Amici su Facebook di Edvard Munch
Era abbonato a tutte le riviste internazionali del periodo, faceva filmini e foto tutto il tempo e, se avesse avuto i social network, li avrebbe postati in continuazione. Una mostra fa scoprire un lato inaspettato di Munch, pittore considerato tra i più cupi e nevrotici dell’inizio del XX secolo.
La mostra L’oeil moderne al Pompidou parte dal presupposto che Edvard Munch (Løten, 1863 – Ekely, 1944) fosse un pittore molto più moderno di quanto la storia dell’arte sia solita ricordare. Non solo, quindi, un innovatore in termini di ricerca espressiva, precursore e ispiratore dell’Espressionismo. Non solo un artista dell’intimità, solitario e angosciato (a questo proposito ricordiamo la sua opera più famosa, L’Urlo del 1893, non presente in mostra).
L’intero allestimento mette in risalto i punti che connettono l’artista al periodo moderno, soprattutto per quanto riguarda la grande questione che i nuovi media iniziavano a porre all’arte: cosa ne sarà della pittura, all’epoca delle immagini riproducibili? In primo piano viene quindi posto l’interesse di Munch per la fotografia. Acquistò il suo primo apparecchio nel 1902 a Berlino, una piccola Kodak con cui produsse soprattutto autoritratti, molti dei quali scattati durante il periodo d’internamento presso la clinica del dottor Jacobson, a Copenaghen.
La coazione a ripetere, l’impulso verso la replica tornano anche in molti soggetti dei suoi quadri, come Il bacio o La fanciulla malata, di cui realizzò una decina di versioni presenti all’esposizione. Dietro la replicazione ossessiva resta senz’altro il desiderio di recuperare l’istante primitivo e di restituire all’emozione visiva la sua natura intatta e inalterata, la sua presenza. Ma non solo. È anche la risposta a un mondo in cui il concetto di rappresentazione e di immagine stanno evolvendosi in modo repentino e inaspettato.
Sempre, di fronte a un’immagine, siamo davanti a una temporalità, sostiene Georges Didi-Hubermann in Devant le temps. Allora, di fronte alle cromie inconsuete di Munch, dove i volti e i soggetti scompaiono a favore delle dinamiche fluttuanti del dipinti e della loro composizione, bisogna saper riconoscere, tra i dettagli prospettici delle forme, i segni di un modernismo in nuce. Il che non significa semplicemente affermare che Munch sia stato sensibile alle sperimentazioni fotografiche o cinematografiche del periodo. Significa recuperare l’aspetto fotografico o filmico delle sue opere.
Al di là della interpretazione più convenzionale e didattica dell’ arte, che tende spesso a conformare una produzione alle attitudini o alle vicende personali del suo autore, la mostra scompone i luoghi comuni dell’opera di Munch e ci restituisce un affascinante e curioso spirito moderno.
Greta Travagliati
Parigi // fino al 9 gennaio 2012
Edvard Munch – L’oeil moderne
a cura di Angela Lampe et Clément Chéroux
CENTRE POMPIDOU
Place Georges Pompidou
+33 (0)1 44781233
www.centrepompidou.fr
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati