Giovanna Lacedra – Io sottraggo
L’ossessione Anoressico-Bulimica diventa una Performance, a MIlano.
Comunicato stampa
4 Luglio 2005
“Lasciarsi morire di fame. Sottrarsi al mondo.
Farlo con coscienza. Sceglierlo, ogni giorno, con vocazione.
Oggi: 475 Kilocalorie.”
18 Luglio 2005
“Digiuna tutto il giorno. A cena: 2 prugne = 35 kcal, 3 mele = 220 kcal, 1 yogurt magro = 65 kcal. Totale: 320 Kilocalorie. Sono molto gonfia… sazia… per oggi basta così! “
22 Luglio 2005
“ Ore 9.00: Kg 40.8. Anche dopo i dieci vasetti di yogurt ingurgitati, il mio peso è rimasto invariato. Ho paura del tempo, soprattutto quando non scorre. Devo pianificarlo. Devo controllarlo. Ore 18.00: Kg 40.7”
28 Luglio 2005
“Sento il cuore rallentare… freddo e formiche tra le costole…sento la mia bradicardia…il formicolio nella testa… le gambe di gesso… la vita che si slaccia da me…”
A quattro anni ero una bambina che camminava per ore
lungo il perimetro quadrato dell’ampio salone vuoto di un asilo.
Senza che nessuno mi fermasse.
Senza che nessuno mi abbia mai fermata.
A trentatre anni sono una donna che, invisibilmente, cammina
lungo il triangolare perimetro di un’ossessione: farmi vuota.
Sottrarre da me l’ingombranza.
Sottrarre da me ogni sporgenza.
Ogni morbidezza, ogni eccesso, ogni evidenza.
Sottrarre da me ogni appetito.
Svuotarmi del desiderio.
Con la scrupolosità di una miniatrice,
vaglio questo poco spazio alla ricerca del peso esatto
e della forma perfetta.
Cerco il Numero d’Oro.
La Sectio Aurea.
La Divina Proporzione.
Il Mysterium Magnum.
La Perfezione.
L’esattezza del calcolo aritmetico
mi è venuta in soccorso quando non ne ho potuto più di “sentire”;
quando non ne è potuto più di “inglobare” assenze.
La perfezione matematica
ha saputo arginare il flusso di qualcosa che non ha nome,
di una corrente che non so “chiamare”.
Di un disordine fluttuante
fatto di incognite e approssimazioni,
temibile quanto irrisolvibile.
Ho geometrizzato le mie forme,
mi sono innamorata degli spigoli,
ho sviluppato una ferocissima passione
per le mie ossa.
Sono diventata dismorfofobica.
E ho perso l’orientamento.
Tornare indietro mi sembra impossibile.
Tornare indietro equivale a sprofondare.
E l’imperativo si consolida :
Leva! Togli! Sottrai!
Non so vivere una sola ora della mia vita
senza toccare, testare, misurare, controllare,
pesare
questo mio corpo.
Lavorando con i numeri,
operando per sottrazioni quotidiane,
accogliendo quantità sempre più ridotte di cibo e di vita,
vado avanti a scolpire me stessa,
con l’obiettivo di redimere quella donna perfetta
che è stata sepolta dalla carne.
Voglio soltanto sentirmi leggera.
E per questo, sottraggo.
Razzio la materia.
Sferro colpi algebrici.
Lo scalpello michelangiolesco elimina il superfluo.
Ma il mio corpo, suo malgrado,
aderisce alla poetica del non-finito.
L’ideale è imperseguibile,
la libertà si allontana ad ogni scalpellata,
e resto eternamente intrappolata
in questa pesantissima fissità.
Continuo a contare, ossessivamente.
Perché il principio è: contenere tutto.
Trovare il minimo comune multiplo.
Imparare ad avere argini.
E aggrapparsi ai numeri.
Perché i numeri sono sedativi.
Sono soluzioni.
Sono le sole, uniche risposte.
Numeri come anima.
Numeri come malattia.
Io no, non sono anoressica.
Sono soltanto
la presentificazione di una mancanza.
Le mie ossa
sono il mio trofeo.
Se non posso mangiare il tuo amore
Allora non voglio mangiare niente.
Mi rendo inesistente.
Mi sottraggo:
forgio questo corpo
a immagine e somiglianza di te.
A immagine e somiglianza
di qualcosa che non c’è.