Le matriarche
Una mostra sui fantasmi femminili nell’immaginario siciliano attraverso le opere di due outsiders fuoriclasse. Serpenti e metamorfosi nei dipinti di Sabo (Salvatore Bonura, Palermo 1916-1975) conservati al museo di Gibellina e recentemente restaurati. Femmine potenti e idoli arcaici nelle sculture inedite del Moro (Salvatore Bentivegna, Sciacca 1923-2002), adesso esposte per la prima volta.
Comunicato stampa
Sabato 2 luglio alle ore 18 presso il Museo d’arte contemporanea, Viale Segesta a Gibellina
sarà inaugurata da Ludovico Corrao, Presidente della Fondazione Orestiadi e da Rosario
Fontana sindaco di Gibellina, la mostra “LE MATRIARCHE: SABO/BDS MORO” curata da Eva
Di Stefano e realizzata in collaborazione con l’Osservatorio Outsider Art dell’Università di
Palermo.
La mostra presenta i lavori di due artisti la cui opera è annoverabile nell’Art Brut o Outsider
“…cioè autori autodidatti, senza una cultura artistica, in una condizione socio-esistenziale
marginale, animati da una vocazione totalizzante, dotati di immaginazione originale e
capaci di creare da soli un proprio vocabolario espressivo…” e intende oltre che riportare
all'attenzione il caso di Sabo, valorizzando la ricca collezione in possesso del Museo Civico di
Gibellina, presentare per la prima volta le straordinarie opere di Salvatore Bentivegna detto
il Moro.
Sono in mostra a documentare i complessi percorsi dei due autori: 20 disegni, 13 sculture e
14 microsculture del Moro provenienti dalla collezione privata di Vincenzo Rocchè e 30 tele
di Sabo, selezionate dalle circa 90 opere conservate nei depositi del Museo d’Arte
Contemporanea di Gibellina.
La mostra è accompagnata da un quaderno con testo critico e schede biografiche di Eva Di
Stefano, e le testimonianze di Vincenzo Rocchè e di Michele Canzoneri.
Il progetto si inserisce nel programma di collaborazione tra la Fondazione Orestiadi di
Gibellina e il Museo d’Arte Contemporanea della città.
“ LE MATRIARCHE: SABO/BDS MORO”
Sia Sabo che BSD Moro, nati nella prima metà del novecento, nel 1943 al momento dello sbarco
americano avevano rispettivamente 27 e 20 anni, cioè erano individui giovani ma compiuti, che si
erano formati nel guscio di quel regime matriarcale “sotterraneo, quasi invisibile”, secondo Sciascia
ancora integro e senza scampo. E se Sabo proseguì la sua vita all'ombra delle donne di famiglia, da
cui era protetto, mantenuto e ossessionato, il Moro si rivelò inetto a mantenere la sua e fu cacciato
di casa platealmente dalla moglie appena uno dei figli maschi fu in età di lavoro. In ambedue i casi
c'è la rappresentazione di un mondo popolare dove le donne di casa hanno lo scettro vero del
comando e l'uomo, che ne detiene solo l'apparenza, insegue le proprie chimere tollerato con
condiscendenza o inchiodato nella ripulsa. Ambedue dettero vita nelle loro opere, quando scoprirono
la necessità dell'arte, a femmine potenti: demoni lussuriosi e metamorfici per Sabo; energie della
natura e intangibili dee per il Moro.
La loro opera ebbe esiti diversi: Sabo riuscì ad acquisire in vita una certa notorietà locale, mentre il
Moro, misconosciuto dai suoi concittadini di Sciacca e forse schiacciato dall'omonimia con Filippo
Bentivegna, noto scultore di teste anche lui autodidatta e stravagante, è rimasto un milite ignoto….
Ho scelto come chiave di lettura unificante dei due percorsi creativi, ciascuno dei due con
caratteristiche proprie e originalissime nell'iconografia e nella qualità tecnica, il tema Le Matriarche
per porre l'accento su un'emergenza costante dell'immaginario siciliano che a me, come ho cercato
di motivare in apertura, pare significativa e che caratterizza in particolare le produzioni espressive
degli autori irregolari e autodidatti dove, in assenza di troppe interferenze culturali, il quoziente di
'verità psichica' è più alto, rendendo perciò più agevole il disvelamento di un'istanza archetipale… (
EVA DI STEFANO, quaderno della mostra )
Note biografiche
SABO (Salvatore Bonura) Palermo 1916-1975
Figlio di un salumiere, ha un rapporto privilegiato con le donne della sua famiglia che
continua per tutta la sua vita. Interrotti gli studi poco dopo le scuole elementari, si dedica
con scarso successo al commercio. Sotto le armi durante la seconda guerra mondiale, al
ritorno si sposa senza però riuscire ad adattarsi alla vita pratica e senza intraprendere con
continuità nessuna attività lavorativa. Inizia a dipingere da autodidatta intorno ai
cinquant'anni. Dopo l'incontro con il giovane artista Michele Canzoneri che lo incoraggia,
conosce alla fine del 1968 l'imprenditore Liborio Teresi che si appassiona al suo universo
figurativo metamorfico e ossessivo decidendo di diventare il suo mecenate. Da quel
momento in poi si firma Sabo e, al riparo da preoccupazioni economiche, produce centinaia
di quadri fino alla morte per tumore. Sue opere si trovano presso il Museo Civico di
Gibellina (Tp), la Collection de l'Art Brut di Losanna, la Fabuloserie di Dicy in Francia, e in
alcune collezioni private siciliane.
BSD MORO (Salvatore Bentivegna) Sciacca 1923- 2002
Omonimo del più noto concittadino Filippo, con cui non ha però nessun rapporto di
parentela, anche Salvatore Bentivegna, detto “Turiddu u moru”, scolpisce la pietra e il legno
già a partire dagli anni '50, firmandosi con le iniziali e il soprannome in più varianti, tra le
quali la più frequente è BSD MORO. Analfabeta, uomo di mare e pescatore finché non
scampa a un naufragio, padre di dieci figli ma allontanato dalla sua stessa famiglia a causa
della sua stravaganza, sopravvive raccogliendo e rivendendo saltuariamente origano e
verdure selvatiche. Conduce una vita marginale, quasi da barbone, in una stanza senza
finestre e sotto il piano stradale, che si riempe delle sue opere, frutto di un'attività
incessante, e depositate anche in una baracca di legno alla periferia della città, segnalata da
un'insegna latineggiante: “Sculpitor in petra naturale”. Si tratta di raffinate statuine in pietra
tufacea che rappresentano divinità e creature primordiali, bastoni finemente intagliati con
figure zoomorfe, numerosi disegni. Temi principali sono la bipolarità dell'esistenza, il
dialogo e il conflitto tra uomo e natura, l'inaccessibile superiorità del principio femminile.
Ha una concezione animista della natura che è l'unica religione che riconosce: si definisce
“sacerdote della natura” e “raccoglitore”, considera le sue figure preesistenti e il proprio
intervento una sorta di pratica cultuale. Preso in considerazione solo da pochi appassionati
che acquistavano i suoi lavori quando era in vita, e che oggi ne conservano ancora un gran
numero, le sue opere sono rimaste fino ad oggi sconosciute.