La Via Appia
La mostra fotografica “La via Appia. Laboratorio di mondi possibili” vuole essere un contributo alla conoscenza della storia recente dell’Appia.
Comunicato stampa
“Per tutta la sua lunghezza, per un chilometro e più da una parte e dall’altra la via Appia era un monumento unico da salvare religiosamente intatto, per la sua storia e per le sue leggende, per le sue rovine e per i suoi alberi, per la campagna e per il paesaggio, per la vista, la solitudine, il silenzio, per la sua luce, le sue albe e i suoi tramonti…Andava salvata religiosamente perché da secoli gli uomini di talento di tutto il mondo l’avevano amata, descritta, dipinta, cantata, trasformandola in realtà fantastica, in momento dello spirito, creando un’opera d’arte di un’opera d’arte: la Via Appia era intoccabile, come l’Acropoli di Atene”
(A. Cederna, da I Gangsters dell’Appia, Il Mondo 8 Settembre 1953).
La mostra fotografica “La via Appia. Laboratorio di mondi possibili” vuole essere un contributo alla conoscenza della storia recente dell’Appia. È allestita nella sede di Capo di Bove, sulla Via Appia, acquistata nel 2002 dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma per accrescere il patrimonio pubblico dell’Appia e incrementare la conoscenza di questi luoghi dell’antichità. Oggi Capo di Bove è laboratorio di molteplici attività: punto di incontri culturali, sosta per la visita dell’antica strada e dei suoi monumenti, sede dell’archivio di Antonio Cederna e del Sistema Informativo dell’Appia.
Le circa 80 immagini fotografiche presentate sono solo una minima parte del repertorio ricchissimo che ha interessato l’Appia e si riferiscono a diversi periodi: dall’800 all’ inizio del ‘900, gli anni tra il 1950 e il 1970 e oggi.
Si tratta di vedute eseguite per lo più da chi ha frequentato e frequenta l’Appia con occhio attento per motivi di studio, ricerca, cronaca. In questo arco di tempo il paesaggio dell’Appia si è radicalmente modificato, a volte in meglio, per lo più in peggio come è illustrato, se pur in modo parziale, da alcune situazioni. Gli autori delle foto storiche sono, tra gli altri, John Henry Parker (1806 -1884), Dora e Agnese Bulwer (1890-1930 ca.), Esther Boise Van Deman (1862-1937), James e Domenico Anderson (1813-1877), Thomas Ashby (1891-1925). Alcune foto esposte fanno parte dell’Archivio Cederna, le più recenti sono state realizzate da Stefano Castellani.
L’obiettivo è quello di far conoscere ai cittadini le tappe principali di questa storia che ha visto l’impegno straordinario di personaggi illustri a partire dall’inizio dell’800 (Carlo Fea, Valadier, Canina), per il “ristabilimento” della via e di parte dei suoi monumenti e poi nel secolo successivo per la salvaguardia di questo importante ambito territoriale, affinché non se ne perdessero i caratteri e i valori e perché la strada, con il territorio che attraversa, non si trasformasse in una qualsiasi periferia della città.
L’Appia rappresenta il simbolo di tante battaglie, di proposte di legge, di iniziative popolari, di lotta all’abusivismo che qui, purtroppo, ha trovato una delle massime espressioni, ma non ha perduto completamente il suo fascino dato dai numerosi monumenti, ancora conservati in una sequenza straordinaria, e dal paesaggio che si è costituito nei secoli intorno a queste “rovine”.
Quello che è diventato pubblico ha costituito un’occasione di crescita per la conoscenza della storia antica e l’applicazione di metodi di ricerca, restauro e valorizzazione. Quello che è in proprietà privata, troppo spesso ha subito trasformazioni più o meno gravi, nell’esclusivo interesse individuale, violando regole indirizzate al rispetto dei valori del territorio dell’Appia. Per questo motivo è necessario non smettere di sperare in misure per un progetto in favore dell’Appia che ne sancisca i valori attraverso il reintegro di uno stato di legalità, con il fine primario di offrire alla comunità il godimento dell’insieme di storia, archeologia, paesaggio, natura che questo territorio racchiude.
E infatti il sottotitolo della mostra, “Laboratorio di mondi possibili”, vuole significare che è ancora credibile intervenire, lavorare, per conoscere e far riemergere brani di storia, attuare metodi di recupero e conservazione del patrimonio e opere per renderlo fruibile da parte di tutti, come è avvenuto per la Villa dei Quintili, per S. Maria Nova, per Capo di Bove, secondo l’esempio ottocentesco portato a compimento da Luigi Canina.
Nella trascrizione grafica del titolo VIA APPIA diventa MIA, ossia di ogni cittadino, nel momento in cui queste azioni di recupero vengono portate a termine.
Attraverso le immagini presentate nella mostra si può conoscere come sia stata e sia l’Appia di tutti, attraverso le vedute di fotografi dei secoli scorsi, che rimanevano incantati dall’imponenza dei monumenti nel paesaggio sconfinato. Attraverso le fotografie e le denunce di personaggi come Antonio Cederna, invece, si osserva la graduale distruzione; l’obiettivo attento di Stefano Castellani, che documenta tutto il lavoro svolto dalla Soprintendenza, cattura anche le suggestioni che i monumenti e i luoghi conservano ancora oggi.
In alcuni pannelli della mostra sono stati focalizzati punti di estremo interesse nel costante monitoraggio della salvaguardia del territorio: sono state riassunte le tappe principali della tutela dell’Appia, raccontata anche con documenti d’archivio e alcuni articoli di giornali. Fotografie aeree scattate in periodi diversi illustrano come si sia modificato l’agro romano attraversato dall’asse della Via Appia. E, infine, una esemplificazione di come i dati di questo immenso patrimonio sono gestiti: un Sistema Informativo che, all’interno di una più ampia classificazione dell’intero patrimonio della Soprintendenza, si sofferma sull’Appia.
La mostra è accompagnata da una raccolta di saggi nella collana Pesci Rossi edita da Electa dal titolo La via Appia, il bianco e il nero di un patrimonio italiano.