Carlo Mattioli – Una Luce d’Ombra
La mostra celebra uno dei grandi del Novecento italiano, un artista che dimostrando sensibilità modernissima e attenzione alle nuove tendenze, ha, con assoluta coerenza, perseguito una poetica ed una tecnica che non hanno mai abbandonato i mezzi tradizionali della “pittura”.
Comunicato stampa
Roma e il Vaticano celebrano Carlo Mattioli nel centenario della nascita. Lo fanno con una ampia retrospettiva che sarà ospitata dal 16 settembre al 13 novembre nel Braccio di Carlo Magno.
Per Mattioli sarà un ritorno all'ombra di San Pietro visto che qui è stato tra i protagonisti, giusto 34 anni fa, della storica mostra "Gli artisti contemporanei a Paolo VI" che aveva dato vita alla sezione d'arte contemporanea dei Musei Vaticani.
L'esposizione, coordinata da Giovanni Morello e curata da Maurizio Calvesi, Antonio Paolucci, Antonio Natali, Gloria Bianchino, Augusta Monferini, Anna Zaniboni Mattioli, Marcella Mattioli e Micol Forti, celebra uno dei grandi del Novecento italiano, un artista che dimostrando sensibilità modernissima e attenzione alle nuove tendenze, ha, con assoluta coerenza, perseguito una poetica ed una tecnica che non hanno mai abbandonato i mezzi tradizionali della "pittura".
Carlo Mattioli è nato a Modena l'8 maggio 1911. Nel 1925 si trasferisce con i genitori a Parma dove studia all'Istituto d'arte Toschi ove si diploma ed inizia ad insegnare.
Alla fine degli anni Trenta sempre a Parma, incontra un gruppo di giovani intellettuali tra i quali Mario Luzi, Oreste Macrì, Attilio Bertolucci, Ugo Guanda e in quell'ambito matura l'interesse per i capolavori della letteratura italiana ed europea che costituirà una chiave di lettura del suo intero percorso artistico.
Durante tutto l'arco della sua attività si rivelerà molto forte il rapporto di Mattioli con i letterati e soprattutto con i poeti, che diventeranno, per sua consapevole scelta, i veri interpreti delle sue opere.
La sua vastissima e profonda cultura figurativa (che spazia dal Romanico padano e, attraverso il manierismo, Rembrandt e Goya approda a Fautrier e all'Espressionismo tedesco) si arricchirà con l'incontro fondamentale sia sul piano artistico che umano con Roberto Longhi che proporrà alla sua attenzione e al suo studio nuove aree artistiche prima neglette dalla critica.
Coerentemente mai schierato in nessuna corrente o movimento artistico, convinto della propria libertà ed autonomia rispetto ad ideologie culturali e politiche e a scelte di convenienza di mercato, ha preferito vivere e lavorare a Parma senza per questo chiudersi alla "modernità", anzi, rimanendo fortemente aperto alle principali questioni artistiche che hanno accompagnato il suo tempo, come la dialettica fra figurazione ed astrattismo e l'Informale.
Nel 1943, su sollecitazione di Ottone Rosai, tiene la sua prima personale alla Galleria del Fiore di Firenze con presentazione di Alessandro Parronchi, mentre esporrà continuativamente alle Biennali di Venezia dal '48 al '56 anno questo in cui riceve dalla giuria presieduta da Roberto Longhi il premio per il Disegno.
La natura e la "storia dell'arte" (intesa però come storia della pittura in sé, creazione dell'immagine e del suo carattere metamorfotico, svincolata da ogni ideologia e relazione teorico-filosofica) rimarranno sempre al centro della sua meditazione e della sua attività artistica.
Dai primi anni Sessanta all'opera grafica si affianca sempre più quella pittorica. Nascono i nudi, i ritratti e le nature morte. L'artista procede per cicli che, pur avendo caratteri propri, tuttavia non sono mai chiusi ma confluenti, collegati gli uni agli altri, in un gioco di rimandi e rielaborazioni.
Negli anni Settanta una rinnovata attenzione al paesaggio lo porta a dipingere I notturni, i cieli e le spiagge; e ancora i campi di papaveri, i campi di lavanda, le ginestre e gli alberi.
Nel 1983 lo CSAC dell'Università di Parma riceve dall'artista un'imponente donazione: quaranta opere ad olio, duecentocinquanta tecniche miste e centocinquanta grafiche acquerellate. Sono tra le opere che Mattioli considerava il culmine espressivo della propria produzione e che intendeva lasciare alla all'Università perché fossero esposte e godute dalla comunità.
Carlo Mattioli si spegne a Parma il 12 luglio 1994.
Si sono occupati di Carlo Mattioli le maggiori personalità della critica d'arte del XX sec: Alessandro Parrocchi, Roberto Longhi, Marcello Venturoli, Marco Valsecchi, Enzo Carli, Valerio Zurlini, Gian Alberto Dall'Acqua, Luigi Carluccio, Giovanni Testori, Renzo Zorzi, Carlo Ludovico Ragghianti, Pier Carlo Santini, Arturo Carlo Quintavalle, Licisco Magagnato, Antonello Trombadori, Lorenzo Mondo, Vittorio Sgarbi, Roberto Tassi, Erich Steingreber, Severino Dianich, Crispino Valenziano, Giorgio Soavi.
Dalla metà degli anni Sessanta sono numerosissime le esposizioni personali ospitate nelle sedi più prestigiose in Italia e all'estero tra cui: Palazzo Strozzi, Firenze (1965), Pilotta di Parma (1970), Accademia di Carrara (1971), Showroom Olivetti, Venezia, (1979) Palazzo Reale di Milano (1984), Palazzo Te a Mantova e Palazzo dei Diamanti a Ferrara (1986), Musèe Rimbaud, Charleville Mézières (1986), Fondazione Magnani Rocca (1995), Museo della Cattedrale di Barcellona e Palazzo del Governatore Lussemburgo (1998), Galleria Nazionale di Parma (2004-2005). Sin qui i dati di una biografia fatta di riconoscimenti, successi e infinito lavoro.
Ma al di là delle parole e delle date a parlare del vero Mattioli sono le sue opere: tele, tavole, carte che raccontano la straordinaria quotidianità di un grande artista e di un fine intellettuale. Opere che, come cartine tornasole mutano tavolozza con il progredire delle stagioni della vita, trapassando ad un bianco e nero assoluti da cui solo il sorriso di una bimba, l'amata nipote, farà riemergere per un attimo i colori d'un tempo, ormai sopiti.
"Dove mi porti mia arte?/In che remoto/ deserto territorio / a un tratto mi sbalestri?": l'interrogativo che Mario Luzi, amico di una vita, gli coniuga, ben rappresenta l'unicità di Mattioli uomo e Mattioli straordinario, intenso pittore. Di lui si è scritto come dell'anti-Morandi. Per i diversi stili di vita, per la forza dei colori, forse. Non certo per l'assoluto che l'arte è stata nella vita di entrambi.