Andrea De Carvalho – Between and Within. Dell’amore e di altre acrobazie
In occasione della 54°Biennale di Venezia, la brasiliana Andrea De Carvalho trasforma la facciata di Casa Martini, settecentesco palazzo a ridosso del Ponte di Rialto, in una teatrale macchina barocca in ceramica, la materia che l’artista ha scoperto in Italia e intorno alla quale ha avviato una ricerca dagli esiti originali e festosi.
Comunicato stampa
In occasione della 54°Biennale di Venezia, la brasiliana Andrea De Carvalho trasforma la facciata di Casa Martini, settecentesco palazzo a ridosso del Ponte di Rialto, in una teatrale macchina barocca in ceramica, la materia che l’artista ha scoperto in Italia e intorno alla quale ha avviato una ricerca dagli esiti originali e festosi. Un fiammeggiante arazzo di rete metallica e frammenti ceramici srotolato dalla cima dell’edificio cattura l’attenzione dei passanti e richiama lo sguardo su frementi gambe femminili che fuoriescono dai balconi. Sono loro le protagoniste di una commedia verosimilmente assai libertina, visto che il palcoscenico dell’azione è la città di Casanova.
La partecipazione di Andrea De Carvalho alla 54° Edizione della Biennale di Venezia si tramuta in un gioioso assalto alla residenza di Cipriano Moro Martini, edificata in pieno Settecento dal facoltoso mercante di spezie a due passi dal Ponte di Rialto.
Da giovedì 2 giugno al 27 novembre 2011 la facciata principale del delizioso palazzetto – nel frattempo trasformato dall’ultimo erede della dinastia Martini in hotel de charme – diventa il supporto di un’installazione che rivela singolari tangenze tra il mondo di un’artista nata a Sao Paulo nel 1966 e Venezia, la città-sogno costruita dove una città non dovrebbe esistere, una delle più fantasmagoriche invenzioni dell’urbanistica di tutti i tempi.
In anni recenti abbiamo visto il sontuoso cromatismo e la sensualità dell’artista paulistana esercitarsi in Circus errans, una articolata mostra-installazione costruita attorno all’idea del circo in occasione dell’edizione 2009 del Festival dei Due Mondi di Spoleto, e alla III Biennale di Malindi, dove un curatore d’eccezione come Achille Bonito Oliva le aveva riservato un’intera sala. Prove mature di una creatività scintillante che hanno legittimato l’invito a prendere parte alla biennale veneziana.
Un invito onorato da De Carvalho a modo suo, parlando di amore e di altre acrobazie attraverso il linguaggio della ceramica, la tecnica che ha scoperto e di cui si è invaghita al suo arrivo in Italia, intorno al 1990.
Le acrobazie citate nel titolo dell’opera sono ascrivibili a quattro paia di gambe femminili bianche e oro realizzate a grandezza naturale e collocate alle opposte estremità dei due balconi sovrapposti che sporgono dalla facciata di Casa Martini. Per chi arriva dalla strada sottostante, quegli arti scalpitanti sembrano fuoriuscire dalle finestre collocate dietro le ringhiere dei piccoli terrazzi e inducono ad interrogarsi sull’attività che vede impegnati i sicuramente seducenti corpi cui appartengono. Tanto più che l’artista, tradendo una dimestichezza con la moda acquisita durante gli anni parigini della sua eclettica formazione presso la Ecole Jeofrin Byrs des arts de la mode, veste i ceramici feticci con stivali di varia foggia tra i quali spicca il modello alla coscia, quest’anno come si sa molto à la page. Roba da serenissime Pretty Women impegnate in libertini incontri con il Casanova di turno o da Gatte con gli stivali in fuga. Perché, insomma, il punto è questo: cosa succede lassù?
Succede, spiega Duccio K. Marignoli, curatore dell’installazione insieme ad Enrico Mascelloni, che, a sorpresa, si scopra in un’opera elaborata da un’artista del Mondo Nuovo una piena adesione ai temi centrali della grandiosa civiltà veneziana colta nel momento del suo dorato tramonto: il pericolosamente sensuale, il dissoluto, il mascherato, il sacro, l’esotico.
Dietro all’ostentata vocazione libertina, le gambe di De Carvalho nascondono infatti il mistero di un’identità gelosamente celata e il sospetto di esoteriche simbologie. Potrebbe nascondere un linguaggio per iniziati la fitta trama di segni tracciati sugli stivali, o forse ci troviamo di fronte a giganteschi ex-voto, sul tipo di quelli che in alcune chiese rivestono le pareti di intere cappelle. Quanto poi all’esotismo, non si tratta solo di una questione di passaporto dell’artefice dell’opera.
Duccio Marignoli – terribilmente esotico anche lui nel suo essere un fine conoscitore di arte sei-settecentesca figlio di un marchese di Spoleto e di una principessa hawaiana – affronta il problema suggerendo di collocare il lavoro dell’artista di Sao Paulo in una dimensione che oltrepassi i confini dell’arte contemporanea. L’esotismo del lavoro di De Carvalho è infatti di ricca sostanza e sembra fluire da una lunga storia che, risalendo a ritroso nel tempo, porta alle straordinarie invenzioni del barocco coloniale brasiliano. Alle chiese incrostate d’oro e sculture policrome di martiri sofferenti, protagonisti del nuovo pantheon imposto dal febbrile cattolicesimo lusitano chiamati a rappresentare se stessi ma anche a rinnovare le fattezze di divinità pagane mai veramente rinnegate. Un’arte per niente naif ma visionaria e sapiente che centra appieno il miglior spirito barocco realizzando capolavori capaci di arrivare allo spirito passando attraverso i sensi.
Esattamente come si ripromettono di fare i complessi teatrini di Andrea De Carvalho. Di scena a Casa Martini sino al 27 novembre.