Versus. Il dibattito fra metodo scientifico e libertà creativa
Secondo appuntamento con la rubrica “Versus”. Stavolta raccolgono il guanto Sergio Lombardo, da sempre sostenitore di un rigoroso approccio scientifico e del metodo applicato all’arte, e Pablo Echaurren, strenuo difensore della forza emancipativa della creatività.
Due artisti, quattro domande e una gara a colpi di argomentazioni. Torna Versus, con un nuovo, appassionante “duello” tra Sergio Lombardo e Pablo Echaurren: da un lato il rigore matematico della pittura stocastica, dall’altro l’effervescente vitalità di una creatività senza freni. Ma la vera sfida è riuscire a interpretare il confronto come un’occasione di arricchimento e di crescita: le idee si moltiplicano nel terreno fertile della diversità di opinioni.
Pur condividendo un approccio fortemente avanguardista e la passione per il Futurismo, avete sviluppato percorsi di ricerca profondamente differenti. Mi piacerebbe partire proprio dal modus operandi. Quali sono i fondamenti metodologici della teoria eventualista di Sergio? Da cosa scaturisce una creatività caleidoscopica, a tratti persino “indisciplinata”, come quella di Pablo?
Sergio Lombardo: La storia dell’arte mostra valori estetici che si evolvono nel tempo e che non rimangono fissi per l’eternità. Non basta imitare arbitrariamente le avanguardie storiche, bisogna evolverle. L’idea (surrealista) che basti lo spontaneismo per attingere contenuti profondi aveva indotto Jackson Pollock a regredire evolutivamente. Con i monocromi alla fine degli Anni Cinquanta siamo ripartiti dall’“Ingegnere” e dall’“Evento” futuristi, preferendo l’intelligenza creativa dello scienziato allo spontaneismo espressivo della scimmia.
Pablo Echaurren: Gramsci sosteneva che i futuristi avevano una spiccata attitudine politica e sociale perché non si indignavano se una poesia zoppicava e un quadro assomigliava a un cartellone, così io credo che non ci sia differenza tra generi espressivi: non c’è un alto e un basso. Solo una creatività diffusa e una contaminazione totale possono salvare l’arte dallo stato di autoreferenzialità e autocompiacimento in cui sta sprofondando. Solo ignorando “il mondo dell’arte” si può ancora fare arte senza cadere nel ridicolo.
Un modello d’avanguardia fondato su regole e principi inderogabili implica criteri selettivi e di merito, che puntino alla valorizzazione delle eccellenze. Invece un ideale di creatività diffusa mira al più ampio coinvolgimento, raccogliendo la sfida di tradurre concetti complessi in un linguaggio alla portata di tutti. Arte e democrazia: ossimoro o connubio perfetto?
S. L.: L’arte rappresenta i valori nascenti di una cultura storica, perciò non è ciò che tutti sanno che cosa sia (Benedetto Croce, Breviario di Estetica), ma una visione dei valori che si affermeranno nel futuro. Solo la scienza è democratica. L’arbitrio di chi si crede artista senza dichiarare in modo “confutabile” i principi e le regole della sua arte è invece fondato sull’autoritarismo. Chi sbaglia pur seguendo principi e regole dichiarati è più vicino alla verità di chi è confuso (Francesco Bacone, Novum Organum).
P. E.: Finché l’arte contemporanea sancisce le proprie eccellenze nei picchi dei risultati d’asta, finché ogni valutazione resta ancorata alla devozione al Corpus Christie’s e al Corpus Sotheby’s, meglio optare per l’orizzontalità, per il rizoma. Il valore non può essere determinato dal prezzo. Qui non è tanto un problema di democrazia, ma di lotta alla dittatura del mercato. Solo una critica radicale al potere del denaro come metro di valutazione può snebbiare le menti e liberare nuove energie. Make art not money.
Proviamo a passare dai ragionamenti teorici alla concretezza dell’esemplificazione. Tra le vostre opere, tra quelle dei compagni di strada che stimate o tra i capolavori del passato, quali scegliereste per fornire una sintesi visiva del vostro pensiero?
P. E.: Marinetti ha dato il via all’avanguardia moderna combattendo la classicità, sostenendo che un’automobile è più bella della Nike di Samotracia. Duchamp ha dissacrato quella stessa classicità, reincarnata nella Gioconda, mettendole barba e baffi. Twombly, invece, ha trasformato lo scarabocchio, la forma grafica più elementare e bassa, in una bellezza classica, nella nuova Nike di Samotracia. L’alto e il basso, come categorie e gerarchie, sono dunque aboliti. Da questo rimescolamento discende il mio modus operandi.
S. L.: Il Doriforo di Policleto, L’ultima cena di Duccio, La Trasfigurazione di Raffaello, Pessimismo e ottimismo di Balla, i Wall drawings di Le Witt, e (si parva licet) Stochastic tilings di Sergio Lombardo.
Le grandi scoperte scientifiche e le opere d’arte rivoluzionarie sono figlie dello stesso padre: il pensiero divergente. Per concludere, un’ultima riflessione: logica e immaginazione possono avventurarsi insieme, da buone compagne, lungo i sentieri inesplorati del sapere?
P. E.: La scienza è immaginazione. L’immaginazione (quando si rivolge all’arte) è a sua volta una disciplina basata sulla ricerca priva di certezze, su un procedimento teorico e pratico, arbitrario e al tempo stesso rigoroso. L’esplorazione di un territorio fluido e non mappabile come quello dell’immaginazione necessita di un metodo, di un sistema organizzato, altrimenti è destinata al fallimento. Genio & regolatezza.
S. L.: Logica e immaginazione non erano in contrasto, il contrasto era fra metodo scientifico e arbitrio. Per me l’arbitrio non è sinonimo di immaginazione e di libertà. Comunque il pensiero divergente, che sta alla base della creatività sia artistica che scientifica, produce ipotesi che poi vengono selezionate dal pensiero razionale, altrimenti il sistema si autodistrugge e tutto “finisce a tarallucci e vino”.
Vincenzo Merola
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