Percorsi nella scultura italiana
Le sale permanenti di palazzo Tadea, rese disponibili dal Comune di Spilimbergo e visitabili a partire dal mese di luglio di quest’anno, comprendono tre sezioni. In quella centrale trovano posto le sculture di Antonio Marsure, Luigi De Paoli e Ado Furlan. Le ultime due sale accolgono opere di grande formato, selezionate a rappresentare le tendenze linguistiche più recenti e l’impiego di nuovi materiali e tecniche nella scultura.
Comunicato stampa
La Fondazione Ado Furlan, ente giuridico riconosciuto dalla Regione Friuli Venezia Giulia nel 2004, è stata costituita per promuovere l’opera dello scultore Ado Furlan (Pordenone 1905-Udine 1971), nonché per diffondere la conoscenza della scultura antica, moderna, contemporanea e delle arti visive in generale.
Attiva come associazione dal 1992, ha usufruito sinora di spazi espositivi propri a Pordenone, Rosazzo (Ud) e Spilimbergo (Casa Furlan, Piazza Duomo). Durante l’ultimo ventennio sono state allestite in queste tre sedi numerose mostre dedicate ai maggiori scultori italiani e stranieri contemporanei. Inoltre nel 2008 ha sottoscritto un accordo di collaborazione scientifica con l’Università di Udine per la programmazione di mostre, convegni, iniziative editoriali: rapporto incominciato in occasione delle celebrazione per il centenario della nascita dello scultore Ado Furlan e proseguito con la pubblicazione degli atti della giornata di studio dedicata a Dino Basaldella (Udine, 2010).
Le sale permanenti di palazzo Tadea, rese disponibili dal Comune di Spilimbergo e visitabili a partire dal mese di luglio di quest’anno, comprendono tre sezioni. In quella centrale trova posto il gruppo marmoreo Zefiro e Flora di Antonio Marsure (1807-1855), scolpito negli anni Quaranta del secolo, seguendo canoni di canoviana eleganza. A questa importante scultura neoclassica si affianca l’Icaro in gesso dello scultore Luigi De Paoli, nato a Cordenons nel 1857 e morto a Pordenone nel 1847. Si tratta del suo capolavoro, ritornato allo stato originale dopo un accurato restauro, scelto nel 1893 a rappresentare l’Italia all’Esposizione Mondiale di Chicago. Al centro della sala s’impone il calco della Fontana del Cinghiale di Ado Furlan, opera monumentale in marmo destinata al Foro Mussolini (oggi nei giardini dell’Istituto Universitario di Scienze Motorie di Roma), commissionata nel 1942 dall’architetto Luigi Moretti. Altri significativi ritratti, gessi e bronzi di Furlan, che disegnano un arco cronologico dal 1933 al 1971, sono disposti nella sala attigua.
Le ultime due sale accolgono opere di grande formato, selezionate a rappresentare le tendenze linguistiche più recenti e l’impiego di nuovi materiali e tecniche nella scultura: i ferri-cemento e gli acciai di Staccioli, Uncini, Ciussi, Poldelmengo e Zavagno; le pietre e i marmi di Cascella, Guerrini, Giò Pomodoro; il grande bronzo di Spagnulo, il poliuretano espanso del Mammut di Gilardi ecc.
A questa prima selezione di lavori esposti, di esemplare importanza in rapporto ai singoli artisti e agli svolgimenti linguistici scultorei del dopoguerra, seguiranno a rotazione altre campionature della scultura italiana tra Ottocento e Novecento.
LA FONDAZIONE
La Fondazione Ado Furlan è stata istituita con lo scopo di promuovere la conoscenza dell’opera dello scultore Ado Furlan, della scultura antica, moderna, contemporanea e delle arti visive in genere. Attiva come associazione dal 1992, è stata riconosciuta come soggetto giuridico nel 2004 (D.P.Reg. n. 65, pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, n. 13, 31 marzo 2004).
Ai sensi dell’art. 3 del suo statuto, il patrimonio della Fondazione, costituito dai beni descritti nell’atto di costituzione della Fondazione stessa, “potrà venire aumentato con oblazioni, donazioni, legati ed erogazioni di quanti abbiano desiderio ed amore al potenziamento della benefica istituzione”.
Dall’avvio della sua attività a oggi, la Fondazione ha organizzato, nelle sedi di Spilimbergo, Pordenone e Rosazzo (UD), numerose mostre dedicate all’arte antica e alle maggiori espressioni dell’arte contemporanea, italiana e straniera, con particolare riguardo alla scultura.
Nel 2005 ha collaborato con vari enti e istituzioni, tra cui il Comune di Pordenone, la Provincia di Pordenone e il Centro Iniziative Culturali Pordenone, alle celebrazioni per il centenario della nascita di Ado Furlan.
Precedute da un convegno di studio, organizzato nel 2004 dal Dipartimento di Storia e tutela dei beni culturali dell’Università di Udine, le iniziative si sono concretizzate in tre importanti rassegne dedicate all’opera dello scultore e ai rapporti con gli ambienti artistici veneto e romano.
Nel 2008 ha sottoscritto un accordo di collaborazione scientifica con l’Università di Udine per la realizzazione di mostre, convegni e iniziative editoriali in sintonia con le finalità previste dallo statuto.
Dal 2011 usufruisce di spazi espositivi permanenti in palazzo Tadea a Spilimbergo, gentilmente messi a disposizione dal Comune.
LO SCULTORE ADO FURLAN
Ado Furlan, nato a Pordenone nel 1905, è stato uno dei protagonisti della vita artistico-culturale della sua città e del Friuli occidentale nella prima metà del Novecento.
Formatosi all’Accademia di Venezia, ha partecipato alle vicende della scultura friulana sia con la produzione di ritratti e bronzetti di figura sia con un’importante attività di scultore monumentale. Oltre a varie opere di carattere religioso e funerario, ha eseguito statue, bassorilievi ed elementi decorativi per la Casa del Balilla, per la Casa del Mutilato e per la Casa del Fascio a Pordenone.
La sua sfera di azione fu tuttavia nazionale, come dimostra la sua partecipazione a eventi cruciali per l’arte italiana tra gli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso: una sua scultura fu esposta nel 1933 alla V Triennale di Milano, l’occasione più innovativa d’incontro tra progettazione architettonica e decorazione artistica di tutto il periodo; una sua testa fu accettata alla II Quadriennale romana del 1935, mostra nella quale l’arte del ventennio fascista fece i conti con il tonalismo pittorico e l’arcaismo scultoreo.
Dal 1939 al 1942 Furlan si stabilì a Roma, unendosi agli esponenti della seconda Scuola romana. Amico fraterno di Pericle Fazzini, Luigi Montanarini e Angelo Savelli, lavorò nei principali cantieri del regime, realizzando – su commissione di Luigi Moretti – diversi bozzetti e modelli di fontane destinate al Foro Mussolini (fontana del Cinghiale e dei Lupi) e all’E42 (fontana della Fauna e della Flora dell’Impero).
Nel dopoguerra, ritiratosi a Pordenone, continuò una ricerca plastica di dimensione più privata, raggiungendo esiti di sofisticato lirismo. Il suo trasferimento a Spilimbergo coincise con un periodo di rinnovata attività creativa, stimolata dal vivace ambiente culturale del luogo e dalla mostra antologica dedicatagli dalla Pro Spilimbergo nel 1968.
Poco prima della morte, avvenuta a Udine nel 1971, conobbe e ritrasse il poeta Ezra Pound. Si cimentò inoltre nella medaglistica, partecipando alla seconda Triennale italiana della medaglia d’arte (Udine 1970).
Il suo studio, in via di ripristino, era ubicato nell’ala del castello confinante con palazzo Tadea, attuale sede della Fondazione.
I. SCULTURA IN FRIULI VENEZIA GIULIA
1842-1942
I.1. ANTONIO MARSURE (1807-1855)
Zefiro e Flora, 1842, marmo (gesso ante 1837)
Allievo di Luigi Zandomeneghi presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia nel corso degli anni Venti del XIX secolo, Antonio Marsure fu uno dei più fedeli interpreti delle poetiche neoclassiche nell’ambito della scultura ottocentesca friulana. Il culto che l’istituzione accademica lagunare continuò a tributare ad Antonio Canova, anche dopo la sua morte avvenuta a Roma nel 1822, informò di sé il percorso di molti aspiranti artisti che come il giovane scultore pordenonese ambivano ad intraprendere una carriera professionale di sicuro successo.
Al termine del suo percorso di studi egli aveva già dato prova della sua valentia realizzando i due gessi raffiguranti Prometeo (1827) e Giasone alla conquista del Vello d’oro (1828; entrambi a Pordenone, Museo Civico d’Arte), opere che rivelano il debito del loro artefice nei confronti della statuaria canoviana, nota attraverso gli originali esposti per qualche tempo in Accademia o per il tramite delle stampe, il cui utilizzo in ambito didattico era, in quegli anni, particolarmente diffuso.
Rientrato in Friuli, egli prese a lavorare su richiesta della committenza locale per cui eseguì alcune sculture a cui la sua fama rimane legata. Nel novero di queste ultime rientra anche il gruppo qui esposto, realizzato per la famiglia Torossi di Pordenone, che il critico d’arte Francesco Dall’Ongaro ebbe modo di lodare entusiasticamente in un articolo comparso nella «Gazzetta Privilegiata di Venezia» del 21 agosto 1837 come “invenzione e composizione elegante e veramente greca”. Tale riferimento, se da un lato ci consente di assumere il 1837 come termine ante quem per la realizzazione del modello in gesso, dall’altro ci permette di constatare come a quell’altezza cronologica Marsure continuasse e rimanere legato ai modelli neoclassici.
Nello specifico Zefiro e Flora appaiono fortemente debitori, nella posa e nella composizione, della delicata sensualità dell’Amore e Psiche canoviani con un puntuale riferimento al Genio alato delle Stele Emo per la figura del vento primaverile che scende planando verso la compagna. Il successo ottenuto dalla scultura fu celebrato in una medaglia commemorativa coniata da Antonio Fabris nel 1864.
Fu durante il viaggio compiuto a Roma, forse per tornare alla sorgenti dell’arte neoclassica, che si manifestarono i primi sintomi di quella male oscuro che condusse lo scultore alla follia e alla morte avvenuta a Udine nel 1855.
I. SCULTURA IN FRIULI VENEZIA GIULIA
1842-1942
I.2. LUIGI DE PAOLI (1857-1947)
Icaro, 1890, gesso
Formatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, Luigi De Paoli, grazie alla sua vasta produzione e alla sua lunga vita, può essere considerato il padre putativo della scultura friulana tra Otto e Novecento.
Le sue prime opere, presentate alle esposizioni nazionali di Torino (1884) e Venezia (1887), si caratterizzano per un verismo formale che affonda i suoi motivi di ispirazione nel mito: una tendenza questa che l’artista portò a piena realizzazione nell’Icaro, riconosciuto da sempre come il suo capolavoro.
Il modello in gesso, ritrovato di recente tra i materiali provenienti dallo studio pordenonese di Ado Furlan e sottoposto a un lungo e delicato restauro, rappresenta ciò che rimane della scultura realizzata dall’artista nel 1890. De Paoli, che all’epoca soggiornava a Monaco di Baviera, scelse di raffigurare l’istante in cui il giovane, fuggito dal labirinto grazie alle ali di cera costruite per lui dal padre Dedalo, precipitò in mare avendo liquefatto gli strumenti della sua libertà per essersi avvicinato incautamente al sole. L’opera descriveva dunque il protagonista della vicenda con il corpo contratto dal terrore, le braccia che annaspavano nel vuoto nell’inutile tentativo di salvarsi, mentre la cresta di un’onda gli lambiva una gamba.
Così concepito, il gesso fu inviato all’Esposizione nazionale di Palermo del 1891-1892 dove venne premiato con una medaglia d’oro. Il successo ottenuto dalla scultura convinse la Commissione nazionale superiore di Belle Arti ad inviarla anche all’Esposizione mondiale di Chicago del 1893, dove assicurò al suo artefice ulteriori riconoscimenti e soddisfazioni. Purtroppo la statua tornò dall’America danneggiata a causa dell’imballaggio poco accurato. Inoltre, malgrado il successo ottenuto a livello internazionale, dovettero passare molti anni prima che si decidesse di tradurla in un materiale nobile. Solo nel 1928, infatti, il Comune di Pordenone si fece promotore della sua fusione in bronzo a cera persa (oggi presso il Civico Museo d’Arte). L’operazione fu eseguita dalla Premiata Antica Fonderia di Campane Francesco Broili di Udine, dove la scultura fu esposta per qualche tempo prima di essere inviata a Pordenone. Insieme all’Icaro portato dalle onde (Udine, Galleria d’Arte Moderna), l’opera avrebbe dovuto rappresentare l’episodio di una trilogia che l’artista avrebbe ideato, ma mai portato a compimento nella sua interezza.
Il gesso, esibito pubblicamente per l’ultima volta a Pordenone nel 1947, è stato restaurato nel 2009-2010, con il contributo della Fondazione CRUP.
I. SCULTURA IN FRIULI VENEZIA GIULIA
1842-1942
I.3. ADO FURLAN
Fontana del Cinghiale (Roma, Foro Mussolini, bardiglio striato, 1942), calco in stucco
La Fontana del Cinghiale è l’unica opera superstite tra quelle eseguite da Ado Furlan durante il suo soggiorno romano (1939-1942).
Commissionata all’artista nell’estate del 1941 dall’architetto Luigi Moretti e collocata alla fine del 1942 nel Foro Mussolini, essa dava una svolta decisiva alla sua attività di scultore, che poteva finalmente misurarsi con una grande sfida: la realizzazione di un gruppo scultoreo destinato a uno dei luoghi cruciali della modernità.
Si conoscono attraverso fotografie i modelli in gesso per altre fontane, modellate con forza e novità plastica: quella dei Lupi e quella dell’Impero, destinate rispettivamente al Foro Mussolini e all’E42; una terza di cui si sono perse le tracce, eseguita per una villa privata, raffigurava un coccodrillo.
Con reminiscenza degli antichi prototipi animalistici visti nei Musei vaticani e delle Terme a Roma, oltre che in quello archeologico di Firenze, Furlan concepisce e articola la fontana come una struttura carica di energia rotatoria, apprezzabile da tutti i punti di vista e animata da un risalto plastico essenziale che armonizza i tratti naturalistici con la forza volumetrica dell’insieme: una definizione scultorea assolutamente personale che, insieme con l’altrettanto libera interpretazione del tema, risulta svincolata da qualsiasi dettame di regime.
Il gruppo scultoreo, articolato su più livelli, emerge a lenta spirale dal basamento roccioso fino al muso virato del cinghiale morente. L’osservatore percorre e penetra con lo sguardo le direttrici visive suggerite non solo dalle zampe posteriori dell’animale ormai prive di forza, ma anche dalle teste e dai corpi dei cani che premono lateralmente.
L’opera, scolpita in bardiglio striato, si conserva oggi nei giardini dell’Istituto Universitario di Scienze Motorie di Roma (IUSM).
Il calco qui esposto è stato realizzato nel 2005 per iniziativa della Fondazione Furlan e con il contributo della Banca Popolare FriulAdria, in occasione della mostra organizzata dal Comune di Pordenone nell’ambito delle manifestazioni per il centenario della nascita dell’artista.