anti-establishment, o a un voto di protesta contro il governo. Tutte cose che poco hanno a che fare con la modifica dei 47 articoli.
Ciò che vedo concretizzarsi è la possibilità di migliorare l’infrastruttura parlamentare, uscendo dalla stasi connessa a un bicameralismo stanco e anacronistico. Quante altre democrazie europee hanno due Camere con uguali funzioni, che invece di operare da reale contrappeso l’una all’altra ingigantiscono la burocrazia e rallentano ogni tentativo di cambiamento e di progresso? Per fare un esempio, la legge Cirinnà sulle unioni civili con questa riforma sarebbe stata approvata molto prima e con l’inclusione della fondamentale step-child adoption.
La si poteva scrivere meglio? Probabilmente sì, ma credo che l’inarrivabile e poetica perfezione del testo originale possa avvicinarsi alla sua totale attuazione solo quando la macchina sarà più efficace e coerente con i tempi. L’assemblea costituente stessa si espresse rispetto alla necessità di ripensare la parte che disciplina gli assetti istituzionali. Questo referendum può rispondere a un’eredità rimasta inascoltata per quasi settant’anni.

Teresa Macrì

Teresa Macrì

TERESA MACRÌ
Critica d’arte e saggista, docente dell’Accademia di Belle Arti di Roma

Ho sempre avuto una considerazione alta della politica, arendtiana, come costruzione della polis e interlocuzione della pluralità, e benché possa sembrare quasi demodé, in questa violenta temperatura di faziosità da hooligans che si è creata, è ancora l’unica forma di trasformazione sociale in cui credo. Tale attitudine comporta la costanza dell’agire politico e lo scavalcamento dell’improvvisazione, della rabbia e della violenza retorica. Con tenacia mi discosto dalla deriva post-ideologica che abbraccia l’onda dei populismi e dei qualunquismi che sterzano a destra, e mi separo dagli ostracismi demagogici che consolidano quella deriva politica e culturale globale che ci ha regalato Brexit e Trump!
Come è avvenuto per tutte le avanguardie e post-avanguardie artistiche, il rischio è insito nel mutamento, mentre la cristallizzazione del mondo sta nello status quo. La mia natura tende al cambiamento e alla decostruzione degli schemi prefissati e mai condivisi. Per questi motivi (e per molti altri) voterò al referendum per la riforma costituzionale convintamente SÌ. 

Bartolomeo Pietromarchi

Bartolomeo Pietromarchi

BARTOLOMEO PIETROMARCHI
Critico d’arte e curatore, Direttore del MAXXI Arte, Roma

1) È una occasione storica. Chi sostiene il NO sta negando a questo Paese l’unica occasione epocale per una seria e radicale riforma che, anche se non perfetta, rappresenta un nuovo inizio da cui prendere le mosse per metterne a punto, correggerne e migliorarne contenuti e procedimenti. La riforma rappresenta, qui e ora, il giro di boa di una generazione e di molte future.

2) Il mondo globale è fondato sulla velocità di decisione ed efficacia delle istituzioni. Il maggior male di questo Paese è la lentezza, la paura del nuovo, la burocrazia, che per queste ragioni ha sempre danneggiato i diritti dei cittadini e il sistema Paese. Il SÌ è una scossa allo status quo in un sistema obsoleto che non risponde più alle esigenze di una seria politica di oggi. Gli strumenti devono essere aggiornati e questa riforma è un ottimo punto di partenza. Non c’è più tempo per rimandare.

3) L’immobilismo è antidemocratico. La Costituzione è un organismo vivo che deve crescere e trasformarsi nel tempo. La vera deriva autoritaria, sostenuta dai detrattori della riforma, non è una sana e democratica presa di responsabilità delle decisioni ma è piuttosto l’attuale sistema, che nel pantano dell’immobilismo, dell’incertezza e nelle zone grigie fa fiorire e coltiva l’ingiustizia, il privilegio, il clientelismo.

4) Vincerà il SÌ. Il NO fa male alla democrazia. 

Giancarlo Politi

Giancarlo Politi

GIANCARLO POLITI
Editore e fondatore di Flash Art

Il Referendum? Credo che non cambierà nulla, come tutte le cose in Italia. Malgrado ciò voterò SÌ, perché Renzi è attualmente in Italia il solo politico (anche se arrogante e bugiardo come tutti i politici) decisionista e inventivo, grande lavoratore che sa dire anche no. Insomma un politico moderno. Dopo di lui il vuoto. Io sono un liberale (lunga militanza con il primo Pannella) e Renzi oggi è il meno peggio. Anche se a votarlo mi turo il naso, come diceva  Montanelli.
Detto ciò,  in Belgio, nei diciotto mesi senza governo, c’è stato un boom economico inaspettato. Si tratta di un paradosso ma che spesso ha funzionato: si accelerano i processi produttivi, la gente si sente più libera, le maglie della burocrazia si allargano… Io credo che anche in Italia si verificherebbe lo stesso fenomeno.

Sergio Risaliti

Sergio Risaliti

SERGIO RISALITI
Storico dell’arte, critico, curatore, saggista

Il referendum sta spaccando il Paese in due. Tra pericolose posizioni conservatrici-populiste e posizioni progressiste-riformiste.
Credo che per quanto si sia rivelata un boomerang, la personalizzazione iniziale di Renzi sia persino ovvia. Fin dal primo giorno si è assunto la responsabilità di alcune battaglie: quelle interne al partito e quelle di governo. Si è comportato da leader. E così ha affrontato questa sfida cruciale, riposizionando l’Italia in Europa e a livello internazionale.
Ha ragione anche quando dice che dalla parte del NO c’è una compagine che spaventa. Mi chiedo come D’Alema (ex “líder máximo”, che ora cavalca il ridicolo terrorismo dell’uomo solo al comando) possa condividere il suo voto con un Salvini, che fa del razzismo e dell’egoismo localista un cavallo di battaglia. Lui e Bersani collaborano con Grillo e le destre per far cadere il governo, col rischio di bloccare il Paese. Con quale dignità, etica e prospettiva politica, la minoranza PD – che in decenni non ha combinato nulla – sta oggi con fascisti e reazionari? Dentro la Riforma c’è l’annullamento definitivo di Province e CNEL, lo snellimento di alcuni processi legislativi, la redistribuzione dei compiti tra Stato e Regioni. E c’è in parte l’auspicato taglio delle spese: basti pensare che il numero dei deputati italiani non ha eguali nel mondo.
Chi sta col NO difende il controllo di territori e poltrone, il clientelismo, l’influenza delle correnti nella composizione del Parlamento. E cavalca il populismo. Ma dopo quasi sette decenni l’ordinamento dello Stato può essere attualizzato: il mondo di allora non è quello dei nostri figli. Per tutte queste ragioni, voterò SÌ. 

Valerio Rocco Orlando

Valerio Rocco Orlando

VALERIO ROCCO ORLANDO
Artista

Io voto SÌ, perché credo che la sfida più importante oggi sia guardare avanti e non fermarsi. Questa riforma snellisce e include, velocizza e accresce la partecipazione dei cittadini. Se da anni l’intellettuale, non riconosciuto nel territorio di appartenenza, è costretto a muoversi e lavorare altrove, tanto più adesso è necessario esporsi in prima persona e attivare un dialogo in prima linea.
Confrontandomi con artisti, studenti e anziani, tra nord e sud, comprendo che il coro di dissenso dilaga, non solo come forma di protesta, ma come incapacità di ascolto e dialogo. Nel caso in cui la pars destruens prenda il sopravvento, il rischio è di lasciare che il populismo spopoli e inizi una nuova ondata di esodi.
Impegniamoci nel nostro Paese, per il nostro Paese. Riprendiamoci il nostro posto, riattiviamo il confronto. È ora il momento di impegnarci tutti, perché il bene comune non si frantumi tra le mani di chi non riesce neppure a immaginare come possa prendersene cura.

Gianni Romano

Gianni Romano

GIANNI ROMANO
Fondatore ed editore di Postmedia Books

Forse un SÌ non basta, così come non basta un hashtag, ma spero che non sia importante chi vince o chi perde, quanto che gli italiani smettano di essere “contro” e comincino a partecipare a quella “cosa comune” che continuano a ignorare.
Molti hanno vissuto con disagio la comunicazione di questo referendum, e proprio la comunicazione è uno dei problemi, così come l’informazione, in una crisi che non trova soluzioni. Il problema è quindi più grande di quel che sembra: non più una lotta tra destra e sinistra, ma tra politica e anti-politica. Non ci sono più elettori: da una parte gente che rinuncia, non partecipa, non usa il proprio voto e non ha un’opinione; dall’altra i tifosi, lo squadrismo online che ingolfa la comunicazione di dati inutili e fuorvianti, avendo come unico scopo la delegittimazione dell’altro.
Voterò SÌ, assolutamente SÌ, perché bisogna che il Paese sia messo nelle condizioni di poter lavorare, perché credo ancora nelle possibilità della politica, perché penso che l’anti-politica sia una cosa ormai vecchia (eredità del berlusconismo e dell’inazione dell’anti-berlusconismo). Perché il nostro Paese deve recuperare tanto e sprecare meno. E perché mi piace quando Obama urla al suo pubblico “Don’t boo, stay focused”. 

Fabio Sargentini

Fabio Sargentini

FABIO SARGENTINI
Gallerista, scrittore, autore teatrale

 Il PD è un partito maledettamente masochista. È mai possibile che dopo avere silurato indegnamente la candidatura alla presidenza della Repubblica di Romano Prodi, il suo leader storico di maggiore prestigio internazionale, oggi esso voglia azzoppare Matteo Renzi, capo del governo e segretario del partito, un leader appena quarantenne dal grande dinamismo e apprezzato nelle più alte sedi internazionali? Un secondo harakiri politico sarebbe esiziale. Davanti a questo spettacolo inverecondo del PD che si dilania, il comico Grillo si compiace e plaude.
Detto ciò, voto SÌ al referendum costituzionale senza esitazioni. Tutte le considerazioni dei costituzionalisti contrari, pur sacrosante, non offuscano il raggiungimento di un obiettivo epocale della riforma: il superamento del bicameralismo paritario. E poi ci vuole buonsenso. Non si può far precipitare il Paese in una crisi di governo, in questi tempi populisti e calamitosi.

Marinella Senatore

Marinella Senatore

MARINELLA SENATORE
Artista

Voterò SÌ al referendum. A malincuore, senza un vero sentimento di fiducia e pensando a un testo che non mi convince del tutto, nonostante il quesito referendario sia molto chiaro. Ma dobbiamo andare avanti e non possiamo permetterci un NO.
Per anni sono stata attivista, militante, senza temere niente e nessuno, ora sono spaventata: leggo l’elezione di Trump negli Stati Uniti come il risultato non solo di razzismo, omofobia, maschilismo, rabbia, ma anche come una scelta delle classi sociali meno abbienti, su cui si ritorcerà tale decisione, come sempre è stato. In Italia e in molti Paesi europei, folli strutture di matrice fascista si ripetono e l’argine non esiste: la sinistra ha delle responsabilità decisive, dal momento che non riesce a creare una visione.
Le fazioni di questo referendum sono entrambe borghesi, autoritarie, in concorrenza per la gestione del potere che globalizza la miseria e accentra la ricchezza nelle mani di pochi. Le aree tanto del SÌ che del NO sono discutibili, benché queste ultime siano decisamente e gravemente impresentabili. Ma questo Paese ha bisogno di camminare. Di essere riformato, governato e reso più efficiente. Termino con una frase di Martin Luther King: “I have decided to stick with love. Hate is too great a burden to bear”.

Maria Rosa Sossai

Maria Rosa Sossai

MARIA ROSA SOSSAI
Critica d’arte, docente, fondatrice di ALAgroup

Ho guardato il fronte del NO e non mi sono piaciute le facce che ho visto. Non credo alla buona fede degli sfascisti, dei fascisti, degli ex democristiani, dei sepolcri imbiancati, degli opportunisti, dei nuovi arrivati, dei vecchi nostalgici, dei giovani rampanti in carriera, dei radical chic del no, degli intellettuali snob très engagés a parole.
Preferisco stare dalla parte della gente normale, imperfetta, confusa a volte, insieme a quelli che come me credono che cambiare sia meglio di restare a metà del guado, che il compromesso sia più sano e umano dei principi ideologici puri e duri.
Non è la migliore riforma possibile, ma bisogna pur iniziare a fare piccoli passi. Non voglio vivere nell’immobilità, perché lì ci sono solo puzza, buio e risentimento.
C’è più luce e fa più caldo nell’essere insieme. Nel presente e forse nel futuro. 

Giuseppe Stampone (autoritratto)

Giuseppe Stampone (autoritratto)

GIUSEPPE STAMPONE
Artista

Il mio SÌ nasce innanzitutto da un’esigenza di coerenza politica. Io sono un romantico, da sempre innamorato della sinistra (anche se a volte mi fa un po’ incazzare!). La politica è come la squadra del cuore, come una fede. Non si cambia. Non posso condividere un punto di vista con gente che storicamente e moralmente sta all’opposto dei miei valori, e mi riferisco alla compagine di destra. Il pericolo di essere strumentalizzati è forte.
E allora mi rivolgo a tutti quegli artisti che lavorano sull’immigrazione, su temi etici e sociali, sul senso dell’Europa, e che oggi si ritrovano con Forza Nuova e Casapound a difendere il NO: ma come fate? Le orge politiche io non le ho mai tollerate.
Questo referendum è un’occasione di svolta, in un Paese che ha fatto della staticità una prassi. A partire dalle procedure legislative, che saranno semplificate. Ci lamentiamo che le cose non cambiano e quando c’è un’opportunità seria ne facciamo un fatto personale. La sinistra ha perseguito nei decenni il superamento del bicameralismo perfetto. E quella minoranza che oggi si oppone lo fa per una guerra contro Renzi: ma può mai l’egoismo personale condizionare il bene comune?!
Non amo Renzi, ma ancora meno mi piace questo dibattito interno al PD, con la parte più conservatrice – vedi D’Alema – che mette i bastoni tra le ruote a chi vuole superare una situazione stagnante, inclusi inciuci e instabilità governativa tipici della Prima Repubblica, di cui siamo figli.
Un artista non può essere contro il cambiamento, non può essere un conservatore. E deve avere il coraggio di uccidere i propri padri. 

Gian Maria Tosatti

Gian Maria Tosatti

GIAN MARIA TOSATTI
Artista

Il mio SÌ al referendum è una scelta ponderata nel merito. Condivido questa riforma sufficientemente a livello di principi e decisamente in termini di pragmatismo. L’attuale classe politica ha reso inefficace un delicato strumento come il bicameralismo perfetto. Un parlamento che non “parlamenta” più, ma si limita a una guerra di trincea fra opposizioni, necessita di ordine e agilità nell’attività legislativa. Mi pare che in questo la riforma centri degli obiettivi molto concreti.
Per il resto, ammetto che mi sentirei in forte imbarazzo a seguire le indicazioni di alcuni leader politici – da Berlusconi a Salvini a D’Alema – che hanno portato avanti un sistematico sabotaggio di questo Paese. Rispetto coloro che giudicano con sospetto l’operato di Matteo Renzi – da cui mi divide una intera eredità politica –, ma sulla pericolosità dei suoi oppositori abbiamo prove storicamente certe.
Non cambiare significa mantenere quest’Italia che ci ha fiaccati e impoveriti culturalmente. Significa mandare a casa un governo che ha lavorato molto e bene, facendo in due anni e mezzo più di quello che gli altri hanno fatto in venti. Renzi non è il salvatore della patria, ma è un esempio (unico, ad oggi) di serietà e solerzia. E i difetti del suo governo possiamo correggerli con la partecipazione e l’impegno politico, non mandando all’aria tutto.
Dunque, anche se si volesse ridurre questo referendum a un voto politico – cosa che auspica il fronte del NO – sarei ancor più sicuro della mia intenzione di voto. 

Claudio Verna

Claudio Verna

CLAUDIO VERNA
Artista

Voto SÌ al referendum del 4 dicembre 2016 perché sono trent’anni che si parla di aggiornare la Costituzione e finora non si è trovato l’accordo su nulla.
Ora l’intesa raggiunta è forse precaria e imperfetta, ma almeno è un punto di partenza.
Sono per il SÌ perché il mio voto è politico e rivolto al futuro: se le nuove norme non si riveleranno del tutto efficaci sul piano pratico, vorrà dire che si cambieranno ancora.
Voto SÌ perché pensare che in politica tutto deve essere perfetto oppure è inutile, è moralismo da quattro soldi. Voto SÌ perché molti politici sostenitori del NO hanno quasi sempre fallito e ora non hanno più né prestigio né credibilità.

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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