Michelangelo Consani – Ancora ancora la nave in porto
In occasione della Festa della Marineria il CAMeC – Centro d’Arte Moderna e Contemporanea della Spezia – apre i propri spazi al progetto CAMeC pianozero, che presenta la mostra personale “Ancora Ancora la nave in porto – Amoco Milford Haven files” di Michelangelo Consani.
Comunicato stampa
Michelangelo Consani
ANCORA ANCORA LA NAVE IN PORTO
Amoco Milford Haven files
mostra personale a cura di
Mario Commone e Matteo Lucchetti
In occasione della Festa della Marineria il CAMeC – Centro d'Arte Moderna e Contemporanea della Spezia – apre i propri spazi al progetto CAMeC pianozero, che presenta la mostra personale “Ancora Ancora la nave in porto – Amoco Milford Haven files” di Michelangelo Consani. Curata da Mario Commone e Matteo Lucchetti, l'esposizione impiega, all’interno del proprio percorso, una selezione di opere provenienti dalla Collezione Cozzani – di proprietà del centro – scelte per inserirsi dialogicamente nel progetto dell’artista invitato. Consani articola un discorso che, tra le altre cose, vuole leggere la marineria, inevitabile riferimento, nella sua appartenenza alla dimensione del mare, qui declinata come uno spazio in grado di riflettere silenziosamente la fine di un paradigma economico dominante legato allo sfruttamento delle risorse fossili.
Incipit all'intero percorso è il video Amoco Milford Haven files, sulle immersioni attorno al relitto dell’Amoco Milford Haven, nave petroliera affondata vent'anni fa nel golfo di Genova, causando il più grande disastro ecologico mai avvenuto nel Mar Mediterraneo. Oltre novantamila litri di petrolio riversati in un'ecosistema che in quello stesso raggio chilometrico, soltanto poche ore prima, aveva già subito l'altrettanto consistente perdita dell'Agip Abruzzo, nave protagonista della tragedia Moby Prince nell'aprile 1991. A partire dall’esplorazione della nave, qui metaforicamente cadavere di un'intera epoca, prende luogo una riflessione, ormai di lungo corso per l'artista, che vuole esprimere una dissidenza attiva all'idea di crescita e all'ideologia della produzione, motori del “totalitarismo aggressivo della società del consumo mondializzato”, come scrive Serge Latouche in un saggio recentemente dedicato al lavoro di Consani. All’immagine ambivalente del relitto si giunge passando per una visualizzazione a parete della teoria del picco di Hubbert, sulla quale si collocano il video stesso e l’opera Ob-ject. (Art as Idea as Idea) di Joseph Kosuth, come contrappunti alla formula estensione-picco-declino, legata a qualsiasi economia dipendente da fonti energetiche esauribili. Sulla curva massima si colloca 1972, installazione audio che articola le considerazioni del Club di Roma elaborate in quello stesso anno, con una voce off che illustra la dinamica descritta da Marion King Hubbert.
Al binomio produzione-oggetto, introdotto dall’inserimento di Kosuth, fa riferimento anche la seconda sala, nella quale si palesa il rapporto che lega un sistema economico nella sua ascesa alla produzione artistica a questo contemporanea, attraverso una quadreria di opere allestita secondo un modello classico della museografia moderna.
Parallelamente a questo, in un momento storico in cui un rinnovato concetto di sostenibilità subisce un restyling “green” degli stessi metodi di sfruttamento intensivi delle risorse, anche il sopito immaginario post-atomico sembra rinverdirsi di nuovi nomi, vecchie geografie e scenari sui quali si è già tanto speculato in senso visivo dagli anni della guerra fredda. Tanto che Consani sceglie coerentemente la via del recupero, evitando di esaurire il processo artistico stesso in una costante dinamica di produzione, e riprende da “Il seme dell'uomo” (1969) di Marco Ferreri – pellicola sulla possibile sopravvivenza dell'uomo al fallout nucleare – l'idea per un Museo del genere umano. Il successivo esercizio museografico compiuto dall’artista sulla Collezione Cozzani è quindi in dialogo con la visione apocalittica di Ferreri, dove quella partizione di storia dell’arte contemporanea si mescola all’esposizione di oggetti di uso comune; se per il regista questi erano ricordi di un mondo scomparso, in questa nuova lettura diventano simulacri di un’ideologia consumista, tanto quanto le opere, legate al loro plusvalore feticistico. Come in una meta-mostra, le opere scelte creano un’ulteriore sfera narrativa, nella quale il comune denominatore è dato dalla costante messa in crisi delle categorie della modernità, per mezzo di un esperimento storiografico che percorre il Novecento sulla sintesi dei pezzi di un protagonista minore e periferico del collezionismo.
La terza ed ultima sala risulta aperta soltanto allo sguardo e inaccessibile al passo. Si tratta della speculazione artistica messa in atto da Consani, che vede la nave ripartire sulla base di un ulteriore recupero compiuto sulla propria produzione passata, la quale fa riferimento alla fragilità insita in percorsi realmente sostenibili, non tanto basati su di una riconversione quanto sull’accettazione dell’esauribilità delle risorse: soltanto da questa potrà prendere corpo un reale discorso sulla decrescita.
Il progetto “Ancora ancora la nave in porto. Amoco Milford Haven files” si inserisce idealmente come terzo momento conclusivo a seguito delle altre due personali realizzate in questi primi mesi del 2011: “La festa è finita” (Sponda - Fabio Tiboni, Bologna) e “ Three Personalities for a New Ecological Memory” (Kunstraum Muenchen, Monaco di Baviera). Per la conclusione della mostra è prevista la pubblicazione di una monografia sul recente lavoro dell'artista, con la collaborazione di altre istituzioni internazionali.
Michelangelo Consani, (Livorno, 1971). Dopo una serie di importanti mostre collettive (ARTKLIAZMA, Russia; SCHUNCK, Glaspaleis, Olanda; Musée d'Art Contemporain du Val de Marne, Francia; Center for Contemporary Art Celje, Slovenia; Cittadellarte – Fondazione Michelangelo Pistoletto, Biella), nel 2010 riceve da EX3 Centro per l’Arte Contemporanea di Firenze il premio come miglior artista under 40. L’opera commissionata in quell’occasione entra nella collezione permanente del Museo Pecci di Prato. Lo stesso anno, prende parte alla prima Triennale di Aichi che Akira Tatehata, Masahiko Haito, Hinako Kasagi, Pier Luigi Tazzi e Jochen Volz curano a Nagoya, in Giappone.
La Collezione Cozzani è rappresentata in mostra dai seguenti artisti: Marina Abramovic, Vincenzo Agnetti, Bernd e Hilla Becher, Piero Dorazio, Gilbert & George, Keith Haring, Peter Klasen, Joseph Kosuth, Robert Indiana, Roy Lichtenstein, Gastone Novelli, Dennis Oppenheim, Giulio Paolini, Man Ray, Tom Wesselmann.