Patrizia Bogani – Intessuti di luce
Prima personale di Patrizia Bogani
Comunicato stampa
Patrizia Bogani, perito tessile e laureata in Economia e Commercio, ha insegnato ininterrottamente per quarant’anni all’istituto “Tullio Buzzi” di Prato la materia “Progettazione Tessile”.
Negli anni sessanta disegna, per Emilio Pucci, bozzetti da utilizzare nella stampa.
Oggi continua la sua attività di consulente tessile per le aziende del distretto tessile Pratese e contemporaneamente sviluppa e approfondisce la sua passione per la pittura.
Progettazione e creatività - Nel segno della passione
Tessuto e colore, tecnica e invenzione, attenta osservazione delle cose del mondo e creatività. Si potrebbe sintetizzare su questi “cardini” il lavoro pittorico di Patrizia Bogani che, alle soglie della maturità, si decide a proporre la sua prima personale in un luogo sicuramente prestigioso qual è il Museo Marino Marini di Pistoia. Ma sarebbe riduttivo: dalla sintesi, quindi, alla storia. Perché questa decisione e perché il suo immergersi nella pittura lei che è stata insegnante doc all’Istituto Buzzi di discipline tecniche? Rispondiamo subito alla seconda domanda: la passione per il disegno e la pittura l’avevano “presa” fino da bambina e forse è proprio per questa predisposizione che è stato scelto il suo indirizzo di lavoro che al disegno annette particolare importanza. Vogliamo anche dire che dalla passione è nata una insegnante con una marcia in più, quella stessa marcia che poi innesterà nell’addentrarsi nella pittura e che le consentirà di esprimersi con particolare invenzione e rara sensibilità. E così le sue progettazioni creative sviluppate nel tempo con il tessuto, non perdendo mai di vista l’aspetto estetico, diventano quasi una “base” che si amalgama al colore costruendo un piacevole gioco di sbalzi e di contrasti. La risposta alla seconda domanda è quasi naturale: il desiderio di trasmettere agli altri le proprie emozioni. I suoi quadri non hanno titolo, sono definiti dal colore e da un numero. E i colori sono il bianco (che si può definire anche non colore), l’arancione, il rosso, l’azzurro e il nero: sono impronte sbalzate di tessuti di vario genere, prima con quelli naturali come il lino, il cotone o la canapa, poi con quelli più sofisticati come le fibre e i metalli, adeguati e modellati sulla base di colore che poi passa a contaminarle con la pittura a olio. Quali sono i modelli di riferimento della sua pittura? In modo particolare nessuno – come lei stessa afferma – anche se il Futurismo è stato uno dei movimenti dell’arte contemporanea che più ha guardato, proprio per quella idea di movimento che esprime e che più si addice al suo modo di rapportarsi con l’arte visiva. Anche se lei in passato si è a lungo soffermata ad osservare i Quadri di Renoir e la pittura francese del periodo, oltre a tutti i movimenti dell’espressionismo. E giova ricordare, invece,le sue ricostruzioni del tessuto, quello del ‘400 conservate nella sezione contemporanea del Museo del Tessuto, per esempio, definendo le fasi che compongono il ciclo tessile laniero quattrocentesco rapportate a quelle attuali, oltre ad una libera interpretazione del tessuto operato tratto dagli affreschi di Filippo Lippi nel Duomo di Prato. Operazioni che sono andate ad arricchire la grande mostra “Il costume al tempo di Lorenzo il Magnifico – Prato e il suo territorio”, tenutosi in Palazzo Pretorio a Prato nel 1992. Fino alla partecipazione attiva dell’allestimento del Museo del Tessuto sempre a Prato. Per citare solo le cose più importanti. Ecco, forse questo suo lavoro di dettaglio, di estrema precisione, in qualche modo influisce sulle nuove esperienze astratte all’interno delle quali si respirano proprio un senso d’ordine e un desiderio di “tracciare” una sorta di percorso che poi dà il senso all’intera costruzione che si muove in modo coordinato,sia pure nella più completa libertà espressiva. La scoperta dell’astrazione è avvenuta una decina di anni fa quando il suo naturale “senso del bello” l’ha portata ad esprimersi con questo nuovo connubio tra tessuto e colore lasciando da parte quei paesaggi e fiori, realizzati in modo tradizionale e “a macchia”, che, come lei afferma, non rinnega ma fanno ormai parte del passato, frutto di una esercitazione legata ad un hobby che ha sempre avuto. Ora il nuovo progetto creativo viene a costituire un invidiabile punto di arrivo della sua ricerca stimolata dal desiderio di dar forma a nuove visioni realizzate attraverso lo studio del tessuto e la magia del colore. Nel segno della passione. La carrellata dei dipinti oggi in mostra, contenuta ma ugualmente esaustiva, ha il potere di segnalare non un’artista “che nasce” perché i risultati di questa sua attività culturale li ha sempre tenuti per se, con un senso di modestia che forse è andato oltre il consentito, piuttosto l’ultima fase creativa di un’artista che con serietà ha seguito un suo percorso evolutivo e ora offre al giudizio del pubblico e della critica i suoi “prodotti”, stimolata comunque da chi questo lavoro ha visto e giudicato positivamente dando forse l’ultima spinta alla sua reticenza. Ed è giusto che sia stato così.
Franco Riccomini
"QUANDO annunciai che volevo iscrivermi al Buzzi, la scuola, pratese che da quasi un secolo e mezzo forma i tecnici per il tessile, il preside fu contrario. Una ragazza sarebbe rimasta indietro inciampando in quei programmi da sempre concepiti e attuati per i maschi. Appena diplomata, però, lo stesso preside mi offri la cattedra. E a diciott'anni diventai insegnante nella scuola dove fino all'estate precedente ero stata alunna".
Patrizia Bogani è una predestinata del tessuto, della materia che ha adoperato tutta la vita per insegnarne i segreti ai giovani e per consigliare agli imprenditori come produrne di sempre più belli, morbidi, innovativi. Quel tessuto che oggi - ufficialmente conclusa la missione di insegnante - utilizza per assecondare la sua grande passione: la pittura. "Fin da ragazza dipingevo per rilassarmi. Da alcuni anni ho sostituito il pennello con il tessuto, una scelta che per la mia produzione ha segnato il passaggio dalle nature morte all'arte contemporanea", rivela con felice sorpresa. E chissà, con un briciolo di rammarico di non averlo fatto prima. Al tessuto, Patrizia Bogani ha dedicato la sua vita. Da ragazzina volle fortissimamente seguire la strada che il destino le aveva assegnato già nel giorno della nascita, avvenuta negli storici locali dell'istituto Buzzi, dove la famiglia abitava e il padre Foresto lavorava come tecnico di laboratorio. E dove, sul declinare dell'Ottocento, nonno Gino Bogani, bravissimo tessitore e fantasioso disegnatore, era stato chiamato all'insegnamento della sua tecnica -anzi: della sua arte - direttamente dal fondatore della scuola. "Ero cresciuta in mezzo ai campioni preparati dai ragazzi, fra pezzettini di stoffa tessuti come fossero un compito in classe - ricorda - e alle scuole medie ero bravissima in disegno. La strada segnata era l'istituto d'arte, ma alla mia famiglia non piaceva mandarmi a studiare a Firenze e io ero troppo affascinata dalle stoffe per non scegliere il Buzzi. Decisi che avrei trasfuso nel tessuto la mia creatività". "Il preside, gli insegnanti - ricorda - erano diffidenti, provarono a respingermi, poi mi accettarono rassegnati al fatto che mi sarei persa per strada. Invece, il mio diploma fu il migliore della Toscana, media del nove e mezzo. Vinsi tante borse di studio: coi soldi che mi procurarono avrei potuto comprarmi una Seicento, ma non ero ancora in età da patente. Uno dei premi lo ricevetti dal Rotary di Firenze e mi fu consegnato dal marchese Emilio Pucci, m'invitò a colloquio nel suo studio. 'Valigetta in mano, la porto nel mondo insieme a me', fu la sua proposta. Mia madre disse no. Al colloquio mi ero presentata con la mamma. In famiglia si usava così. E era bene, all'epoca, non contraddire mai i genitori". Per Pucci, Patrizia Bogani lavorerà come consulente "Mi portava libri d'arte e mi chiedeva d'ispirarmi alle opere per realizzare le armature dei tessuti. I filoni della moda nascono anche osservando un dipinto, l'architettura di un palazzo o di una chiesa". La particolarità di Bogani è che accompagna il talento artistico con una profonda conoscenza della tecnica di fabbricazione del tessuto: è la materia che ogni giorno insegna ai ragazzi, lei che possiede quell'invidiabile talento che ti fa accarezzare a occhi chiusi una stoffa e ti consente di individuarne materiali, spessore del filato, intreccio dell'armatura o addirittura il disegno. Il senso artistico e la tecnica affinata con gli studi fanno di Bogani un personaggio originalissimo nel tessile non solo pratese. E il marchese Pucci non resterà l'unico committente delle consulenze della bravissima insegnante. Gli impannatori di Prato si rivolgeranno a lei per committenze ufficiali o solo per un consiglio. Per tutti avrà spunti tali da rendere sempre più affascinanti e innovativi i campionari di Prato. "Agli albori dell'industria tessile questa città - racconta Bogani - partiva con un grosso svantaggio rispetto alle concorrenti: utilizzava quasi integralmente un materiale poverissimo: il cardato rigenerato, ricavato dal riciclo di indumenti usati, i celebri stracci, che a Prato arrivavano da tutto il mondo". Portando con sé - come scriverà Malaparte - la storia del mondo. "Il compito di Prato era colmare la distanza con chi produceva tessuti in fibra pura. E servivano due doti: una profondissima conoscenza dei materiali e la tecnica per abbinarli, trattarli in modo che quasi non si riconoscesse che quella stoffa stesse attraversando la sua 'seconda vita'. E Prato è stata maestra in questo. Selezionando i materiali che il Buzzi ha passato dai propri archivi al museo del tessuto di Prato mi sono imbattuta in tessuti imitazione Chanel realizzati dalle aziende pratesi in rigenerato che sono un'autentica poesia". Intanto, Bogani mette a frutto la laurea in Economia e commercio raggiunta a ventitré anni dosando creatività e tecnica con una manageriale consapevolezza di come vive un'azienda. E intanto la città le affida incarichi istituzionali di ambasciatrice della cultura tes sile e lei sarà in prima fila nelle battaglie per la salvaguardia del Buzzi dai ricorrenti progetti di riforma che avrebbero voluto abolirlo come nella nascita dei corsi universitari in città. O nel definitivo affermarsi del Museo del Tessuto. In mille modi Patrizia Bogani collabora all'impetuosa crescita di quella che presto si affermerà come la capitale europea del cardato facendo da consulente agli imprenditori già in pista e preparando quelli del domani fra i banchi del Buzzi. Intere generazioni di "impannatori", di tecnici del disegno tessile si plasmano alla sua cattedra. "Mi sono sempre sforzata di insegnare ai ragazzi due cose: a studiare per disporre al massimo della tecnica. Ma anche ad affinare il senso estetico, a liberare la creatività che ognuno porta dentro di sé. Perché si può 'insegnare la creatività' invitando a cogliere in ciò che si osserva lo spunto per accostare colori e disegni, fibre e filati". Bogani mostra il decoro per una gonna che le fu ispirato da un dipinto di Klimt. E un Picasso che le suggerì un disegno scozzese. Perché dall'arte al tessile il passo è breve, ma è breve anche il viaggio in direzione opposta. "La mia casa è piena delle nature morte che ho dipinto nel tempo libero dall'adolescenza fino a quando ho insegnato. Poi, scoprii che avrei potuto rinunciare al pennello. Il mio pennello sarebbero stati i tessuti". In grazia dell'opera condotta per tutta la vita, Patrizia Bogani ha accesso libero all'immensa tavolozza rappresentata dagli archivi dei tantissimi imprenditori che l'adorano e volentieri assecondano il suo estro, facendole scegliere i tessuti che più la ispirano. E lei incolla stoffe sulla tela, avvolgendole a rilievo come fiori di fantasia o più di rado stendendole in piano. Talora lasciando le tinte originali, altre volte sommergendo i tessuti di nuovi colori. Le pareti punteggiate dai quadri di Bogani hanno l'allegria di un giardino. Metafora auspicabile della vicenda di un distretto economico che aspetta di rifiorire dopo l'inverno duro della crisi. E metafora certa della storia di una donna che ha passato la vita a rendere più belle le stoffe che servono per coprirci. E alle quali finalmente rivolge l'omaggio più alto e definitivo: apprezzarle per la loro bellezza e basta. Renderle opere d'arte.
Piero Ceccatelli