Carla Benvenuto – eraMare?
“eraMare?” È un gioco di parole, un suono, un richiamo, un interrogativo, unico e, allo stesso tempo, uno dei tanti che animano l’intensa ricerca dell’artista genovese. Quello tracciato dalle opere in mostra è un fil bleu – come scrive Francesca Di Giorgio nel testo critico di presentazione alla mostra – una linea di colore blu che conduce, attraversa, unisce, contiene, ma non costringe, una libera estensione di pensiero.
Comunicato stampa
[…] Troppo spesso l’uomo si adatta al mondo,
solo quando accade il contrario si fa un passo in avanti […]
(Carla Benvenuto)
Dopo “…quale corpo?” (2010), la prima personale da Rinascimento Contemporaneo, Carla Benvenuto presenta un nuovo progetto. Gli spazi, questa volta, sono quelli del Galata Museo del Mare a Genova. L’artista che da tempo si divide tra l’Italia e la Francia torna ad esporre nella sua città un ciclo di lavori inedito.
“eraMare?” È un gioco di parole, un suono, un richiamo, un interrogativo, unico e, allo stesso tempo, uno dei tanti che animano l’intensa ricerca dell’artista genovese. Quello tracciato dalle opere in mostra è un fil bleu - come scrive Francesca Di Giorgio nel testo critico di presentazione alla mostra - una linea di colore blu che conduce, attraversa, unisce, contiene, ma non costringe, una libera estensione di pensiero. Di riflessione e progetto vive la poetica di Benvenuto che partecipa con la sua storia a quella del tempo presente, al confine con la dimensione di un passato e di un futuro alla deriva di coordinate spazio-temporali stravolte. “Era” come epoca migratoria piena di speranza e sguardi “alti”, di spostamenti di popoli che superano i confini decisi dall’uomo.
Non poteva che essere il genovese Galata Museo del Mare, nel cuore del Porto Antico, crocevia di scambi ed esperienze, ad accogliere i racconti di Carla Benvenuto. Una successione di volti, corpi, prelevati dalla memoria visiva privata e pubblica - insieme ad un volto familiare quello di un giovane straniero, di un migrante (anche Warhol lo è stato…) - convive con un linguaggio astratto, dove è ancora una volta la narrazione a mettere in discussione i canoni della figurazione e dell’astrazione classica sul piano di una progettualità sempre all’incrocio tra visibile e invisibile, reale e illusorio, coerente e contraddittorio.